DIRE ‘BASTA’ AGLI INGLESISMI IN POLITICA

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…..Finalmente arriva in Parlamento una proposta di legge che esorta quantomeno il mondo della politica a non affliggere più i cittadini italiani con una terminologia “straniera” tanto oscura per molti, quanto istituzionalmente impropria per chiunque.
…..Dopo le parole di Mario Draghi sulla negatività degli anglicismi, che lasciano sperare in una maggiore sensibilità sulla questione, e visto che a 4 mesi dal suo inoltro non è pervenuta alcuna risposta alla petizione sull’abuso dell’inglese al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non resta che sperare in questa nuova iniziativa perché si metta fine a una consuetudine “perversa”, profondamente irrispettosa non solo nei confronti della nostra nobile lingua madre, ma di tutti coloro che non sono affatto tenuti a conoscere il significato di locuzioni anglofone.
…..Per meglio comprendere la dimensione di questo fenomeno, ormai dilagante, d’inquinamento del nostro idioma, riportiamo qui alcuni dati comparsi su “Diciamolo in italiano”, un sito assai competente curato dal prof. Antonio Zoppetti. Ecco quanto è bene sapere:

♦ Dallo spoglio dei dizionari risulta che dal 1990 a oggi, gli anglicismi non adattati sono passati da circa 1.700 4.000 (cfr. Devoto Oli).
♦ Dalle analisi di dizionari come Devoto Oli e Zingarelli emerge che tra le parole che sono nate negli anni Quaranta e Cinquanta gli anglicismi crudi rappresentavano circa il 3,6%. Questo numero negli anni Sessanta è salito a quasi il 7%, negli anni Settanta ha superato il 9%, negli anni Ottanta il 16%, negli anni Novanta il 28% e oggi costituisce quasi il 50% delle parole nate negli anni Duemila.
A preoccupare non sono solo la sproporzione e l’aumento esponenziale, ma il fatto che nel Nuovo millennio l’italiano sta cessando di evolvere per via endogena, e ciò che è nuovo viene espresso principalmente in inglese crudo.
♦ Passando dalla presenza delle parole inglesi alla loro frequenza, tutti i dati mostrano che gli anglicismi sono usati sempre più spesso dai mezzi di informazione, e hanno colonizzato il lessico di tanti ambiti strategici della nostra lingua: l’informatica, la formazione, il lavoro, l’economia, la tecnologia, la scienza… (in alcuni settori l’italiano ha perso la capacità di esprimersi con il proprio lessico) e sono entrati in modo molto ampio persino nel linguaggio politico, delle leggi e delle istituzioni.
♦ Dagli ambiti di settore gli anglicismi stanno poi penetrando sempre più anche nel linguaggio comune e addirittura in quello fondamentale: nel dizionario delle 7.000 parole “di base” di Tullio De Mauro (quelle che compongono oltre il 90% dei vocaboli utilizzati normalmente) nel 1980 si contavano una decina di inglesismi, ma nell’edizione del 2016 sono decuplicati e ce ne sono 129.

…..Va specificato che il problema non sta nelle parole come bar, film, sport o scanner, che si pronunciano e scrivono secondo le nostre regole e producono ibridazioni italiane (barista, filmare), né nell’accettazione di anglicismi ormai storici, bensì nella quantità e frequenza di quelli nuovi che violano il nostro sistema fono-ortografico e stanno creolizzando il nostro lessico e il nostro patrimonio linguistico.

…..Le ragioni per cui nelle altre nazioni la situazione è nettamente diversa sono storiche e culturali, ma soprattutto politiche.
– Lspagnolo è parlato in una ventina di Paesi e le accademie di ognuno di questi lavorano in modo coordinato per mantenere l’uniformità della lingua sovranazionale anche con sostitutivi agli anglicismi.
– IFrancia, la legge Toubon è arrivata dopo una serie di altri provvedimenti legislativi che hanno attraversato i governi di destra e di sinistra, dai tempi di De Gaulle a quelli dei mandati socialisti.
…..All’estero in molti hanno da tempo compreso il problema e varato politiche linguistiche e provvedimenti.
In Islanda esiste ufficialmente persino la figura del neologista, visto che l’islandese è una lingua davvero a rischio, in Europa.
– In Italia non siamo mai intervenuti, e l’approccio del “liberismo linguistico” si sta trasformando in un anarchismo selvaggio dove la nostra lingua è schiacciata dall’egemonia dell’inglese.
– L’italiano è paradossalmente più tutelato in Svizzera – dove il question time si chiama l’ora delle domande – che nel nostro Paese: lì negli ultimi anni si sono fatti enormi investimenti per la promozione dell’italiano, visto che davanti al francese e al tedesco risulta in minoranza, nel loro modello plurilinguista.

…..Ai lettori, ora, trarre le conclusioni sull’opportunità o meno di spingere la “Petizione per provvedimenti legislativi a tutela e promozione della lingua italiana minacciata dall’abuso dell’inglese”.
…..Si permetta pure al provincialismo snob dei soggetti molto ‘trendy” di sfoggiare a pezzi e bocconi una lingua che spesso neppure conoscono nella sua intera complessità, ma quando i media concionano a favore della “libera, chiara ed efficace informazione”, tengano conto, assieme alla politica, che gli italiani scelgono chi votare sulla base dei programmi che più gradiscono: difficile che possano optare per ciò che non vengono messi in grado di capire.

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