LA CALMA IMPAZIENZA DI RENATO PENNISI
(Interlinea, Novara, 2019)

 

Renato Pennisi è nato a Catania nel 1957 dove esercita la professione di avvocato. Vincitore del premio Eugenio Montale nel 1986. A questo riconoscimento è seguita una lunga e ricca carriera di pubblicazioni non solo di opere di poesia, ma anche di narrativa e teatro in lingua e in dialetto. Insomma un autore importante, versatile saldamente ancorato alla “tradizione” novecentesca, ma capace di cogliere lo spirito dei tempi che via via ha attraversato. Un autore quindi con una sua precisa identità culturale, letteraria che si spende con coerenza ed efficacia anche in questa nuova raccolta “L’impazienza”.

Come è nelle corde dell’autore, il paesaggio, l’ambiente della Sicilia sono montalianamente protagonisti con simboli, allusioni, descrizioni, ma soprattutto con scarti ed irruzioni linguistiche raffinate ed eleganti. La raccolta è costruita attorno ad alcuni nodi portanti: la dolente riflessione sulla transitorietà del tempo e della vita; la necessità di raccontare di storie, genti, incontri, luoghi, affetti; la dimensione esistenziale e filosofica, mediata poeticamente, che penetra con la leggerezza del bisturi nella carne delle nostre necessarie imperfezioni.
Ma il libro è anche una riflessione sulla funzione della parola, sul ruolo del linguaggio poetico che appare “lo strumento” fondamentale per restare in piedi, saldi nella nostra imperfezione, sulla “linea di confine” tra la “terrà dell’amor proprio/ e terra che devi costruire”. Senza retorica, ma con lucidità, il poeta si mette a distanza per meglio vedere le cose che, reattive, tentano ci trascinarlo nel loro gorgo.

Non inganni il titolo: il tema non è la “fuga in avanti del tempo, l’umana impazienza di crescere, capire tutto e subito della vita”, ma è il tema opposto, la pazienza “che occorre e soccorre di necessità quanto più acuta e malinconica è la meditazione, il ragionamento… incessante la cerca delle sedimentate pagine del tempo e della storia; ché il tempo qui non si dà nel significato di infinito, piuttosto quello minuto cui apparteniamo, il tempo piccolo che avanza veloce, e accatasta gli avvenimenti giorno dopo giorno”. (Maria Gabriella Canfarelli).

Ma, a mio modo di vedere, la poesia di Pennisi nasce nel mezzo di questa tensione tra distanza e vicinanza, tra impazienza e bisogno di tregua.
Certo non è la prospettiva che inquieta: è il suo svanire, perché nel divenire si nasconde il suo contrario. Allora il ricordo, l’afflato della memoria degli affetti prende il suo spazio cui il poeta non si sottrae ed affrontando fantasmi, desideri, deserti e piazze affollate di pensieri.
In questa dialettica s’inerisce, come detto, poi la questione del linguaggio sul quale il poeta sviluppa nei suoi versi una riflessione specifica (“il reticolo del linguaggio/mi respinge/ trama oscura/ciò che riporta a malapena/interessa me e la platea…”) che implica in prima persona il ruolo del poeta stesso. Poesia etica quanto lirica, densa ed intensa quanto disincantata, poesia melanconica ma fieramente piantata nel centro della parola, con questa raccolta Pennisi si conferma poeta navigato, che ripercorre sentieri battuti dalla brezza di un linguaggio poetico consolidato.

Stefano Vitale

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La citta cresce nei cerchi concentrici
gironi, piazze improponibili, quartiere
mentre la volontà si assottiglia
ognuna dell’altra immagine riflessa.

Faticoso inerpicarsi da purgatorio
dove s’è dimenticato tutto
perché questo nodo di vie non ha origine
un nulla nato da se stesso.

La notte è un chiarore di madrepora
i passi vanno allentandosi.

***

Il paese delle sterpaglie
pochi alberi, caseggiati
sui costoni impervi
luoghi che la solitudine li esaspera
e nella tranquillità galleggiano
le parole
una ricchezza dilapidata.

Sono preferibili
-per quanto ci abbia messo
tutta l’attenzione possibile –
le cose non evocano
perché morire è sparire
dalla pagina, l’angolo piegato
la parte migliore
del libro, indiscutibilmente
lo sanno tutti dall’altra parte
del mare.

***

Abbaglia il bianco della pagine
copre la vicenda da raccontare
s’annulla tutto per un attimo
così è stato scritto.
Un frammento di qualche ragionamento
qualche sillaba racchiude
la terracotta, l’incisione
che c’è un angolo con carte
e parole mai lette
salve dal nostro occhio impostore.

***

Il reticolo del linguaggio
mi respinge
trama oscura
ciò che riporta a malapena
interessa me e la platea
poggia sull’aria indocile
gracile eternamente
neri orchestrali attoniti
dall’attenzione
dalla misura lontani
indocili
che un soffio lo solleva.

***

Rimane racchiusa begli oggetti
la piccola età irraggiungibile
la tua la vedi scorrere nei figli
una dote che prodiga si consuma
quel giocattolo, quel libro
quella cartolina da Firenze
la raffigura.

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Note sull’Autore

Renato Pennisi è nato a Catania nel 1957, dove esercita la professione di avvocato. Vincitore del “Premio Eugenio Montale” nel 1986 per la poesia inedita con la raccolta Letture senza spartito, poi inserita nell’antologia 7 Poeti del Premio Montale (Scheiwiller, Milano 1987), ha successivamente pubblicato i libri di poesia La correzione del saggio (nota di Arnaldo Colasanti, Tringale, Catania 1990)Mai più e ancora (premessa di Silvana La Spina, Edizioni l’Obliquo, Brescia 2003)La notte (presentazione di Giovanni Tesio, Interlinea, Novara 2011).
E’ anche autore dei libri di poesia in dialetto siciliano Allancallaria (premessa di Corrado Peligra, Prova d’Autore, Catania 2001), La cumeta (premessa di Franco Loi, Edizioni l’Obliquo, Brescia 2009), e Pruvulazzu (nota di Giovanni Tesio, Interlinea, Novara 2016); e dei romanzi Libro dell’amore profondo (Prova d’Autore, Catania 1999), La prigione di ghiaccio (ivi, 2002) e Romanzo (nota di Gualtiero De Santi, ivi, 2006).
Per il teatro ha scritto Oratorio di resurrezione (Edizioni Novecento, Mascalucia, Catania 2015).

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