Riprendiamo in mano, dopo qualche anno, “Il primo quarto di luna” (Einaudi, Torino, 1976, 96 pp.)
dell’ineffabile Giovanni Arpino: parabola di raffinata sublimazione, dove il protagonista fungerà probabilmente da spunto al Nichetti di Volere volare, entrambi ispirati dal Gatto sogghignante di Alice.

Arpino ci par di vederlo compulsare dizionari alla ricerca strenua di un ennesimo modo lambiccato e contorto per dare il turno di parola ai personaggi: rarissimi sono i disse, i rispose, gli aggiunse, e ancora più rari gli scambi verbali senza annotazione di chi stia parlando: troppo banali tali sistemi !
Il Nostro ci induce quasi a badar meno alla storia che alle sue creazioni di frasi ancillari, che anche in quest’opera raggiungono il sublime quando è l’uditore che viene indicato come recipiente della frase, piuttosto che il mittente. Un particolare rilievo hanno poi le annotazioni della difficoltà fisiologica a proferire i suoni.

Ripercorriamo capitolo per capitolo queste ideazioni arpiniane, segnalando che Gioachino (G.) è un pappagallo parlante.

Si preoccupò subito sua madre.
Si allontanò smuovendo le poderose terga.
Si gonfiò la madre in tutte le sue curve imbustate.
Dalla gabbia ancora ricoperta vennero le parole del pappagallo Gioachino, ritorte in secco cuoio (?!)
Fu il ringhio di risposta.
Cercava infatti di scaricarsi la donna (?!)
Rimasticò G.
Il vecchio Nino tossì in abbondanza prima di parlare. E poi tacque. Non sentiva venir su
gli argomenti giusti, ma solo grumi di catarro (…)
Esalò soltanto.
Infurentì G.
Fu subito rimbeccato (trattandosi di un uccello…)
Cogitò l’uomo con un ultimo colpo di tosse liberatorio.
Oppose, ma come parlando in solitudine (???)
Venne fuori il riso sottile del giovane
Si sentì in dovere G. dondolando
Dubitò il vecchio
Riprese a ridere dal cuscino
Lamentò
Digrignò
Volle riflettere il vecchio però con voce molto garbata
Squittì il medico
Imperversò il medico.
Sorrise.
Si allontanò l’avvocato (!)
La voce non cambiava malgrado nodi di rabbia
Resuscitò (ma chi? Lazzaro?!)
Gli modulò alle spalle, godendo, appoggiato alla scopa (…)
Si stringeva nella camicia da notte (?!)
Riuscì finalmente a riempirsi il bicchiere, tremando (meno male !)

S’inchinò l’uomo forzando il ventre già un po’gonfio.
L’uomo l’additò, odiando
Scuoteva la testa l’uomo.
Toccò a Saverio ridere.
Cancellò.
Arrotò ancora la lingua.
Emise voce.
Fu l’immediata raucedine.
Restò a braccia spalancate, occhi rotondi di stupore (ma và ?!)
Si era già rifugiato nella coperta. (come Linus ?…)
Si agitava l’uomo non sapendo più come frenare i piedi (ballo di San Vito ?…)
Tossì, felice.
Fu lesta a lamentarsi ad occhi chiusi.
Si decise a uno sbadiglio il medico.
Scattò la donnona.
Se la godette l’avvocato, una pudica mano sui denti finti (…)
Ripiegò la donna (e la mise in un cassetto?!)
Fu l’uscita improvvisa di Nino (ma quando rientrerà ?…)
Volle consolarla
Si era riseduta.
Si liberò sfregando impacciati fiammiferi (?)
Lo ignorò la donna.
Scese dopo aver frenato lungo il marciapiedi d’un lurido crocicchio (che postacci!)
Chiocchiolò subito una voce dallo spigolo opposto.
Tossicchiò la voce nel suo sbeffeggiare.
E quando parlò ebbe suoni lontani, come se nella gola gli si intrigassero nuvolaglie e gorghi sassosi (!!!)
Rise molleggiando sui ginocchi
Era già accorsa dall’angolo
Fuggì sbattendo tacchi faticosi (?)
Rispose meccanicamente
Molleggiava.

Sbadigliò, contento.
Ebbe la compiacenza
Gli girò le penne l’altro, già stufo.
Lo esaminava cupamente.
Subito dopo ebbe un risolino nasale.
Si ridusse la voce del vecchio, annuendo fermamente.
Additò il ritratto (!)
Gli grattò un orecchio l’avvocato (o glielo mozzò?…)
E di nuovo ridendo dal naso (???)
Respinse in un briciolo di ritrovata forza.
Frustò l’avvocato (siamo finiti in un club per sadomaso?)
Si contristò.
Con forza improvvisa l’avvocato spinse via il giovane, sbattendogli dietro la porta (ohibò!)
Mise nuova e più solenne mutria.
Le sprezzò.
Sollevò una palpebra G.
Levò il cipiglio
Osò.
Si umiliò.
Avanzò la mano svolgendolo.
Ebbe una smorfia.
Si ridestò.
Scrollò le spalle.
Socchiuse gli occhi.
Volle ritrarsi.
Uscì dal suo pettegolo agguato G.
Soffiò.
Gli diede corda.

