Succede che il numero chiuso sembra sia la panacea di tutti i mali. Dopo la discussissima decisone del MIUR d’inserire un accesso programmato alle facoltà universitarie, stabilendo di fatto a livello nazionale un numero chiuso per gli atenei statali, il sindaco di Alassio ha proposto di regolamentare gli accessi alla spiaggia pubblica.
Che la Liguria non sia la Romagna è cosa nota, non solo in termini d’ospitalità, ma la differenza a livello morfologico inizia a pesare un po’ troppo, specie se il bacino d’utenza aumenta vertiginosamente e l’arenile si restringe a causa delle mareggiate; quattrocento persone pigiate in un fazzoletto di sabbia di appena trecento metri quadrati sono una bella gatta da pelare su più fronti: in termini di sicurezza, senza dubbio, con l’aggravante dell’alcol, considerato che, a sentire i gestori degli stabilimenti balneari, i sudamericani hanno una predilezione per la zona di Alassio e Laigueglia e ogni domenica si riversano in spiaggia con casse di bottiglie di birra al seguito (il che significa bagnanti alticci che se le danno di santa ragione: testimoni parlano di una rissa con cocci di vetro usati come coltelli), ma anche scarsa percezione del pericolo in acqua e quindi lavoro extra per i bagnini. Per non parlare di come rimane la spiaggia quando tramonta il sole: una distesa di spazzatura.
Per il sindaco Caputo è arrivato il momento di porre un freno a questa globalizzazione balneare senza regole e difendere il sacrosanto diritto degli alassini di godersi il proprio mare, il sacrosanto diritto dei possessori di seconde case di godersi il mare ligure, il sacrosanto diritto di chi ha soldi da spendere di andare a farlo ad Alassio. Perché c’è rumenta rumenta. (ovvero: monnezza e monnezza).

***

 

CONDIVIDI