“GRAN TEATRO ITALIA. Viaggio sentimentale nel paese del melodramma”
di ALBERTO MATTIOLI
(Garzanti, Milano, 2023)
…..“Il teatro è la cattedrale, il municipio, la biblioteca, la piazza, il ristorante dell’anima”. E con questa autocitazione di Alberto Mattioli posta sulla quarta di copertina del suo ultimo libro, potremmo dire di aver detto tutto. Certo anche il sottotitolo dice molto, specie l’aggettivo “sentimentale”. Perché questo libro è un’ulteriore testimonianza dell’amore, della passione e della fede e devozione che Mattioli ha per il Teatro e per l’Opera Lirica.
…..Alberto Mattioli è notissimo, sia al grande pubblico dei giornali (per il suo storico giornale “La Stampa” non si è occupato e non si occupa solo di teatro lirico) che a quello dei frequentatori (più o meno esperti) dei teatri musicali italiani ed internazionali. Pertanto chi lo segue, lo conosce e lo apprezza sui media per sua bravura critica, raffinatezza di giudizi, eleganza di scrittura, ma anche per la sua schiettezza, coerenza e autenticità, in questo libro non potrà che ritrovare quell’Alberto Mattioli che in tante occasioni (saggi, conferenze, articoli, trasmissioni televisive, conversazioni più o meno formali) ha già potuto apprezzare.
Magari ci sarà chi non sarà sempre d’accordo con il suo punto di vista, ma almeno Mattioli ce l’ha un punto di vista e lo sa esprimere e condividere senza timori reverenziali, senza reticenze. E, appunto, sempre con garbo divertito, lucidità raffinata, ironia caustica se necessario.
In questo senso, il libro può permettere, a chi non lo conosce ancora, di scoprire la sua penna notevole, capace di coniugare la competenza profonda della sua materia (l’opera lirica e tutto ciò che direttamente o indirettamente la riguarda) con una folgorante e sfavillante capacità di comunicare e coinvolgere il lettore in un viaggio che, se per lui è “sentimentale”, per il lettore può essere una sorta di scoperta del ruolo che ha avuto ed ha ancor oggi il Teatro Lirico come spazio fisico e mentale, come scenario della Storia, come rappresentazione della Cultura italiana e non solo. Mattioli non è un enologo astemio: lui l’opera ed i teatri li vive davvero e qui ce ne dà una ennesima dimostrazione.
…..Il viaggio che ci propone attraversa le città e i luoghi dei principali teatri italiani: Milano, Torino, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Verona, con un occhio speciale poi per l’Emilia Romagna, terra d’elezione della lirica oltre che regione nativa dell’autore. Da non dimenticare poi il capitolo dedicato alle Marche, patria di Rossini e regione ricca di piccoli, ma importanti teatri e il capitolo finale, a sorpresa, dedicato a Siracusa dove l’opera lirica non si fa, ma c’è la tragedia greca che permette di “essere qui, testimoni di un rito antico quanto l’uomo, sempre uguale e sempre diverso: il teatro, parlato cantato ballato non importa, l’invenzione più alta concepita per raccontarci” (pag. 170)
…..Essere storia, comunità popolo, fratelli: ecco a cosa serve il teatro e l’opera lirica per Mattioli. Per questo però ogni capitolo è un ritratto complesso composto da più strati e livelli: c’è quello autobiografico ma c’è anche un livello storico più ampio che può riguardare il Teatro stesso, la città o alcune importanti vicende che lo hanno coinvolto. Poi c’è sempre un livello strettamente musicale che può riguardare l’evoluzione e le fasi di programmazione di quel teatro, gli interpreti delle diverse opere alternando giudizi estetici ad episodi di cronaca culturale. C’è l’attenzione per il paesaggio e la scoperta del territorio, nel senso che i teatri sono di per sé qualcosa di bello, dei monumenti che sarebbe sempre fondamentale visitare, conoscere e vivere, e al tempo stesso sono inseriti in un paesaggio storico- culturale che li caratterizza e di cui sono testimonianza.
…..Nel capitolo dedicato alle Marche troviamo poi espresso un concetto fondamentale: “…un tour fra i teatri storici della regione vale il viaggio. Se non altro, per ricordarci una volta di più che i confini della civiltà coincidono con quelli del teatro. Dove arriva l’una c’è altro, e viceversa. (pag. 135).
…..Ecco, per Alberto Mattioli il teatro, specie in Italia, non è un semplice luogo di spettacolo, una bella copertina esteriore, un guscio vuoto. I teatri sono da sempre e ancor oggi il fulcro della vita civile e culturale di una città e vivere i teatri significa cogliere una pezzo importante della vita sociale, economica, storica del Paese.
…..Mattioli sa bene che questo ritratto, questo specchio può essere anche parziale e, benché i teatri fossero concepiti per ospitare tutte le classi sociali (cosa ancor oggi possibile e auspicabile, sebbene di non facile realizzazione), finisce per riguardare prima di tutto quella che una volta avremmo definito la classe dirigente di un Paese, la parte via via nobile, borghese, industriale, colta e che, come spesso accadeva ed accade, si credeva tale. Ma Alberto Mattioli sa anche che tutti gli altri, coloro che non sono nobili, borghesi, industriali, colti e magari sono solo turisti che hanno acquistato una emozione “all inclusive”, hanno a che fare col teatro e col Paese che quel teatro rappresenta.
…..Diciamo questo perché Mattioli non ha timori nel descrivere le idiosincrasie, il declino, le contraddizioni, gli errori antichi e attuali delle città che si riflettono nei vari teatri e con esse quelle dell’italica societas. Le scelte artistiche non sono mai casuali, ma il frutto di un contesto, di una storia più o meno consapevole, di scelte politiche talvolta, di abbagli e lotte di potere.
…..Insomma, malgrado il taglio giornalistico, l’approccio narrativo, il piglio divertente e divertito non aspettatevi un libro asettico, neutrale. Mattioli, come sempre, dice la sua e lo fa con chiarezza. Certo non possiamo pretendere che le questioni si approfondiscano tutte, ma questo resta comunque un saggio di sociologia della cultura, o se volte di antropologia culturale molto significativo e interessante. Lo studio del costume, dei gusti, delle abitudini del pubblico dell’opera collegati alle vicende sociali, economiche delle città e del Paese fa parte del gioco che Mattioli ci propone. E come tutti i giochi, è molto serio dietro l’apparente leggerezza che, come insegnava Italo Calvino, ci permette di innalzaci al di sopra delle vicende umane e di guardare dall’altro il panorama della vita.
…..In questo libro, che come detto è un racconto lieve, c’è la fondamentale attenzione a non imbalsamare il teatro in una zona franca fuori dal tempo. Il pubblico cambia, è cambiato, così come cambia ed è cambiata la messa in scena delle Opere Liriche che ci raccontano chi siamo, i nostri sentimenti, le passioni, le malvagità, i difetti. L’idea di Alberto Mattioli di raccontare l’Italia partendo dai suoi teatri non è quindi niente affatto peregrina.
…..Stefano Vitale
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