“IL FILO TORTO” di Angela Suppo
(Il filo torto, Puntoacapo Edizioni, 2022)
…..Con questa seconda raccolta Angela Suppo compie un significativo passo in avanti nella definizione del suo stile e della sua poetica. Se il primo libro d’esordio “Senza indicazioni di tempo” (2019) si presentava come un canzoniere, ovvero, dal mio punto di vista, come un testo che raccoglieva, sia pure con cura e felice intuizione poetica, poesie di argomento e tematiche differenti, in questo secondo libro è visibile una precisa architettura compositiva. E la cosa è tanto più importante perché la poetessa, alla sua seconda uscita, “sente” la necessità di una conferma, l’urgenza di una pressione interiore ed esteriore a cui deve dare un senso.
…..Angela Suppo resta, naturalmente coerente con la sua impostazione di fondo: anche qui il tema del tempo è il motore della sua poesia. Ma attenzione, non si tratta di una riflessione poetica di stampo filosofico o metafisico. Per Angela Suppo il tempo è quello dell’esperienza, dello sguardo poetico che coglie nei dettagli apparentemente inappariscenti l’essenziale che altrimenti ci sfuggirebbe.
…..Il tempo è quello della riflessione ironica, dello stupore, della sorpresa dinnanzi alle manifestazioni, a volte melanconiche, altre volte divertite, della vita. In più, come abbiamo già avuto modo di rilevare, la sua “voce” è sempre immediatamente riconoscibile, cosa fondamentale in un poeta.
…..Angela Suppo ha una postura lirico-riflessiva capace di fulminei passaggi ironici, a volte caustici, ma sempre dolci e controllati. Come ebbe a rilevare Giuseppe Conte, suo mèntore, la poesia di Suppo “non fa mai sopravanzare le ragioni esteriore dell’io”.
…..Ma qui c’è il salto di cui parlavo all’inizio: restano vivi e presenti tutti i temi già presenti nel primo libro (c’è spazio per gli incontri quotidiani, per ricordi d’amore, per meditazioni più vaste, per la contemporaneità, per una critica dei social media, per una serie di ritratti ironici di certi atteggiamenti dei “poeti d’oggi”….) ma tutto questo è inserito in una cornice, in quadro molto più consapevole e strutturato.
…..Non si tratta solo di organizzazione, ma di una scelta stilistica e tematica che colloca Suppo in preciso filone della poesia contemporanea, quello che definisco della “poesia come sguardo esistenziale” (che mi ricorda per certi aspetti Loris Marchetti, altro bravo poeta torinese, oppure gli stessi Luciano Erba e Daria Menicanti) capace di leggere il paesaggio del tempo presente con gli occhi dell’anima poetica (e qui Suppo, sensibile al paesaggio ligure, apre a risonanze proprie di poeti quali Sbarbaro, Novaro e Montale) .
…..Questo approccio fa sì che Suppo riesca a declinare, con un proprio stile coerente in un’ampiezza di sonorità poetiche, ad esempio temi civili, ma senza cedere alla retorica; oppure temi filosofici, ma senza scivolare in contorte elucubrazioni; pause descrittive evitando sempre il bozzetto scontato.
…..Angela Suppo si conferma perfettamente in grado di dosare “momenti in cui il linguaggio usa toni più “alti … ad altri in cui i registri sono più colloquiali; oppure quando domina la pensosità melanconica alternata con l’ironico sorriso; oppure ancora quando la metafora prende il suo prepotente spazio e quando invece è il discorso diretto, colloquiale magari fatto di scatti e immagini concrete, ad indicare la soluzione del verso”.
…..Ma se del precedente libro si poteva apprezzare il guizzo dell’immagine, in questo nuovo libro è importante concentrare la lettura sezione per sezione, perché esso va letto “in forma sonata” ovvero come un testo quasi-musicale in tre tempi ( direi Allegro, con ironia – Adagio, con sentimento – Allegro, ma non troppo) dove ad ogni tempo corrisponde anche l’esposizione di un primo tema (con una serie di variazioni e sviluppi interni) cui segue un secondo tema, più calmo e disteso, per confluire infine in una sintesi finale sia pure aperta ed interrogativa, quindi, immaginiamo, foriera di nuovi sviluppi.
