ANTONIO MANZINI NON SMETTE MAI DI STUPIRCI
“Pulvis et umbra” – Sellerio, 2017
E neanche Sellerio, che licenzia l’ennesima avventura di Rocco Schiavone, “Pulvis et umbra” (agosto 2017, 400 pagg. circa), infarcita di imprecisioni, improprietà, spropositi inauditi: peccato, in quanto la saga aostana è ben congegnata, si lascia leggere d’un fiato, suscita attesa per la puntata successiva.
Ma andiamo con ordine: a pagina 100 Manzini non trova di meglio per una sua similitudine che accennare alla guerra fredda trasferendo Aosta a Berlino: “… come in uno scambio di spie alla porta di Brandeburgo”. Ma se c’era il Ponte delle Spie apposito, il Glienicker Brücke!
A pag. 131 “Nel mezzo il parquet era scolorito, segno che c’era stato un tappeto.” Piuttosto il contrario: il parquet si sarà conservato meglio se non calpestato direttamente, no?
A pag. 155 “Giù la cresta, …, lei non è in grado di minacciare, tantomeno di innervosirsi.” . A parte il tantomeno tutto attaccato, ma prima ci si innervosisce, poi magari si minaccia.
La pagina 192 risulta la Caporetto del Nostro, che vi espone tre cavolate delle sue:
– a) “la stessa cicatrice … non avrebbe smesso di sanguinare.”;
– b) “Sostituì i fiori secchi con un mazzo di azalee” che notoriamente si vendono a mazzi;
– c) “Cominciava l’ora in cui i vivi non erano più desiderati in un cimitero, quando la luna e la notte scacciavano le ombre, sbiadivano i colori…” . Va beh che le ombre sono le allucinazioni del protagonista, ma dal punto di vista della luce lunare è giusto il contrario!
Alle pagg. 198 e 352 la Lupa di Schiavone diventa improvvisamente un maschio: “Lupa aveva finalmente scelto l’alberello giusto.” e “Lupa andò a controllare gli pneumatici da innaffiare”. Si consiglia di rivedere sul campo il comportamento urinario di una cagna.
A pag. 231 s’è scoperto che un testimone è omosessuale e dunque la domanda più geniale da porgli è la seguente: “Ti sei mai sentito preso per il culo?”. Bravo Manzini: complimenti per la gaffe dell’anno (con due enne)!
Alla stessa pagina, come spesso accade agli scrittori, la superficie di una stanza descritta non sta né in cielo né in terra: “Il patologo era seduto ad una scrivania … La stanza era poco più di tre metri quadrati…”. Cioè 1,73 x 1,73 ?. Ovviamente l’Autore intende 3 x 3, ma così la stanza risulterebbe di 9 metri quadrati!
M.M.
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