D. Per scrivere da professionisti, basta il talento innato?
R. No, il talento è un po’ come una piantina, per farla crescere bisogna innaffiarla, curarla, in certi casi potarla, etc… Il talento deve essere accompagnato da una certa continuità nella scrittura, da una buona dose di umiltà che consente allo scrittore di ascoltare le critiche dei suoi lettori e, naturalmente, dalla revisione del testo, dal cosiddetto “labor limae”, indispensabile a mio avviso.
Il talento, secondo me, deve essere in simbiosi con la conoscenza della tecnica narrativa e con una documentazione continua, che scaturisce innanzitutto dalla lettura.

D. Per scrivere da professionisti, basta il talento innato?
R. No, il talento è un po’ come una piantina, per farla crescere bisogna innaffiarla, curarla, in certi casi potarla, etc… Il talento deve essere accompagnato da una certa continuità nella scrittura, da una buona dose di umiltà che consente allo scrittore di ascoltare le critiche dei suoi lettori e, naturalmente, dalla revisione del testo, dal cosiddetto “labor limae”, indispensabile a mio avviso.
Il talento, secondo me, deve essere in simbiosi con la conoscenza della tecnica narrativa e con una documentazione continua, che scaturisce innanzitutto dalla lettura.

D. Su per giù quanti libri hai letto per ogni opera che hai scritto?
R. Almeno una decina. Comunque leggo molto e continuamente.

D. Poesia, narrativa, saggistica, giornalismo: se un genere ti ha catturato più degli altri, sai il perchè?
R. Leggo soprattutto narrativa e saggistica. Per il mio genere di scrittura (scrivo gialli e noir) leggo molta cronaca nera, romanzi e racconti gialli e noir, trattati sui veleni e sulle piante medicinali, romanzi storici (soprattutto sull’Alto Medioevo in Italia e in Inghilterra) e saggi sulla storia e sull’evoluzione della donna attraverso i secoli.

D. La scrittura di oggi esige una differente preparazione culturale rispetto a quella necessaria ieri?
R. No, la scrittura, a mio avviso, esige la sincerità del cuore (i lettori la sentono e quasi sempre il “passa parola” per un libro funziona) e l’umiltà della “riscrittura”, oggi come ieri.

D. Di chi è la maggiore responsabilità se in Italia si legge così poco?
R. Degli italiani, che preferiscono “lasciar dormire” il loro cervello davanti alla “TV spazzatura”, anziché regalarsi un “viaggio letterario”, ovvero un libro. Diciamolo chiaramente: un libro (gli Oscar Mondadori, ad esempio, non costano più di 5 euro, nelle ristampe dei cosiddetti “miti”)costa come una birra, ma gli italiani preferiscono “friggersi il cervello” evidentemente. Comunque non si puo’ generalizzare; ci sono anche dei lettori cosiddetti “forti”che non sono pochissimi.

D. Come lo vivresti un eventuale insuccesso di critica e successo di pubblico?
R. Per me è più importante il successo di pubblico, perché – lo dico senza infingiment i- scrivo per i lettori e non per i critici, che spesso appartengono a “mafie” politiche o letterarie ed hanno anche il “complesso” di essere autori mancati.

D. Il tuo rapporto con l’editore è generalmente più d’amore o di odio?
R. Fino ad oggi il mio rapporto con l’editore è stato, per così dire, un po’ conflittuale perché, dal momento che quelli dei miei libri sono editori medio-piccoli, c’é il problema della promozione, che è quasi sempre lasciata alla buona volontà dell’autore.

D. Vincere oggi un importante premio letterario, appaga l’Ego dell’Autore tanto quanto soddisfa la sua borsa?
R. Diffido dei Premi letterari. In Italia ce ne sono troppi con tassa di lettura e, quindi, non seri. Per me, è più importante vendere molte copie di un libro che ricevere un Premio letterario.

D. Incide, nel successo di uno scrittore, l’appartenenza ad una corrente politica o ideologica?
R. Credo di sì, purtroppo, ma penso anche che i successi costruiti e gli scrittori “di corte” durano poco.

D. E’ possibile, oggi, che un grande scrittore non venga mai scoperto e resti per sempre nell’ombra?
R. E’ possibile, ma questo non deve diventare una “facile scusa” per non combattere la propria personale battaglia letteraria, sempre che ci sia veramente qualcosa da dire e non si tratti solo di un compiacimento, della serie “quanto colto e bravo sono io, giocoliere delle parole”, etc…

D. Può durare oltre la sua generazione la fama di un mediocre scrittore asceso agli allori per ragioni “promozionali”?
R. No, sono convinta di no e i fatti mi danno ragione. I cosiddetti “scrittori cannibali”, che negli anni Novanta erano molto noti e pubblicati da Einaudi, si sono dovuti riciclare (molti dal noir sono passati al romanzo sentimentale), ma questa operazione è riuscita solo per i migliori (Ammanniti e pochi altri).

D. Quando metti la parola fine a una tua opera, hai la consapevolezza di quanto sei riuscito a dare o a non dare?
R. Non sta allo scrittore giudicare che cosa ha dato, è il lettore che deve dirlo. Da parte mia posso solo dire che scrivo “con il cuore”.

D. Hai mai provato il desiderio di rinnegare qualcosa che hai scritto?
R. No, per me è inammissibile. Posso dire che quel racconto o quel romanzo che ho scritto anni fa rappresenta una fase della mia vita che è passata, ma – proprio per questo – non potrei mai rinnegarlo, perché è, comunque, parte di me, di quello che sono stata.

D. Leggere un’opera altrui che giudichi eccellente ti stimola o ti scoraggia?
R. Mi stimola molto, perché allora comincio a pensare che la letteratura è viva e che c’è sempre speranza. Speranza per tutto; per la civiltà, per la democrazia e anche per me come scrittrice.

D. Hai già scritto l’opera che hai sempre voluto scrivere?
R. No, sento che si “agita” dentro di me, ma ancora non ha visto la luce. Spero che il romanzo che ho inziato a scrivere si avvicini, almeno, a questo.

D. Cosa ami del mondo e del tempo in cui in vivi? Cosa detesti?
R. Amo le indubbie conquiste democratice e civili, almeno in Occidente. Detesto la perdita del sogno e della favola, che accompagna questo nostro tempo spesso troppo violento. Detesto l’assenza di giudizio critico e la tendenza a “diventare branco” per non pensare più.

D. Quale luogo comune, imperante nel nostro tempo, vorresti sfatare?
R. Che la parità tra gli uomini e le donne è stata raggiunta. Niente di più falso. E’ un’ipocrisia che mi irrita molto, come tutte le falsità.

D. Qual è il valore più importate che ritieni vada difeso o recuperato?
R. L’amore verso gli altri, ma inteso innanzitutto come lealtà e solidarietà.

D. Dando un voto da 1 a 10, quanto sono della persona e quanto del “personaggio” le tue risposte in questa interSvista?
R. 10 alla persona, perché – a costo di sembrare ingenua – credo molto nella lealtà, innanzitutto con me stessa e, naturalmente, con gli altri.

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