…..Il primo tema è racchiuso nella sezione “Antropica”. Efficace definizione della materia poetica e tematica che subito appare evidente “Servono Grandi Riparazioni/ a questa città/ per ricordarsi/ che ha perso l’odore/ delle fabbriche …/ per divenire una grande cucina/con tavoli all’aperto,/banconi da bar, / e pranzi a 10 euro/”. Non poteva essere meglio detto, con stile, eleganza ed ironia, quale è il cambiamento antropologico a cui Torino è sottoposta e con essa il nostro Paese. Una contemporaneità dismemore dove “solo i nomi delle vie, come a Pompei/ trasudano il passato” (pag. 11).
…..Angela Suppo non arretra e con mano ferma sferza il nostro vuoto tempo in cui tanti galleggiano (che siano intellettuali o meno): “Non sopporto la folla non senziente,/ nelle orecchie dei tappi contro il mondo,/ il pollice da prensile a scrittorio,/ e un Io galoppante e sconveniente. // Piuttosto che?// Io preferisco il niente” (pag. 13).
…..C’è come detto, un’attenzione delicata, ma salda, ai temi “civili”: “Molte cose ho da dire sul mio tempo/ e la fatica di trovare la pace, /se il mendicante all’angolo/che tace, e chiama mamma/ la donna che si china” (pag. 16); c’è una intelligente capacità di guardarsi attorno “Ci dà le tombe in saldo/ l’Ente dei cimiteri.// … preferita è la cenere/percorso accelerato/che svuota i cimiteri/ma danneggia/ il Bilancio Comunale.//” (pag. 17); c’è l’ironia che infilza le nostre “Storie banali e meglio spudorate” fatte di “Parole nude/ parole non pesate” (pag. 18) sui media invasivi.
…..Tema su cui torna in questa sezione più volte quando scrive “Per sovrapposizione mediatica/ si usi una forte protezione” (pag. 20) perché alla fine “… il troppo mondo è sempre da evitare” (pag. 20). O ancora quando coglie il senso nascosto dei selfie quotidiani “Guardarsi nello schermo, non guardare/ negli occhi il mondo,/disposti ad affrontare/ il rischio che sia un altro/ a interpretare” (pag. 21).
…..Allo stesso mondo Angela Suppo spazzola e scuote con vigore il dilagante narcisismo dei poeti “premiati” apostrofato come “Il Narciso che ama guerreggiare/sul foglio sempre bianco e virtuale/si perda in un effimero berciare” (pag. 19).
…..Sono i poeti, e le loro presunzioni, ad essere spesso al centro dell’ironia sagace di Suppo che qui mi ricorda il grande Valentino Zeichen : “Si aggira l’invidia/ come un gatto tra gli scaffali, / e teme.// Chè presto certo/ i nostri covati, inanellati/tessuti di parole/ gualciti, consumati,/ignorati, infine dimenticati/saranno insieme al macero inviati.” (L’invidia, pag. 24); “Sì, gli anestesisti/ si uccidono di più.// Ma anche i poeti, /se non frequentano eventi, / e scuole di poesia, /là dove si raddrizzano / versi/ e si fingono dolori, /troppo veri, /a non far male. (Statistiche, pag.26).
…..Ma è tutto un susseguirsi di situazioni e personaggi che sfilano nella galleria di questa sezione dal tono melanconico, ma deciso, che si avvale di una forza epigrammatica secca quanto elegante: “Un album da disegno/ di simboli evidenti,/di nascosti pensieri, / di sogni emergenti. (Tatuaggi, pag. 22).
