“The presence of things past” di John Taylor
October 13, 2020 – $ 20 Tradepaper
ISBN: 978-1-58654-106-4
Vendita e recensione: Red Hen, Bookshop, Barnes & Noble:
https://redhen.org/book/the-presence-of-things-past/

@@@

“Homecoming”

…..I had been there twice, but by now so many years had gone by that I had to ask the girl in the office where it was. She gave me a concerned look, and I felt embarrassed, then she opened a large register. She confirmed the first name, looking up at me in the same way, then took a small card and wrote numbers on it. She handed me the card, a map, leaned over the counter; with the tip of her pencil she showed me where the entrance was. Then she traced a line along the road I would have to follow.

…..It will be right in here somewhere,” she concluded, scribbling in a dot on the map. “Do you have a car?”
“No, I don’t.”
“Walking?”
“Yes.”
…..I stood there for an instant, for I expected her to add something.
…..But she turned, sat down at the wooden table in the corner, picked up a small stack of bills, receipts, began sorting them. I left.
…..It was a sunny, chilly November morning. I walked around the outside of the office, crossed the parking lot, then headed down a winding road. Soon a pond appeared on the left, where two little girls and a man were trying to launch a paper boat. I watched them, knowing why they had come. One of the girls, upset about something, marched off; the man quickly left the other girl, ran after her.
…..The road twisted back in the other direction, entering a grove of trees. Tiny metal markers had been stuck in the ground; I took out the card, looked at it, then at the map, kept walking. Under my shirt and sweater I could feel the sweat cooling; I shivered. I had already walked from 39th and Grand, up Polk Boulevard, over the expressway. I zipped up my jacket, knotted my scarf. There was a little wind, a north wind.
…..In the distance workers, a truck; I heard the sound of a machine. Squirrels chasing each other, leaping from branch to branch. As I approached they froze, yet seemed to tremble; I slowed my pace so as not to frighten them.
…..Finally the sign I was looking for: “Block 29.” I walked off the road, onto the grass.
…..Dead grass, soon to be covered by snow.
…..I now recognized everything. We had chosen the site because of the pine tree; there it was, not as tall as I had remembered, but broad, flat-topped, like a cedar. I thought of Lebanon, an automatic thought, a fact memorized at school, Franklin Junior High, just down the street, a fact for me as durable as my lifetime, a distracting fact which now brought relief.
….I laughed to myself.
…..And there was the noise of the machine striking the earth, of workers shouting; a small bird darted past, up into the bare branches of a distant tree. All this is beautiful, I thought, death necessary for it to be so. At the same time I started crying.
…..I tried to pull myself together, to breathe deeply, an old habit. It was my mother who had taught me.
…..When things get tight,” she would say, “take a deep breath.
…..So I took one, gathered courage for the last steps.
…..The dead grass; the cold, spongy soil.
…..July 14, 1927—October 19, 1981. My mother’s life.
…..I squatted over the damp, cold earth, reached out, and gently touched her tiny marble grave.

…..John Taylor
(from “The Presence of Things Past” (Story Line Press, 1992 / Red Hen Press, 2020).

@@@

“RITORNO A CASA”

– Traduzione di Marco Morello –

…..C’ero stato due volte, ma ormai erano passati così tanti anni che dovetti chiedere all’impiegata dove si trovasse. Lei mi dette un’occhiata preoccupata, al che mi sentii imbarazzato, poi aprì un grande registro. Confermò il nome di battesimo, guardandomi nello stesso modo, poi prese una piccola scheda e ci scrisse sopra dei numeri. Mi diede la scheda, una mappa, e, sporgendosi sopra il bancone, con la punta della matita mi mostrò dov’era l’ingresso. Quindi tracciò una linea lungo il tragitto che avrei dovuto seguire.
…..La troverà da qualche parte qui,” concluse, scarabocchiando un puntino sulla mappa. “ha la macchina ?”
“No.”
“Ci va a piedi ?”
“Sì.”
…..Indugiai per un momento, perché mi aspettavo che aggiungesse qualcos’altro.
…..Ma lei si voltò, si sedette al tavolo di legno in un angolo, prese una piccola pila di bollette, delle ricevute, iniziando a suddividerle. Uscii.
…..Era un mattino di novembre soleggiato e gelido. Feci un giro intorno all’ufficio, attraversai il parcheggio, poi mi diressi verso una stradina tortuosa. Subito apparve uno stagno sulla sinistra, dove due ragazzine e un uomo stavano cercando di varare una barchetta di carta. Li guardai, sapendo perché erano venuti. Una delle ragazze, turbata da qualcosa, si allontanò impettita; l’uomo lasciò subito l’altra ragazza e le corse dietro.
…..La strada tornava indietro nell’altra direzione, entrando in un boschetto. Minuscoli segnali metallici erano stati piantati nel terreno; tirai fuori la scheda, la guardai, poi la mappa, e ripresi a camminare. Sotto la camicia e il maglione sentivo il sudore raffreddarsi; rabbrividii. Avevo già camminato dalla Trentanovesima e Grand, su per il Viale Polk, oltre la superstrada. Chiusi la lampo della giacca e mi annodai la sciarpa. C’era un po’ di vento, un vento del nord.
…..In distanza degli operai, un camion; udii il rumore di un mezzo meccanico. Due scoiattoli si inseguivano, saltando di ramo in ramo. Mentre mi avvicinavo si immobilizzarono, però sembravano fremere; rallentai per non terrorizzarli.
…..Infine il segnale che cercavo: “Campo 29.” Uscii dalla strada, sull’erba.
…..Erba secca, che sarebbe stata presto coperta dalla neve.
…..Ora riconoscevo ogni cosa. Avevamo scelto il posto per via del pino; eccolo, non alto come me lo ricordavo, ma ampio, con la sommità piatta, come un cedro. Pensai automaticamente al Libano, un fatto memorizzato alla Scuola Media Franklin, appena in fondo alla strada, un fatto per me durevole come tutta la mia vita, un fatto sconcertante che ora mi portava sollievo.
…..Risi fra me e me.
…..E c’era il rumore della macchina che colpiva la terra, degli operai che gridavano; un uccellino sfrecciò via, verso i rami nudi di un albero distante. Tutto questo è bello, pensai, la morte è necessaria perché lo sia. Allo stesso tempo iniziai a piangere.
…..Cercai di riprendermi, di respirare profondamente, una vecchia abitudine. Era stata mia madre a insegnarmela.
…..Quando le cose si fanno difficili,” diceva, “prendi un respiro profondo.”
…..Così ne presi uno, facendomi coraggio per gli ultimi passi.
…..L’erba morta; il suolo freddo e soffice.
…..14 Luglio 1927 – 19 Ottobre 1981. La vita di mia madre.
…..M
i sedetti sulla terra fredda e umida, mi allungai e accarezzai la sua piccola tomba di marmo.

***

 

CONDIVIDI