“Lampi di leggerezza” di Donato Di Poce
(Edizioni Acquaviva)

Prefazione di Mirella Mischi: “L’universo Zen degli Aforismi”
Postfazione di Ulisse Casartelli

Il personaggio che in Italia ha più legato il suo nome alla leggerezza è Italo Calvino, non solo per il suo lavoro sulla favola, ma anche per le sue ultime riflessioni saggistiche di grandissimo valore per la cultura mondiale dove associa la leggerezza alla “poesia dell’invisibile”. Ma in Italia ci sono stati altri grandi esegeti della leggerezza e in vari campi della cultura e dell’arte come Ennio Flaiano, Bruno Munari, Sandro Penna, Federico Fellini, per citare solo alcuni, che hanno sottolineato della leggerezza e con leggerezza le doti polisemiche di poesia, ironia, semplicità, e visionarietà.
Nel campo della canzone contemporanea risplende l’esempio di Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, nella poesia di oggi quello di Vivian Lamarque e Guido Oldani, nell’architettura di Gio Ponti e Renzo Piano, nella fotografia di Luigi Ghirri e Gianni Berengo Gardin. Ma nel ‘900 forse è nel campo artistico che sono stati più numerosi i personaggi che hanno fatto della leggerezza il proprio canone stilistico. Penso ai segni infantili di Juan Mirò, ai “mobiles” di Alexander Calder, alle provocazioni ludiche (“readymade”) di Marcel Duchamp, ai segni ancestrali di Paul Klee, alle illuminazioni astratte di Kandinsky, alle velature incantate di jean-Michel Folon, alle note musicali scolpite di Fausto Melotti, alle “Amalasunte” e agli “Angeli” di Osvaldo Licini, ai frammenti burleschi di Jason Meadows.
Tutti esempi virtuosi che ci insegnano che la leggerezza è un’idea moderna dell’Arte anche se aveva avuto il suo massimo precursore e teorico nel filoso dell’800 Erasmo da Rotterdam, alla poeticità, che sono gli unici valori fondanti e importanti dell’essere e del divenire di un’anima “leggera”, in cammino verso l’invisibile, praticando la “leggerezza” come un’oasi di senso e un altrove denso di verità e bellezza.

Nell’arte di Franco Colnaghi, la leggerezza attraversa tutto il suo percorso di ricerca e sperimentazione, di espressione e di tensione etica e stilistica, a partire dai primissimi disegni astratti degli esordi, per arrivare agli alberi soffiati sulla materia degli anni ’90 sino alle scatole e alle esili filiformi sculture, al ciclo “Città dei poeti “ e alla ”Leggerezza” delle recentissime opere.
Nel caso di Colnaghi, la leggerezza esprime sia qualità formali che poetiche, la sua è una ricerca incessante sia nei temi (paesaggi astratti, ideogrammi cinesi etc…), che nella ricerca e sperimentazione materica (dall’utilizzo del legno al filo di ferro al cemento), un esercizio continuo di nuove forme, modi ed espressioni, che solo dai neofiti e dai detrattori incapaci di “leggerezza”, vengono scambiate per incoerenza stilistica e tematica.
Ai nostalgici della classicità e dei canoni della moda e del mercato, ai detrattori della
sperimentazione che accusano di vaghezza e casualità, ricordo solo una riflessione di Pindaro: “Il sapere e la vita, invece di essere una dimora stabile, sono una strada”. Così come per Colnaghi la “leggerezza” non è solo una conquista, ma una via, una strada per accedere con precisione e libertà espressiva, al mondo del gioco, della fantasia, della felicità, della spontaneità espressiva, della fluttuazione materica, del movimento, la “leggerezza” per il nostro artista diventa la chiave di accesso alla visionarietà, alla semplicità, alla poeticità, che sono gli unici valori fondanti e importanti dell’essere e del divenire di un’anima “leggera”, in cammino verso l’invisibile, praticando la “leggerezza” come un’oasi di senso e un altrove denso di verità e bellezza.
Per chi vuole vedere e ascoltare, i suoi segni e le sue visioni, sono lampi di bellezza e creatività, per un artista che ha fatto della modestia e dell’esistenzialismo minimale una regola di vita, un artista che fotografa le nuvole, si aggira incantato tra le sculture musicali di Melotti e continua a consigliarmi di scrivere aforismi, togliere, cancellare, e vivere nell’ombra, un artista che in silenzio lavora e crea i suoi lampi di leggerezza.

Donato Di Poce

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