“Sull’improvviso” di Alfredo Rienzi
(Arcipelago Itaca, Osimo (AN), 2021)

…..Con questo libro, opera vincitrice della XIX edizione del “Premio InediTo – Colline di Torino 2020”, Alfredo Rienzi segna una tappa importante del suo già considerevole percorso poetico arrivando a cogliere ed esprimere il senso di una poesia che cerca la densità e la concentrazione del pensiero nella sua fusione con l’istante della realtà.
L’ideale poetico di Rienzi è racchiuso già nel titolo “Sull’improvviso”: la poesia si apposta, in agguato per cogliere l’essere-esserci nel suo fugace apparire/scomparire o per avvertire la sua assenza/presenza. Ma ciò che interessa al poeta non è la manifestazione di quell’istante: è l’indefinito e indefinibile spazio-tempo invisibile dell’accadere. E’ una poesia liricamente quantica quella di Rienzi, proprio nel senso della fisica, senza che però vi siano, se non in casi rarissimi, accenni alla fisica stessa.

…..Persona schiva e riservata, ma anche molto attenta a ciò che le accade attorno, Alfredo Rienzi si identifica sempre più con la sua poesia. E il suo modo di essere è sempre più poeticamente manifesto. Questo lo ha intuito, sia pure restando sul piano generale, anche Maurizio Cucchi nella prefazione: “Si viene dunque a contatto con una sensibilità acuta, quella dell’osservatore, che perlustra il dettaglio anche minimo dell’esserci, di cui rispecchia il mirabile pullulare e il continuo movimento, entro quello che Mario Luzi avrebbe definito “il grande codice” (pag. 5).

…..La posizione dell’osservatore, certo: ma Rienzi non è osservatore passivo. La percezione del dettaglio, la tesa ricerca dell’invisibile, la registrazione dell’improvviso apparire di un fenomeno inatteso non sono fatti “esterni”: sono elementi che risuonano potentemente all’interno della mente e della sensibilità del poeta, sono situazioni che talvolta si sovrappongono al suo stesso sentire, che esprimono altrettanti stati dell’essere esistenziale del soggetto. Nel momento in cui Rienzi indica “scorci o movimenti narrativi, di personaggi diversi” oppure coglie istanti naturali e ci dà conto di presenze reali, ma invisibili. In quei momenti la poesia si fa grumo denso di emozione e pensiero, si fa espressione dello stupore e dell’inquieta meraviglia dell’accadere, si fa suono di passi, fruscio improvviso, sussulto dell’animo.

…..C’è una dialettica serrata tra fisica e metafisica, dove quest’ultima non è trascendenza ma l’oltre-passare del dato dell’esperienza per ritornare sulla cosa stessa che si dà proprio nel suo sottrarsi. La poesia di Rienzi sta come nascosta dietro un cespuglio, un angolo di strada, un muretto per tentare di vedere cosa accade in quell’istante, per tentare di comprendere da dove e come si sia determinato quell’evento, cosa per nulla scontata. Per Rienzi questo è il compito della poesia: indicare, con la forza fragile ma determinata del verso, l’esigenza umana di trovare un senso, un fondamento all’accadere, all’esistere.

…..Alfredo Rienzi ci offre una sua personale nota introduttiva, certamente illuminante, che esprime “una piena e lucidissima consapevolezza intellettuale” (Cucchi) e scrive: “ la vita è movimento e cambiamento: concetto banale ed elementare. Gli estremi del mutamento hanno, mutuando termini medici, la gradualità della lisi e la repentinità della crisi. Discesa e caduta (pag. 7). La sua raccolta, per voce dell’autore stesso, “raccoglie una serie di testi e frammenti – vissuti, immaginati, proiettati – del cambiamento per crisi, fulmineo, talora drammatico, imprevedibile o imprevisto, esplorato prevalentemente in minus, per catabasi. (pag. 7).

