“L’INGLESE AGLI INGLESI”
E’ LA RUBRICA SEMPRE NEGATIVA A QUALSIVOGLIA TAMPONE

..Gli anglicismi, nella lingua italiana parlata e scritta, sono sempre più invasivi: proliferano e si moltiplicano allo stesso ritmo del Covid-19 nei suoi momenti di peggiore infettività e, altrettanto democratici, non risparmiano alcun ambiente e nessuna categoria.
…..Il pessimo esempio nasce nel mondo della politica, immediatamente seguito da quello dell’informazione: tutti gli altri arrivano a rimorchio, acritici imitatori di un linguaggio imbastardito, vittima del solito, provinciale snobismo italiota.

…..I termini oggi più inflazionati, come ben sapete, sono: lockdown, smart working, covid free, fake news, sperad, meetup, know how, election day, competitor,  ecc…, inglesismi la maggior parte dei quali potrebbero esserci risparmiati perché il corrispettivo italiano c’è; eccome se c’è. Costa troppa fatica, ai nostri brillanti statisti, dire “riforma del lavoro” invece di jobs act? Oppure parlare di revisione della spesa piuttosto che di spending rewiew?

…..Ma non sembra che il problema consista in un minimo risparmio di sillabe, soprattutto considerando il fiume di parole con cui ci sommergono quotidianamente, veritiere o meno che siano. No, il punto sta piuttosto nella vana pretesa di far credere al popolo italiano che loro – politici nostrani, giornalisti, manager di alto bordo – hanno un piglio internazionale capace di surclassare perfino Elisabetta II, avvezza da sempre a dialogare con i ben 54 Stati del Commonwealth. Peccato che appena arrivati fuori porta, appena catapultati nei seri contesti internazionali, proprio i maggiorenti italiani siano coloro che collezionano le peggiori figure da zotici di tutto il globo terracqueo.

…..Poiché la tendenza – ahinoi – sembra ormai irreversibile, ai comuni e rari mortali non ancora colpiti dal virus dell’anglismo, non resta che fuggire di fronte al contagio: e occorre farlo a gambe levate, inseguiti come sono da un’orda di infetti che, nella brama di non essere da meno dei miseri maestri, infarciscono le loro allocuzioni d’inutili, sciocchi, ridicolmente forzati vocaboli come “contest” (competizione, concorso), “meeting” (riunione, convegno), “brainstorming” (libero confronto di idee), “lifestile” (stile di vita), “background” (formazione culturale, sociale, psicologica), “marketing” (commercializzazione, distribuzione), “overview” (panoramica), “low-cost” (basso costo), “target” (fascia di pubblico) e via dicendo. Anzi no: via delirando, ma sia chiaro; in modo molto, molto, ma moltotrendy“.

…..Essere attuali, insomma, non è affatto un demerito; tutt’altro. Rendersi innaturali e artefatti; ostentare conoscenze appena appiccicate al nostro eloquio per ‘sembrare’ attuali, invece, è tristemente stupido. Ergo, poiché siamo tutti abituati, per esempio, a frequentare parrucchieri o barbieri sin dai tempi dei nostri nonni, forse è bene continuare così, evitando azzardate esperienze con gli “hair stylist” o illudendoci di somigliare a Charlize Theron dopo un trattamento dal “makeup artist” invece che dalla solita, fidata truccatrice o estetista; non credete?

A/6

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