Riuscì a voltarsi.
L’uomo si rinsaccò nelle spalle, ignorandolo.
Gli si strinse lei.
Lo sostenne.
Lo squadrò severamente.
Si allontanò (!)
Mitragliava ispessendo la lingua G. dietro il muro (…)
Sillabò da corde sabbiose ((???))
Ebbe appena la forza quella donna.
Perse la pazienza.
Smarrì subito forza il medico.
Si ritenne costretto il medico.
Batté le mani
Capì di doversi intromettere.
Lo aiutò.
Fu lesto ad aggrapparsi il medico (?)
Si dibatteva tra le risa.
Seguitavano ad accarezzarlo le dita dietro la nuca (?!)

Si beò.
S’allietò.
Respinse.
Liquidò.
Eruttò perdendosi in una giostra di bestemmie (!!!)
Ne risalì trionfante.
Non tacque G. incerto ma curioso (!)
Ebbe la presenza di scaraventare l’ultimo rimescolio di tanta emozione (sic)
S’era ripreso.
Venne l’acuto.
Si produsse.
Risalì lo strepito.
Non rinunziò.
Arrotò G.
Non smise.
Lo accolse nell’androne, pronta a sorreggerlo (?!)
Fu la rabbia.
Non depose il suo risentimento (…)
Si disgustò.
Agitò le mani.
Contrastò, ma stanco.
Si interessò l’altro.
Mostrò i denti (…)
Compì una giravolta (!)
Si risvegliò poi un attimo.
Gli sorrise.
Volle divertirsi.
Cercò di recuperare.
Si concesse con godimento (vivaddio!)
Si spaventò l’uomo.
Fu il lungo respiro.
Si sollevò un poco dal cuscino.
Si accentuò lo strepito di G. solitario.
Balzò dal letto.
Sopravvenne decisa la voce dalla cucina.
Si muoveva svelta.
Se la godette (di nuovo?!)
Finse un sobbalzo (?)
Piroettava (?!)
Riuscì di nuovo a ridere con lontane, tiepide dolcezze nelle parole (…)
Si ritirò tra le lenzuola (detumescenza?)

Irrise.
Indicò.
Fu lesto a rispiegare la pagina.
Venne fuori.
Volle rimirarla in lungo e in largo il vecchio (chi? Susanna?!)
Suonò carica di argenti la domanda (?!)
Si alzò.
Dubitò, svagato.
Si divertì ruotando sul cuscino (?)
Lo accarezzò lei.
Rise forte lei.
Giudicò in un sospiro.
Finse offesa.
Ondulò i ginocchi sotto le lenzuola (?)
Si era irrigidito.
Intuì.
Fu il respiro.
Ebbe un mormorio lieto.
S’era sgonfiato il vecchio con un ultimo ansito. (Berlùsca?!)
Rinvenne G.
Recalcitrò la gola affaticata (solo a un fumatore incallito come Arpino poteva venire in mente)
Confuse G. (e G. è soggetto di confuse!)
Voltava carte con aria sussiegosa.
Si concentrò.
Ripiegò arrossita sulle carte.
Fu lesto a ghignare il vecchio.
Impazzì ferocemente G. in grandi stridori del becco.
Si espresse all’impiedi, eroica la sua raucedine (ancòra!)
Apparve dallo spiraglio dello stanzino (…)
Si piegò in avanti il giovane (…)
Sogguardava (?)
Congetturò.
S’appoggiò al muro (…)
La voce uscì stridula per uno sforzo troppo grande (c.v.d.)
Osò appena.

Si nascondeva.
Le venne da Saverio.
Riuscì a ridere.
Parve commuoversi.
Si addolcì.
Le fece cenno (…)
Pensò più che dire (?!)
Scuoteva il capo (?)
La derise.
Suonava la protesta.
Perse la pazienza.
Fu redarguito con voce ispirata.
Si riscosse un attimo.
Fu lo scatto.
Si fece forza.
La beccò (e non è Gioachino questa volta!)
Si era trascinata su una seggiola, il gran petto pericolante dentro uno scialle (forse il capolavoro!)
Godeva, ma senza sapere dove posare gli occhi (chi? Edipo?!)
Si era già arreso dietro un intisichito sorriso di paura (disintisichisciti!)
Ripigliava fiato (ecco: così!)
Si inalberò, però dubitosa.
La cancellò.
Scelse ogni parola per districar la lingua (!)
Si premurò.
Si intenerì.
Si deluse il vecchio (verbo riflessivo?!)
Già piangeva la donna.
Si dispiacque, con un filo di voce lontanissimo.
Ebbe ardire la donna.
Venne come carezza il sospiro.

E in effetti, dopo questa lunga cavalcata con le ancelle-valchirie di Arpino, abbiamo bisogno di essere blanditi da sospiri carezzevoli!

M. M.

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