…..La comprensione del lampo dell’evento, dice Rienzi, è lo scopo della poesia. Cogliere il kairos dentro e fuori dal tempo, si potrebbe chiosare. La ricerca di un senso è però vana: una spiegazione razionale definitiva non è possibile, si procede per approssimazioni. Alfredo Rienzi, senza però cadere nel misticismo, ci fa comprendere che il senso o si intravede, per lo più, in “territori esterni o complementari alla ragione”. Ad Alfredo Rienzi interessa il non detto, soprattutto il non dicibile che non coincide necessariamente con l’indicibile: la forza dell’intuizione, apparentemente irrazionale può afferrare la sospensione del flusso indifferente delle cose. E qui la poesia trova la sua ragion d’essere, pur restando tutta interna alle cose stesse.

…..La poesia di Rienzi è lontanissima dai “rassicuranti territori del descrittivismo o dell’emozionalismo” e procede per “barlumi e polverizzate materie”: “in questo scenario indeterminato, il verso resiste appena alla memoria del suo dettato ritmico – mai rinnegato- ma tende anch’esso a frangersi, a desistere. Se improvviso è anche lo scarto tra visibile e invisibile, pure la materia verbale tende talvolta a perdere continuità, a incrinare la sua linearità” (pag. 8). Così Rienzi ci regala “ibridazioni e sospensioni” attraverso “registri variabili” in bilico tra “narratività ed episodico lirismo”, tra poeticità dello sguardo e rovello della ragione.

…..Sono questi modi e temi propri della poetica di Rienzi e che vi sia una precisa consapevole continuità nella sua produzione lo segnala la poesia posta in esergo alla prima sezione “La comprensione del lampo”, autocitazione tratta da “Custodi e invasori” del 2005: “…il lampo: non so, troppo/breve. Forse il ramo che lo attira a sé/ forse il buio che precede e segue// il lampo in se stesso, senza motivo, un effetto/premeditato e certo: ancora no…”.

…..L’evento improvviso sconvolge l’ordine del mondo e la ragione da sola non può darne conto: “Interroga il vento, nel dubbio, e il fiume/ ogni segno ogni indizio/ infinite combinazioni/… ma non comprende il canto dell’assiolo…/ sono cose che le dita sentono/ vorrebbero parole, nomi chiari…/ ma la vita è stata/ per frammenti, per scie// piene di cavità, anch’essa.” (pag. 14).

…..Non tutto è prevedibile e oggi ne siamo socialmente consci, probabilmente, un po’ di più. Nella poesia di Rienzi è bello vedere come salti per aria l’idea astratta dell’attimo: egli tenta invece di entrare nella fenomenologia concreta dell’attimo stesso. Rienzi vuole esprimere l’erlebnis, il vissuto dell’istante, vuole afferrare, cosa forse impossibile, il lampo nel suo accadere. E coglierlo potrebbe anche significare raccontare, come accade in una poesia, persino il morire.

…..Ma è questo stare sul filo sospeso tra la vita e la morte che attrae il poeta e quest’attrazione è anche linguistica nel continuo scambio tra soggetto ed oggetto, tra soggettivazione delle cose e cosificazione del soggetto: “Era pietra e meditava (da pietra/ ma per farmi comprendere non conosco altri verbi)// quando la frana sventrò il versante/… cambiò, in poche ore, ogni sua prospettiva” (pag. 15).

…..Rienzi ama anche, in questa prospettiva di surplace poetico, soffermarsi sugli aspetti misteriosi della casualità degli incontri e ricordando, a mio modo di sentire, il Palomar di Italo Calvino scrive: “inizia a correre/ la ragazza si toglie gli orecchini/ respira l’argine l’autunno…/ entrò nel suo campo visivo/ prima un transito obliquo/ riapparve, si fermò. Prese dimora” (pag. 16). E il mistero filtra tra i versi: “La prima volta che dal nulla apparve…./non lo riconobbe:/ voce intermedia tra l’aria e l’acqua/ (un vapore direbbe l’ermetista)” e chiude: “Espose le sue condizioni…/ inevitato dare per avere// e non si dica di viltà e di eroi…” (pag. 19).

