“Bendetti e bruciati” di Roberto Chiodo
(Impressioni Grafiche, Acqui terme (Al) 2021)

…..“E’ figlio del suo tempo, Roberto Chiodo, e interprete delle contraddizioni interne di una generazione all’ombra che cerca un senso nella costruzione di una realtà incapace di sentire se non per approssimazione e in modo opaco: una realtà fedele a se stessa dove spesso nulla accade o ritorna. La sua poesia è bulimica, si nutre di vita, dell’intorno delle azioni minime, ripetute, talvolta in modo ossessivo, e nella vita riversa la frammentazione di una parola poetica che si dà a strappi, latenze, come per corrodere e placarsi proprio mentre cerca una verità che sfugge e lascia orfani”.

…..Questo scrive Ivan Fedeli in una delle due prefazioni e coglie nel segno perché in effetti la poesia di Roberto Chiodo si colloca in uno spazio poetico in cui, si sarebbe detto qualche decennio fa, il privato è pubblico ed il pubblico è anche privato. Chiodo propone una lettura della realtà attraverso la poesia che è soprattutto realtà segnata dal modo soggettivo di viverla e questa soggettività è immediatamente politica nel senso che rivela e chiama in causa le forse, le speranze, le idee che l’hanno caratterizzata.

…..I testi testimoniano, è il caso di dirlo, del disagio vissuto dalla soggettività nel confronto inevitabile con la Storia. Che però è letta dall’osservatorio del punto di vista dell’esperienza personale. Nulla di epico quindi, piuttosto un diario intimo in cui si inseguono e da cui emergono rimpianti, nostalgie, speranze. “Benedetti e bruciati” è un canzoniere della precarietà in cui è stata spinta una generazione, o per lo meno una parte di quella generazione: quella che doveva e desiderava trovare un proprio posto nel mondo attraverso l’ipotesi di una società diversa, più giusta e non perché i padri avevano uno studio o una professione già avviata.
Giovani ora più vecchi senza eredità, ma con la certezza di aver inseguito dei sogni in uno spazio, quello della provincia, “dove non succede mai nulla”. La provincia può essere anche un mito letterario, un topos strumentale: in Chiodo è una realtà che brucia e benedice le coscienze.

…..La vita quotidiana entra nella poesia di Chiodo non come siparietto della memoria melensa o peggio, come sound scontato di una poesia didascalica, programmata. Essa è invece lo spazio-tempo del disincanto, della disillusione dinnanzi al Tempo che, come spesso accade, non ha mantenuto le sue promesse. E questo vale per la dimensione storica, politica, come per la dimensione personale, affettiva. C’è nei testi un continuo rincorrersi e richiamarsi di forme di “poesia civile” e “poesia intima”, ma il tono, il timbro e il colore poetico restano gli stessi, come se tra le due dimensioni non vi fosse soluzione di continuità.

…..Sul piano stilistico è stato notato che vi sono dei riferimenti persino alla canzone d’autore, a quella sorta di colonna sonora generazionale che ha sostenuto appunto speranze e illusioni del recente passato degli ex-giovani. E’ certamente così: ma a mio modo di vedere l’anima musicale del libro sta piuttosto nel ritmo rap-blues che spesso innerva e valorizza le pagine poetiche di Chiodo. Cosa che lo ricollega, più o meno consapevolmente poco importa, a certa poesia americana. I toni dolenti, la rabbia che esplode, il silenzio che malinconicamente emerge anche nei momenti di apparente trascinamento collettivo, il ritrarsi nel privato degli affetti più o meno felici, l’ironica lettura delle relazioni d’amore sono tutti toni e temi che rinviano ad un ritmo blues. Un ritmo spezzato, battente che solleva i testi oltre quella “vita di provincia”.

…..Il linguaggio di strada” come lo ha definito Carlo Prosperi, che spesso caratterizza queste poesie assume così un significato letterario ben preciso: quello di essere il linguaggio di un modo di vivere che cerca una coerenza tra interno ed esterno, tra realtà e soggettività, tra storia personale e vicende sociali.

…..Ma va detto che il rischio del “piangersi addosso” viene evitato quasi per miracolo da una piena assunzione di responsabilità: Chiodo non scarica il barile sul fato malandrino o sui capitalisti cattivi. Roberto Chiodo è consapevole che c’è stato un tempo in cui “essere contro” era anche comodo e forse anche una forma di rinuncia preventiva: una “comoda necessità” come lui stesso scrive in una bella poesia (Numero 48): “Il cammino senza idee/ quel restare indietro/ in una sola stagione/ per una sola tentazione o ragione.” (pag. 80) . O come scrive nella numero 41: “… mi rimprovero spesso/ questo essere borghese/anarchico/ di chi vive/ la rivoluzione/ nei boulevards lunatici/ tra le verdi tazzine di te/ e chi si innamora nei giorni feriali” (pag. 68).

