JEAN GIONO INDISPONENTE IN “VIAGGIO IN ITALIA”

Nell’autunno del 1951 il 56enne Jean Giono venne in Italia, poi ne scrisse nel ’52 e “Viaggio in Italia” fu pubblicato l’anno successivo in originale e il 30 aprile 1975 da Fògola Editore in Torino, 195 pagine, per la traduzione di Maria Dazzi.

Non sempre tenero con alcuni aspetti del nostro Bel Paese, l’autore italofrancese compie anche qualche errore, a nostro avviso, e anche la sua traduttrice.

A pagina 21, a zonzo per Torino, Giono annota: “Queste vie senza marciapiedi, pavimentate a grandi lastre sono palcoscenici di teatro”. Così a naso ci risulta che solo via Garibaldi e forse via Palazzo di Città siano senza marciapiedi, ma vuoi mettere i chilometri di portici?!

Ma ancora (ibidem): “le mie vecchie facciate di via Garibaldi, di via Po, di piazza Vittorio Veneto non sono belle …”. No comment.

Alle pagg. 25 e 26, in autostrada verso Milano, Giono nota “filari di betulle e tremoli … dappertutto … all’infinito” e anche “stormi di anitre e di pivieri”. Tremoli e pioppi e probabilmente frassini sì, ma boschetti di betulle piantati ad arte in Pianura Padana, tipo Siberia, assolutamente no; e magari aironi, ma pivieri?

Alle pp. 29, 31 e 32 pesanti critiche al Duomo di Milano: “… è irritante con tutte le sue guglie”, “E poi vi è quel Duomo che non vale una caccola di coniglio” (?!); “Il Duomo è un monumento modesto”.

A pag. 109, al Lido di Venezia, “Grandi uccelli simili a quelli che bazzicavano sui monti tentavano invano di volare verso l’Albania”. Per via della direzione sud-sud-ovest forse, ma non saranno stati come l’albatros di Baudelaire, probabilmente.

A pag. 132 Giono descrive estasiato Prato della Valle a Padova: “Nel centro sono stati piantati alberi molto alti in cerchio su un prato rotondo. E’ pieno di fascino, nonostante tre dozzine di statue gesticolanti”. A parte che la pianta del prato è ellittica, ma non si accorse del canale tutto attorno e dei ponticelli?

A pag. 134 il suo amico Pardi avrebbe “spogliato archivi di polizia, di notai, di uscieri”. Sfogliato?

A pag. 140, in Polesine, “Il fiume Po scorre in fondo a sponde molto alte; fa meraviglia sentir dire che, a volte, con le sue piene riesce a superarle straripando. Certo è che tutta questa pianura è un ampio bassopiano”.
Poi, nel novembre del ’52, e per 195 giorni, 113.000 ettari di terreno andarono sott’acqua, ma l’Autore non si curò di eliminare il passaggio.

A pag. 159 la Dazzi si esibisce in un ‘giaccone alla canadiana’.

Infine, a pag. 178, la stessa manca una concordanza: “… ogni riservatezza, ogni modestia di contegno vi sarà ascritto a credito”.

M.M.

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