“La crisi spegna la musica in classe”: è il suggestivo titolo del pezzo di Maria Teresa Martinengo uscito su “la Stampa” il 23 febbraio 2017.

“Dopo tanti tentativi di «risolverla in famiglia» con l’autofinanziamento e il crowdfunding su Facebook (hanno risposto amici e parenti delle insegnanti, e un po’ si è tirato avanti così), ora la crisi è diventata ufficiale: uno tra i progetti più preziosi presenti nelle scuole torinesi rischia di sparire. Il progetto, all’Istituto comprensivo Regio Parco, è «In classe si può». In classe si può suonare e ogni classe può diventare una piccola orchestra. Da quattro anni l’Associazione Orme insegna ai bambini di questa scuola (infanzia e primaria) – entusiasti bambini che hanno origini in tutto il mondo – a suonare il violino o il violoncello”

Il riferimento dell’esperienza è «El Sistema» di José Antonio Abreu, nato 40 anni fa in Venezuela, nelle periferie difficili, e diffuso in Italia da Claudio Abbado nel Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili. Stesso obiettivo: educazione musicale come prevenzione del disagio e per lo sviluppo di valori positivi, di umanità, integrazione e inclusione.

La relazione tra le due esperienze finisce qua: a Torino pagano le famiglie e oggi ”Dieci euro al mese sono tanti quando si fanno lavori precari, si hanno tre o quattro figli, si resta indietro con l’affitto»,  «Nei primi due anni – racconta Nadia Bertuglia di Orme, violinista, coordinatrice del progetto all’IC Regio Parco – siamo stati sostenuti dalla Fondazione Agnelli. I patti erano chiari, dopo avremmo dovuto camminare con le nostre gambe. E per un po’ ci siamo riusciti. Ma ora stiamo inciampando. La richiesta di partecipare si è allargata a molte classi, 370 bambini, ma al tempo stesso non tutte le famiglie contribuiscono e gli insegnanti devono essere pagati. Sono laureati al Conservatorio, hanno specializzazioni, master…». Ancora: «Rischiamo di non pagare gli stipendi di aprile» e continua: «Purtroppo, la scuola non ha risorse per intervenire. Speravo in qualche bando a cui abbiamo partecipato, invece niente. Mi spiace tanto, se il progetto finirà, soprattutto per la scuola di via Fiochetto che abbiamo caratterizzato con varie iniziative artistiche. Vengono gli artisti di Muse, abbiamo insegnanti eccellenti, ma siccome gli alunni stranieri sono tanti ogni anno perdiamo iscrizioni. In realtà i nostri bambini sono ormai quasi tutti di seconda o terza generazione. E sono speciali».

Non c’è dubbio che «questo sarebbe un progetto da diffondere ovunque oggi in Italia, con l’immigrazione che cresce. Questi bambini nelle ore di musica si comprendono, parlano tutti la stessa lingua. Poi, perché qui si scopre che si può fare qualcosa tutti insieme solo rispettandosi. E anche questo è prezioso, di questi tempi». Riferisce ancora la giornalista che “all’uscita un gruppo di mamme suggerisce: «Se le famiglie potessero avere uno sconto di 20-30 euro l’anno, qui sarebbe importante». Puntuale Sandro Cappelletto ha commentato sullo stesso giornale che “a Scampia si va avanti, e a Torino?”. Possibile che altrove si riesca a trovare una soluzione e qui no?

Il fatto è che a Torino abbiamo la pancia piena e manca da sempre un vero progetto organico, coordinato dalle istituzioni, per promuovere e diffondere l’insegnamento musicale nelle scuole. Se poi si pensa di utilizzare la musica come strumento educativo per aiutare i bambini ad uscire da situazioni di disagio, allora è come viaggiare “fari spenti nella notte”. Tutto è lasciato all’improvvisazione, al buon cuore, all’iniziativa estemporanea, al sostegno economico dato direttamente dalle famiglie. Storture del familismo, le solite facili soluzioni volontaristiche. E poi la musica è una cosa per ricchi. E’ il quadro istituzionale ad essere carente, che non prende sul serio il problema e l’opportunità che vi è dietro queste situazioni. Il Teatro Regio, l’Unione Musicale, la Filarmonica, persino la Rai per fare qualche esempio, hanno progetti con le scuole e li finanziano in parte con soldi pubblici in parte con gli sponsor. Ma il loro obiettivo principale è di coinvolgere i bambini e le famiglie in progetti di ascolto, certo meritevoli ed utili.

Ma non è la stessa cosa sostenere percorsi di apprendimento finalizzati a suonare uno strumento o per suonare in orchestra. A questo non ci pensa nessuno. Eppure qui c’è uno spazio importante di lavoro. Lo Stato ha finanziato alcune scuole secondarie inferiori, il Comune ha dei corsi comunali individuali, certamente. Ma nulla che ricordi il progetto di “El Sistema”, come invece fa quello della scuola di Regio Parco. Ci potrebbe pensare il Conservatorio? Chissà, ma anche loro hanno dei seri problemi e poi le riforme hanno spinto la competenza dei Conservatori “verso l’alto” non certo a occuparsi della formazione di base. Che resta al palo. Anzi chiude.

Che fare? Nell’immediato occorre lanciare una campagna di raccolta fondi per la Scuola Regio Parco facendo capo in primo luogo all’associazione Orme (info@ormeteatro.it); poi fare pressioni politiche perché questa giunta, eletta coi voti delle periferie e per trasformare le periferie, faccia finalmente un progetto organico per la musica e i bambini che sono “la periferia” del mondo, anche da noi. O non è abbastanza da “periferie” occuparsi di musica?

Stefano Vitale

CONDIVIDI