…..Il diario esistenziale che è questa raccolta di 75 poesie (senza titolo se non appunto quella della numerazione progressiva, come per le strade in America) ci immerge nel mondo poetico di Roberto Chiodo, un modo fatto di letture e riferimenti importanti: Merini, Caproni, Pessoa, Ferlinghetti che lo tengono lontano dal “misticismo montaliano”. Ma alla fine è nella poesia, nel canto che Chiodo trova una consolazione. Non certo un riscatto: quello fa parte di mondi che restano sempre lontani. Il mondo di Roberto Chiodo è qui, adesso: un mondo dal quale ogni forma di trascendenza è bandita, un mondo che si muove al ritmo spezzato delle sue poesie. E noi con lui, persino

…..Stefano Vitale

@@@

A confondere segni e agonie
speranze di intere generazioni e di errate
considerazioni.
Il cammino senza idee
quel restare indietro
in una sola stagione
per una sola tentazione o ragione.
L’offerta e il perdono
la mano tesa
in una scomoda necessità
di discutere di cose inutili
di paure immotivate
delle domande sul bene e sul male
a nessuna ora in nessun luogo
come figure senza orizzonte.
Un giorno sarà tutto a posto
Sarà un giorno qualunque.

Amo le coincidenze
lo spleen la disobbedienza
chi mi somiglia ancora
chi mi somiglia per niente.
Quel volere abitare
una vita senza dei
a chiudere moschee
ad aprire biblioteche.
Ateo nei giorni dispari
come uomo curioso
tra percorsi soggettivi
e sfumature
le tue attenzioni
e un bacio appeso a un filo
che mi tiene compagnia.

A te affiderò
quel disamore
che conduce
alla protesta
quell’intendersi
senza sapere il perché.
A te affiderò
i frutti acerbi di marzo
i francobolli conservati
i miei sentieri
l’indifferenza
e gli altri argomenti.
A te affiderò
quella realtà precipitata
che ci conduce fuoristrada
dove ci siamo persi
nelle abitazioni
tra le chiese
dove non so.
A te affiderò
quel mio esistere
in riserva
senza fermarmi
quel guardare
alla finestra
gli anni
passati insieme
e i giorni
che vivrò
senza certezze.

@@@

Accendo la pipa
non ricordo il tuo nome
le facili distrazioni
il tintinnio delle monetine
in questo piano inclinato
mentre telefono
a me stesso
interessato ancora
al senso della relazione.
Non rido mai
e mi rimprovero spesso
questo essere borghese
anarchico
di chi vive
la rivoluzione
nei boulevards lunatici
tra le verdi tazzine di te
e chi si innamora nei giorni feriali.
Accendo la pipa
smemorato
come certe ragazze
che corrono dietro a un cane
nei loro miraggi
nei loro destini
nei loro percorsi soggettivi.
Il mio cammino
riconoscevo
come se fossi vivo
nelle scritture esposte
delle anime di sinistra,
nei collettivi
sempre fuori moda
quando battemmo la Germania Ovest
e tutti
ci credevamo
comunisti.

@@@

Il nostro tempo in cinque parole
quando Faber cantava
quel lasciarci scivolare
tra leggerezza e allegria
quella voglia di cantare
mentre si alzava il sipario
noi le mani alzate e i pugni chiusi.
Ti facevano capire
bastava guardarsi appena
eravamo sognatori
poeti la notte
e tutto ci andava bene
tra le righe, nei prologhi, nelle distanze .
Non avevamo tutte queste preoccupazioni
non esistevano le disaffezioni.
Oggi forse
prova a prendermi
a conquistarmi
coi tuoi argomenti
in ciò che credi fermamente
nelle tue azioni
nella tua carta di identità.
Il nostro tempo in cinque parole
in un carpe diem continuo
che cercavo da mesi
che non esiste
che resta lì
capovolto
nella città natale
nelle cantine sorde
noi ubriachi la sera
equidistanti e gentili con noi stessi.
Nemmeno a sud
ovunque non ne sentiamo la mancanza
nei processi mnemonici
per prima cosa
la nostra terra madre
assoluta e immobile
violentata e cieca
indulgente e amara.

…..@@@

…..Note sull’Autore
…..Roberto Chiodo è nato ad Acqui Terme nel 1975. Diplomato al Liceo Linguistico Quintino Sella di Acqui Terme nel 1994 si è laureato in Scienze dell’Educazione all’Università di Genova con una tesi sulla prevenzione del suicidio tra gli adolescenti nel 2000. Ha lavorato come bibliotecario e catalogatore in diverse biblioteche.
…..Nel 2015 ha aperto la biblioteca di poesia italiana contemporanea “Guido Gozzano” che conserva oltre 7.000 libri ed è il primo esempio in Piemonte di biblioteca dedicata esclusivamente alla poesia.
…..È l’ideatore e il responsabile della Segreteria del Concorso nazionale di poesia e narrativa “Guido Gozzano”
…..Il 5 maggio 2021 è uscito il suo primo libro di poesie intitolato “Benedetti e bruciati” e pubblicato da Impressioni Grafiche.

***

CONDIVIDI