PERCHE’ LA FANTASCIENZA SI RELEGA IN SERIE B

Per amor di collezionismo, delle passioni giovanili e di certa ricerca proustiana-montaliana del tassello mancante o dell’anello che non tiene, sono approdate in casa, dopo mezzo secolo, le tre ponderose antologie di fantascienza curate da Fruttero e Lucentini per conto di Mondadori: “Universo a sette incognite” del 1963, ”L’ombra del 2000” uscita nel ’65, e “Il passo dell’ignoto” nel ’72.

Autori mitici del panorama fantascientifico dei decenni precedenti, le ghiotte copertine di Ferenc Pintér, trame e argomenti divenuti ormai attuali o addirittura superati, eppure il piacere della lettura adolescenziale non è più: la fantascienza, eccettuata una manciata di scrittori e di testi, è davvero da iscriversi nella serie B della letteratura di genere.

E a convincerci vieppiù di questo fatto bastano i primi due racconti della terza antologia: “L’odissea del volo 33” di Rod Serling del ’61 e “Luce di giorni passati” di Bob Shaw del ’66.

Il primo, letto quest’oggi, da un lato si è rivelato un autentico tassello che torna a posto, diciamo 55 anni dopo: è la breve ma angosciante avventura di quell’aereo che, sbucato dalle nuvole per atterrare a New York, vi trova una giungla coi dinosauri e allora ritenta il corridoio spazio-temporale e la città riappare, ma è quella di prima della guerra e così via, fino a esaurimento del carburante.
Il racconto fece da soggetto a un telefilm della serie “Twilight Zone” = “La Zona della Penombra (o del Crepuscolo)”, che alla TV italiana andò sotto il titolo di “Ai confini della realtà”. Dall’altro è un attentato al lettore, da parte della improvvida traduttrice Eladia Rossetto e degli stessi Fruttero e Lucentini, curatori, che non si curarono di controllarla; infatti, a pagina 3, decima riga del testo si legge questo obbrobrio: “Semplicemente, il volo 33 e ciò che gli succedette – o non succedette – è qualcosa che fa venire i brividi”. Anche a noi: sono i monarchi che si succedono!

Alla pagina successiva colei colpisce ancora: “Chiamatelo, se volete, superstizione, residui di magia nera. Consideratelo pure una forma di quel bizzarro misticismo inconfessato che serpeggia (…). E considerare il tutto inadeguatezza traduttiva?

Attribuibili all’autore invece una smargiassata a pag. 4: “… un pilota di 45 anni, con al suo attivo diverse centinaia di migliaia di ore di volo”. Sarà per questo che si perse nello spazio-tempo! E un lapsus tra famigliari a pag. 9: “Avevo una zia nell’Idaho. Sua madre, però… la sorella di mio padre”. Qualcosa non quadra.

Del racconto successivo, costellato di refusi, citiamo solo il primo, a pag. 23, dove il titolo del racconto originale riporta il termine ‘luce’ = Light, scritto Ligth, classica ortografia da liceale italiano insipiente.

M. M.

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