…..Anche il linguaggio segue questa inclinazione: “Così mi polverizzo/ in ogni mio distretto/ mi estinguo docilmente, /rarefò, appena pochi / minuti di preavviso” (pag. 21). Rienzi tende a smaterializzare il suo poetare, pure restando presso l’accadere dialettico del mondo: “Ora/ s’è fatto continuo l’assedio/ tutte le taglienti diadi, i bivi/ gli opposti conciliabili/ rinnegano l’altra sponda, i fiumi/ si sono fermati. Fango da fango.// Qualcuno sa dire, quando è accaduto?/ Quando il cielo s’è macchiato di viola?// Ma abbiate cura delle unità/ di misura. Abbiatene pietà” (pag. 22).

…..Colpisce la cura del linguaggio e l’uso mirato di lemmi ricercati: “reincarnazione sitibonda”, “lo scricchiolio d’alburno”, “luce, fluisce, inombra”, “esempio insostanziale dell’improvviso”. Non si tratta di forme sussiegose e respingenti: la ricerca rienziana è musicale, straniante, ritmica e avvolgente. Non si vuole stupire, si vuole tenere desta l’attenzione del lettore dando alla poesia il compito che le spetta: non abbassare il livello di guardia della tensione e della espressione linguistica.

…..E questa tensione è qualcosa che non si ferma mai, nella relazione incalzante, ma meditata e controllata, del poeta con l’accadere: “E’ così che si spezza la stagione/ al fragore del ramo…/certe questioni – e sai di cosa parlo- /non hanno soluzione razionale” (pag. 26) e il problema è se “troveremo accordo, prima che il viaggio/ finisca sugli scogli?” (pag. 28) perché “è che il tempo non è mai quello giusto/ e le partenze hanno il suono ottuso/della frana che coglie all’improvviso” (pag. 29). Frane, passaggi di stagioni, sottili confini, rami spezzati, accadimenti senza motivo apparente, “un improvviso niente”, un perenne dissolversi in “infinite varianze” fanno saltare il continuum del tempo. E’ l’irruzione improvvisa dell’evento che sospinge la poesia di Rienzi.

…..La sua poesia mi ricorda, mutatis mutandis, la visione della filosofia della storia di Walter Benjamin: “articolare storicamente il passato non significa conoscerlo ‘come propriamente è stato’. Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena nell’istante di un pericolo”(Angelus Novus, Tesi di filosofia della storia, pag. 74, edizione del 1976, corsivo mio). Per Benjamin “la storia è oggetto di una costruzione il cui luogo non è il tempo omogeneo e vuoto, ma quello pieno di un “tempo-ora” (pag. 80) e “al concetto di un presente che non è passaggio, ma in bilico nel tempo e immobile, il materialista storico non può rinunciare” (pag. 81, corsivo mio). E il poeta vive in questo stato di allerta, maggiormente attento non tanto alla transizione, al passaggio quanto piuttosto all’accadere improvviso che è in stesso un atto immobile o, per lo meno, segnato da uno stato di impercettibile movimento. E la vita così si rovescia continuamente nel suo contrario e la morte non è sempre l’ultimo atto. Si vedano queste due poesie contigue:
…..“Le ultime tre volte /che ho avvistato la morte/ indossava insospettate forme: / di bocciolo di rosa,/ di trasparenze d’acqua,/ di rondine migrante – verso dove? – (pag. 34).
…..E subito a seguire: “Impara la ruggine, amica mia/ ala che attendi tenue le correnti// ti dice dell’ossigeno e del ferro:/ non è, in questo tempo cosa da poco” (pag. 35).

…..La seconda parte del libro è “Di sesta e di settima grandezza” dove prende spazio “un sfondo onirico e rammemorante” (Mario Marchisio) e la poesia pur conservando l’appoggio naturalistico si fa più oscura, parzialmente esoterica così come è nello stile di Alfredo Rienzi. Il verso resta breve, spezzato, ritmato da enjambement significativi, il passo poetico accurato e soppesato; le immagini segnate da rovesciamenti improvvisi, risoluzioni impreviste.