…..Si legga anche “Il Desiderio era cambiare/ il mondo: dopo fatica/ nemmeno la guarnizione/ del rubinetto di cucina” (Rivoluzione mancata, pag. 28) e ancora “Moriremo scavalcati/ da giovani di altrove, /assediati di rifiuti,/ di tossici vapori/… Moriremo perduti di Occidente” (pag. 29). E infine in un climax di invettiva misurata, ma non meno incisiva proprio perché ironica e ricca di understatement: “Anche nel giorno del Giudizio/qualcuno leverà alto, tra le anime,/ un telefonino…” e saremo così presi dall’apparenza che non godremo neppure della Salvezza (pag. 30.
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…..Il secondo tema si sviluppa entro un adagio, con sentimento, dicevamo prima. “Via del Canto” è il titolo della sezione aperta dalla poesia eponima che ci porta nel mondo del paesaggio ligure tanto amato da Angela Suppo.
…..Il clima della sezione è sospeso, calmo: il paesaggio domina i versi, i versi si fanno paesaggio scrutando gli orizzonti, infilandosi tra i carugi come fa il vento, rivelando stati d’animo,situazioni, emozioni, colori. “Nascosta ancora protegge/nell’aria sospesa:/ più lunghe le ore, in silenzio,/in un tempo senza misura” (pag. 33), “Dolce è l’aria al sapore/ dei suoi grappoli:/ chiudo gli occhi e respiro, /con l’estasi del bombo/ dentro il fiore” (pag. 34) ; “L’essenza è risalire, /in fughe di gradini, /per archi che si affacciano di lue, /nel silenzio” (pag. 35). Echi di liguritas poetica emergono classici e precisi: “Il torpore dei fiori/ nel meriggio/ si allarga di corolle,/si chiude a volte/cercando refrigerio” (pag. 38 – Terrazza); “Audaci come una falange/ procedono i nasturzi.“ (Tropaeolus, pag. 39), “Nella penombra /i Santi Pellegrini/ sempre in partenza,/ pazienti nell’attesa, / anticipano la Festa, /concedono favori” (Chiese di Liguria, pag. 41).
…..E come sempre accade nella poesia di Angela Suppo appaiono figure di umani ed animali a segnalare che non siamo alla fine del tempo e del mondo, ma siamo dentro questo tempo e questo mondo: “Nell’ordine degli scaffali/ riconosco risposte/ a ogni domanda, / in ogni cassetto soluzioni” (Ferramenta, pag. 36);
…..“Ferisce l’aria la cavalletta/ che si lancia opaca nel sole/ sfregio secco metallico,/corazza di ali guerriere”… /così diversa/ dalla torpida e imbelle cicala/ che solo canta,/ e non sembra aver scopo// E ne muore. (La cavalletta, pag. 37).
…..E non manca così l’affondo etico, sempre pungente, ma garbato, rivolto al Sindaco di Montegrazie che pare abbia poco a cuore il destino del suo paese: “Ricordati, Sindaco, / di Montegrazie, /borgo senza spazi comuni,/ o aiuole, o giardini,/ il paese del FAI da te, / dove solo la spazzatura,/ che si accumula / e accoglie chi arriva, /ricorda che si si vive,/ nascosti, / pronti a essere dimenticati.“ (Remember me, pag. 42-43).
…..Come non vien meno la citata cifra dell’ironia che rende tutto sempre più leggero e sopportabile. “Si affianca alla pena/ per chi è andato/ la conta ingenerosa/ di chi resta, /il dubbio sull’attesa, / la scommessa di sé, / il bisogno repente di un caffè” (Funerale di paese, pag. 45).
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…..E arriviamo al terzo tempo che ho arbitrariamente definito “Allegro, ma non troppo”, una sezione-sintesi : “Il filo torto”. Una consistente leggerezza avvolge il libro, e questa sezione in particolare, dove emerge tutta la luce delicata della lirica esistenziale di Angela Suppo. Una lirica sommessa, senza lacerazioni gridate, senza fughe nel torbido mondo di una interiorità irrisolta. La sua poesia è disincanto puro, classica lezione di equilibrio che protegge da ogni autoreferenzialità molesta ed apre ad una condivisa assunzione di responsabilità umana.
