Che
cosa faccio?
Sarebbe meglio dire “che cosa ho fatto “: |
– Riempio di piccoli segni neri degli spazi bianchi e se i segni non sono proprio neri, gli spazi non proprio bianchi, m’importa poco e li riempio lo stesso.
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– Certi segni hanno dentro una specie di magia: diventano parole e poi frasi, poi storie di ieri e racconti d’oggi e sanno trasformarsi anche nel vago preludio di un domani annunciato. |
– Non so più calcolare l’area dei campi bianchi che ho ricoperto di semi scuri, ma ricordo bene i momenti della mietitura: fogli rilegati come spighe raccolte in un covone, e profumo d’inchiostro umido come di pane appena sfornato. Nutrimento per l’Ego: o qualcosa di più? |
– E non è finita qui; lo sento, lo so. Troppi pensieri ancora affastellati
che premono per uscire all’aperto e che mi chiedono di dar loro un naturale ordine scuro in campo chiaro. Troppe storie vere ancora da raccontare e false da inventare, troppa altrui genialità da vestire a festa e da portare, in parata, all’onor del mondo. Costi quel che costi. Ma che minimo, meraviglioso costo! |