“Depensamenti” di Donato Di Poce
(Eretica Edizioni)

La prefazione di Marco Ercolani

…..Sette sono le sezioni in cui si suddivide Depensamenti, il nuovo libro di aforismi lirici di Donato Di Poce: Aforismi (Acrostico); Trucioli di scrittura; Pettini d’amore; Segrete scritture; Aforismi sull’Artchitettura; Escribir (Scrivere); Depensamenti.

…..Ma che libro stiamo leggendo (o meglio scorrendo)? Si tratta di poesie che fingono di essere aforismi o di aforismi che si presentano in forma poetica?
…..Forse le due verità si integrano. Di Poce si avvicina alla scrittura breve non con il desiderio di pronunciare sentenze o di enunciare verità, ma come un bimbo che ogni volta reinventa il suo amore per le parole, perché solo nelle parole esplode l’autentico impulso vitale: “Scrivere è una necessità”, “Pensare m’impedisce di vedere / L’estremo pensiero nega l’estrema visione”; “La scrittura è molteplice e simultanea / La scrittura è sinopia del passato”; “A mano a mano che la vita si decompone / Il libro si accumula in trucioli d’emozione”. La sua risoluta e commossa ingenuità lo spinge a scrutare con chiarezza la propria poetica: “C’è una cosa che colpisce / Del fallimento della mia vita / L’illusione d’aver vissuto nella scrittura / Momenti abbaglianti di felicità”.
…..Gli aforismi di Donato Di Poce indagano il tema della felicità e della reciprocità, si gettano dentro questa gioia con immagini anche semplici, da bimbo che interroga la natura delle cose con entusiasmi assoluti: “Siamo una costellazione di dubbi / Galassie di solitudini invisibili / Che interrogano il mondo”. Scrive l’autore: “Cercavo tra i trucioli della scrittura / Una parola sola / La profezia silenziosa della poesia futura”; “La mia vita è un muro di silenzio / Una lavagna d’amore con scarabocchi di nulla / E cancellazioni di cenere / Alcuni le chiamano poesie / Ma sono solo esercizi di silenzio creativo”.
…..Di Poce insegue una volatile leggerezza che non arretra mai, ed esprime un pensiero semplice, sorgivo. “A parte la solitudine / La poesia non ha testimoni”; La scrittura frammentaria / Non è il linguaggio fatto a pezzi / Ma il tentativo di ricomporre / Attraverso la scrittura le vite fatte a pezzi”; “Tutta la mia scrittura è vita incompiuta / Tutta la mia vita è scrittura incompiuta”; “Ogni poeta vive nel terrore / D’essere scambiato solo per uno scrittore”.

…..L’autore è posseduto da un’idea: far crollare le percezioni comuni e riplasmarne di nuove: “La via per costruire una nuova Artchitettura / È destabilizzare la percezione della struttura”; “C’è un solo modo per spiegare un’Idea / Costruirla!”; “I cattivi progetti diventano misfatti Architettonici”. Di Poce insegue un’idea sfuggente, intangibile, della forma artistica. “L’Artchitetto è un costruttore / Che lavora con la materia, la luce e il vento / E traffica con l’immateriale per costruire idee”; “Quando un artista smette di scolpire forme / E comincia scolpire la luce / Smette di essere solo un artista e diventa un Artchitetto”.

…..Alla fine, quella che domina è la necessità di un poiein concreto, di un dovere costruttivo: “In ogni cantiere ci sono sempre un ingegnere e un architetto / Che spiegano a tutti cosa si deve fare / Poi guardano un muratore / Per vedere come si deve fare”.
E sempre ritorna, dominante, il pensiero di una poesia ansiosa di oltrepassare i limiti. “La parola è un abisso / Di semplicità, molteplicità e dispersioni / Il verso è un cosmo di silenzi e illuminazioni”; Bisogna spingersi oltre i limiti / Dell’essere e della scrittura / Solo dai margini del mondo / Si può ricucire ogni ferita ogni dismisura”.
Il poeta si assume il compito, rischioso, della visibilità di un’opera che vuole restare: “Scrivere non è circumnavigare il mondo / Scrivere è rendersi visibile / All’invisibilità del mondo”; “Mi riposo pensando / E scrivo vivendo”; “Scrivere non è circoscrivere / Scrivere è sprofondare nei vortici del vivere”.

…..Il poeta lo afferma rovesciando ironicamente il credo cartesiano: “DE PENSO, dunque sono!”. E l’oblìo del pensiero è strumento fecondo, felice. “Dimenticare il presente / È il solo modo che conosco / Per ricordarmi di costruire il futuro”.
Di Poce è ossessionato dall’idea di lasciare una traccia del suo non-pensiero poetico: una scia verbale che non rimanga circoscritta dai limiti del passato e dai confini del presente, ma che sia freccia sempre scagliata verso un futuro ancora da plasmare: “La pagina bianca per uno scrittore / È come la camera oscura del fotografo / Che attende una rivelazione, una luce permanente”; “Cos’è in fondo un poeta / Se non un archeologo delle emozioni / Che semina il futuro?”

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