…..“Triste sarebbe/ non aver vissuto/ e non potere infine/ frugare tra i ricordi”… Se vi cerchi qualcosa troverai, /immagini e parole, /squarci di strade …/ gridi d’amore, / anche il sogno del sogno”/ E a volte lo spillo/ che, dimenticato, infido, / riapre una ferita” (La scatola dei bottoni, pag. 49).
…..Angela Suppo cerca ora nella poesia, nel fare ed essere poesia, una via d’uscita, un appiglio sicuro e lo fa esprimendo con naturalezza e sicurezza la sua poetica:
E’ poetica la vita dell’assenza:
la conchiglia nell’onda abbandonata,
della cicala, l’abito di sole,
il tracciato del bruco nella mela.
E’ poetica la vita suggerita:
lo spazio risparmiato dalla polvere
dell’oggetto spostato,
il cavo delle braccia cui tendiamo,
la conchiglia svuotata del paguro,
che svelto nella sabbia si allontana.
(Impronte, pag. 50)
…..Così Angela Suppo ci svela con chiarezza i confini della sua poesia, e ci apre con gentilezza e voce ferma al suo mondo poetico che viene ulteriormente definito dalla poesia successiva in una felice combinazione:
Come la vespa prigioniera,
tra la tenda e il vetro.
Così innocentemente stupida,
testarda quanto basta
a non vedere l’uscita.
Come lei ronziamo,
impotenti,
in attesa
che un bicchiere pietoso,
e una cartolina,
ci liberino.
(Ottusità, pag. 51)
…..Ma non basta: in un crescendo di lucidità troviamo i versi-chiave: “Il dubbio metafisico rimane, /ma infine appare un’impresa elevata/trovar gli occhiali,/per vederci chiaro, /e la cruna dell’ago indovinare” (La Ricerca, pag. 53); oppure quelli di pag. 56 “Ma se respiro piano/ ascolto il mio silenzio/ e quello che amo” (Estate) e quelli di pag. 61 “Ognuno ama il suo veleno, / lo insegue, ne dipende, /con pudore lo nasconde” (Citalopram) e infine quelli di pag. 68 “Perdere tempo/ perché tutto è uguale” (Età).
…..Angela Suppo sa quindi far dialogare e controllare, nei suoi versi, forze contrastanti e non si lascia mai sopraffare da toni esagerati: resta sempre padrona di sé stessa e della sua parola anche quando coglie lo smarrimento inevitabile nel poeta che sente e viva il suo punto di vista come sghembo, obliquo rispetto al quotidiano che pure lo comprende:
Muoversi nell’assenza
dove l’aria vischiosa
ti attarda: se ti volti
non ritrovi la strada.
Quando è assalto e dolore
la fitta di stupore
della realtà mutata,
del discorso sospeso.
La parola negata.
(Pavana dell’assenza, pag. 54)
…..Ma il libro si chiude con un guizzo allegro ed ironico che racchiude un pochi versi il carattere e lo stile di questa poetessa che ha solo iniziato a sorprenderci con la sua leggerezza profonda e vera:
Anime sante (pag. 69)
Signore riservaci uno scalino:
stare in piedi per l’eternità,
a mani giunte,
sarebbe scomodo.
…..Un libro da leggere, un libro che ricorda ai poeti quanto sia importate sempre essere se stessi e che dice ai lettori che si può fare poesia profonda con leggerezza.
…..Stefano Vitale
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…..Note sull’Autrice
…..Angela Suppo è nata e vive a Torino. Laureata in filosofia, si è dedicata all’insegnamento ed ha svolto per 22 anni il ruolo di preside nei licei. Collabora con la rivista “Amado mio” e partecipa al gruppo di letture poetiche “Tempo di Parole presso il Circolo dei Lettori” di Torino.
…..Ha pubblicato “Senza indicazioni di tempo” (La Vita felice, 2019 – prefazione di Giuseppe Conte) primo Premio al Concorso “Mario Soldari” 2020 e secondo Premio Opera Prima al Premio “I Murazzi” nel 2022.
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