…..L’improvviso, tematicamente, è sempre più inteso come l’invisibile che si rende visibile, in parte, per frammenti, alla e nella poesia. I versi non sono esenti da echi caproniani (penso al “Franco cacciatore”), sospesi tra lo smarrimento della ragione e l’interrogare della poesia: “Un respiro improvviso spostò i rami/… qualcosa s’intravide, nel ritaglio cobalto: / / uno sfarfallio. O una scheggia, /l’ala boschiva dell’astore o solo/ semplicemente un raggio di sole/” (pag. 43). Molto significativa, di leopardiana indiretta memoria, è la poesia “Attesa degli invisibili”: “Siete la mia ossessione/ cinguettii, trilli, fischi/alfabeti brevi e indimostrati/ voci che non vestite corpo” (pag. 44).

…..Per Rienzi “il sogno […] è un caso speciale di realtà” e così si apre una sequenza di testi più immaginifici dove è protagonista la Luna: “volarono i nibbi sulla Luna” , “chiede il camminare sulla Luna/ abilità inusuali”, poesie in cui la costruzione strofica e la risonanza lessicale o le situazioni a cui si allude concorrono a creare un’atmosfera densa e pure enigmatica. Ma resta comunque predominante il tema centrale dell’opera, il “tempo-non-tempo” dell’accadere, la frattura del continuum che determina incertezza e nuove consapevolezze, che sposta il punto di vista altrove: “che proprio dovesse passar di lì/ nel momento esatto in cui la tempesta/ sradicava il platano centenario…// nessuno considerò che quell’albero/ proprio quello e esattamente lì/ era in attesa da un milione di anni” (pag. 52).

…..Rienzi è irresistibilmente attratto dalle amnesie del tempo, dal vuoto delle previsioni, da ciò che non è assoggettabile alle regole della quantità: “Nell’urto, per l’effetto dell’impatto/ consideriamo le masse dei corpi/ le loro velocità e la somma/ vettoriale, la quantità di moto/… Colpevolmente non esaminiamo/ mai: la fase della Luna, il tempo/ dell’ultima carezza ricevuta/ l’ora della fioritura dell’acacia”.

…..Flettere “il visibile al nascosto” è il senso della sua poetica e sorprendersi per i “gesti” enigmatici sempre uguali e sempre diversi degli uccelli (che sono molto presenti nelle osservazioni di Rienzi-Palomar), persino ricordare il vuoto dolce e rassicurante delle favole con “ quei loro finali mai ascoltati” è comunque il suo segreto piacere.

…..Alfredo Rienzi chiude il suo libro (pag. 65) con una poesia bella, arguta e melanconica, un “allegro ma non troppo” che ben lo tratteggia:

Alla luna d’ottobre

Un’aria tiepida, una lepida
Luna di tre quarti:
pare una gravida sera di giugno
quando l’estate
è tutta da venire.

E’ invece fine ottobre
e tutto è già accaduto

…..La poesia è introdotta da alcuni versi di Gabriele Galloni, giovane talentuoso poeta morto prematuramente. “Sempre dirai, improvvisamente seria, / di non essere mai riuscita a credere/ quanto sia strano esistere nel mondo” (da “L’estate del mondo”).

…..Stefano Vitale

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…..Note sull’Autore
…..Alfredo Rienzi (1959) ha pubblicato diversi volumi di poesia, da Contemplando segni, in 7 poeti del Premio Montale (Scheiwiller, 1993) fino al recente Partenze e promesse. Presagi (puntoacapo, 2019).
…..I primi volumi sono in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e inediti, opera vincitrice del Premio Fiera dell’Editoria di Poesia (puntoacapo, 2011). Ha tradotto testi da OEvre poétique di L. S. Senghor, in Nuit d’Afrique ma nuit noire – Notte d’Africa mia notte nera, a cura di A. Emina (Harmattan Italia, 2004) e ha pubblicato il volume di saggi Il qui e l’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea (Ed. dell’Orso, 2011).
…..Selezioni di Sull’improvviso hanno conseguito il Premio InediTO – Colline di Torino 2020 e sono apparse sul Quarto e sul Quinto repertorio di poesia italiana contemporanea di Arcipelago Itaca (2020 e 2021).

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