Una nota in margine alla
teoria dello stupro di Guido Ceronetti

Il 27 giugno c.a. il quotidiano ‘La Stampa’, davanti ai reiterati casi di violenza sessuale, a darne al suo vasto pubblico di lettori una inquadratura generale, in prima pagina ha collocato, sotto il titolo ‘Stupratori erranti’, il fondamentale contributo antropologico in argomento di Guido Ceronetti, uno dei maggiori pensatori italiani di orientamento neociorgnariano (Cioran + …..)

Dopo aver premesso che, di questi anni, le donne, soprattutto d’estate, vanno in giro esponendo nudo l’ombelico, e chiappe e l’Ubalda giusto ombreggiate da veli, l’illustre pensatore inserisce questa visione di nudità femminili in una più vasta teorica sulla natura umana, che così delinea, cuore della questione stupro, da un esordio prosastico solenne, di vasti riferimenti teologici :

“Va ricordato che prima di essere persone, ragazze, lavoratrici, amanti, le donne, elementarmente, sono ‘corpi’, in cui l’ambigua Divinità, per i suoi discutibili fini, ha posto la più violenta e rovinosa fonte del desiderio maschile, e l’uomo, più è brutale d’istinti, più è prossimo alla materia, meno è in grado di resistere ai demoni della libido. Non importa se la povera stupratina, a cui tocca la schifosa esperienza ….”

L’importanza dottrinaria di questo passo risiede in quattro passaggi:

a) le donne sono innanzitutto corpi per una scelta antecedente,
b) voluta dall’ambigua Divinità che ha aggiuntivamente posto nella donna
c) la più violenta e rovinosa fonte del desiderio maschile,
d) e l’uomo, più è brutale d’istinti, più è prossimo alla materia, meno è in grado di resistere alla pulsione allo stupro.

Il forte pensatore vede che per la ‘povera stupratina’ l’esperienza è ‘schifosa’, ma anche inevitabile, nella lotteria delle vita, perché le leggi dell’ambigua Divinità impediscono all’uomo bassamente naturale di resistere alla pulsione libidinale, preso nella macchina degli istinti decisa dalla Grande Potenza Superiore (Arimane?).
Una macchina antica, da come la vede Ceronetti, che così la descrive: “l’aggressività delle caverne, l’ululato notturno della foresta, il ratto delle Sabine (che fu un gigantesco stupro di gruppo, non esaltiamolo troppo) si sono risvegliati in lui.”, anche perché questo Lui, dice Ceronetti; “viene da dove le donne hanno il velo e vivono ingabbiate, l’urto con i corpi in libertà ….”
Qual è il rimedio per il metafisico Ceronetti Guido?

Non facile, perché bisogna: “persuadere le figlie, se c’è una famiglia in grado di fiutare il pericolo, di non accodarsi alla volgarità della moda, vestendosi con più avvedutezza”
Come funziona un cervello che la logica dello stupro la racconta come sopra esposto, e che come rimedio elargisce il consiglio: vestire talebanicamente le donne?
Per cercare di capirlo partiamo dalla più clamorosa stupidaggine della scrittura ceronettica: il ratto delle Sabine, del quale, insegna: ‘non è il caso di menare vanto’. Infatti, su ogni piazza di paese italico c’è un monumento al memorabile “stupro di gruppo”, a mostrare alle giovani generazioni la via italica al matrimonio e alla famiglia.

La verità è che Ceronetti per primo sa che il ratto delle Sabine è un mito, ovvero un racconto favoloso, che sottende una verità storica dissoltasi: il matrimonio per ratto, che nella Roma storica sopravviveva in forma concreta nella scelta di ogni nuova vestale del collegio sacerdotale preposto al fuoco sacro: “Te rapuo.”, proclamava il sacerdote di Giove, scegliendo nel lotto delle candidate la nuova Vestale. Ceronetti conosce questi meccanismi e miti, e molto meglio dello scrivente, ma nel suo scritto sullo stupro egli non cerca una comprensione storicamente puntuale dei fatti, bensí, come ogni teologo, la verifica nel contingente di un modello trascendente eterno, che illustra attraverso una grande manovra demagogica di riorganizzazione dei più triti luoghi comuni a dati della conoscenza scientifica incontrovertibile. Infatti, per il Nostro chi è l’archetipo dello stupratore? Un islamico.

L’immaginario del Grande Intellettuale coincide qui con quello del lettore filisteo medio, mentre le statistiche dicono che in Italia soltanto il 30% degli stupri ha per attori extracomunitari, e dove gli islamici non sono che una parte. Uso arbitrario della statistica, ma anche ricorso a tutti i più vieti luoghi comuni, tra i quali svetta: “l’aggressività delle caverne, l’ululato notturno della foresta”, che deriva dritto dritto dal peggior Marx: quello della miseria primitiva, dalla quale l’uomo fugge attraverso lo sviluppo della base materiale. Eppure, anche qui Ceronetti sa, – lui che negli anni Cinquanta polemizzò, tra i primi in Italia, con il marxismo – che la dottrina della miseria dei Primitivi è pura fantasia. Nei fatti gli uomini delle caverne vivevano in relativa abbondanza e in grande civiltà di costumi. Infatti, la ricerca paleoantropologica fa coincidere il rachitismo osseo, segno di sottoalimentazione endemica, con la comparsa delle cosiddette grandi civiltà urbane storiche, mentre ricerche etnografiche (P. Clastres) hanno documentato il perentorio divieto di stupro tra i selvaggi. Perché uno studioso e scrittore arguto e dotto cade tal improvviso delirio mentale?

