L’INFRADITO

Sempre duro mi fu quest’aspro callo,
E quest’unghia, che proprio in punta
Dell’estremo alluce il dardo induce.
Ma imprecando e ansimando, indicibili
Spasmi di là da quella e insopportabili
Strazî, e agognatissima requie
Io nel plantar mi spingo; ove per gioco
Il piè non sente nulla. Ma come il passo
Devo invertir tra queste pietre, io questo
Infradito santo a quel dolore
Vo frammischiando: e mi sovvien l’altr’anno,
E le vecchie stagioni, e l’attuale
E vispa, e il tuon di lei. E pur in questo
Bugigattolo s’incastra il dito mio:
E il bestemmiar m’è balsam a questo male.

M. M.

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