Per cercare di capirlo andiamo a un articolo affine, comparso nello stesso giorno del memorabile parto intellettuale di Ceronetti, sul New York Times: una indagine sulla libertà di pensiero in Europa: che ne denuncia la crisi, citando a prova due sentenze della magistratura francese e italiana: la condanna di un giornalista francese a pagare un euro ai querelanti rabbini parigini per aver sostenuto comportamenti nazisti dell’esercito ebraico in Palestina; e la condanna di Oriana Fallacci in un tribunale italiano, il suo reato aver sostenuto in uno scritto che l’islam è una religione che insegna l’intolleranza ergo religione barbarica.

Per quale ragione il fondamentale postulato illuministico volteriano della libertà di parola, poi ripreso dall’utilitarismo benthamiano e fatto proprio dai liblab di tutto il mondo, viene ormai ignorato dai tribunali europei, dove prevalgono pregiudizi teologici di tipo paraislamico?
L’articolista del Times newyorkese mentre non osa misurare quanto ormai di niente disti l’Europa dal modello komejnista, cerca però di spiegare questa deriva attraverso la storia del continente: le sentenze dei tribunali contro la libertà di pensiero sono, per il giornale USA, da imputare all’effetto perverso del nazifascismo, che si impose in Europa attraverso una sistematica falsificazione del pensiero, una retorica perversa, che ha insegnato a diffidare appunto dalla libertà di pensiero.
In questa conclusione vediamo all’azione un riuso arbitrariamente interpretativo dei fatti della storia e delle dottrine che li hanno generati e/o preteso di guidarli. Siamo davanti a un discorso metalogico perfettamente parallelo a quello ceronettiano sullo stupro. Ma come nasce questa metalogica, che cosa sottende?

Per capirlo dobbiamo anche noi tornare alle caverne, dove abitavano i primi gruppi di homo faber: il costruttore di utensili che ha inventato e trasmesso un sapere tecnico, poi asceso a modelli scientifici attraverso il linguaggio universale matematico.
Questa crescita del sapere sulla natura, e anche sull’uomo come parte della natura, ha trovato, a partire dalla filosofia greca, una formalizzazione fondata sull’intuizione delle leggi della razionalità naturale, la cui empietà è però immediatamente sembrata evidente e pericolosa, soprattutto a quei gruppi che fondavano il loro potere su vecchi miti religiosi, governavano la società attraverso i riti sacrificali. Questi gruppi soprattutto si sono mostrati tenacemente restii ad accettare il principio di non contraddizione e di causa ed effetto, che guidano ogni percorso deduttivo, verificano ogni modello interpretativo, e producono, davanti all’ignoto, il socratico: so di non sapere. Contro questa cultura fondata sul mondo della natura, cultura ex ipotesi egualitaria, nel mondo di Socrate si scatenò la sofistica: uso arbitrario della scienza naturale, subordinata ai miti religiosi.

Socrate fu condannato per aver irriso i valori populisti difesi dai Ceronetti del suo tempo, gli eterni sofisti al servizio del potere, che ogni volta ricostruiscono il mondo intorno alla visione di una cattiva materia, una natura maligna, a nascondere le truffe, le ruberie del potere, che da sempre retribuisce lautamente questi sofisti, li vuole celebrati e celebri, per il forte interesse al diffondersi delle loro stupidità esemplari, che integrano verità e racconti mitici al servizio del potere, costruiscono racconti dove le donne stuprate sono “povere stupratine”, ma per colpa loro o dei loro babbi e mamme, che non hanno spiegato loro che nell’hic et nunc Italia arrivano barcate di giovani islamici sbandati, che si affiancano a vaganti zattere domestiche di meno giovane mondo di zii e padri anche loro in troppi con la condanna naturale alla forte pulsione sessuale cavernicola.

Se nell’articolo di Ceronetti la questione fosse soltanto l’uso da parte del suo autore improprio ed eversivo del sapere scientifico per ingannare la gente e servire il potere a campare lui, non varrebbe la pena d’una confutazione; ma nell’articolo di questo intellettuale italiano: questo maggiorato mentale che ragiona davanti ai fatti della vita come un tifoso di calcio davanti ai dettati arbitrali, che comprende e legittima lo stupro fisico perché campa di stupri mentali, sono all’opera alla grande quei meccanismi di retorica falsificante dei modelli scientifici che ci permette di vedere che cosa bolle nelle pentole mentali dei facitori nostrani di leggi e catechesi varie. I facitori di una legge come la 40 sulla procreazione assistita, o delle leggi che permettono ai più grandi truffatori di tutti i tempi: i truffatori della banda Tanzi, di mai andare in galera. O ancora, a un giudice di assolvere uno stupratore perché il pantalone di jeans della stuprata era così stretto che poteva essere sfilato soltanto con la collaborazione della ‘povera stupratina’. E dove c’è collaborazione non c’è stupro. O ancora, perché altri magistrati non ordinino neanche gli arresti domiciliari per una banda di nostra stupratori comaschi: perché? Perché lo stupro aborigeni su aborigena non è previsto dal modello Ceronetti?

Oh bel Paese dove il sí (capisce poco) dolce suona.

Piero Flecchia

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