“Campi d’ostinato amore” di Umberto Piersanti
(La Nave di Teseo, Milano – 1° ediz. novembre 2020 – 2° ediz. maggio 2021)

…..Umberto Piersanti è certamente uno tra i più importanti poeti in attività. Nato a Urbino nel 1941, sin dal 1967 ha pubblicato numerose raccolte poetiche, è anche romanziere e persino regista; è stato insignito di numerosi e importanti premi letterari. La sua opera è largamente riconosciuta ed apprezzata.

…..In Campi d’ostinato amore” subito ci si rende conto che ci troviamo nella casa poetica di Piersanti e questo libro è una sintesi del suo intero percorso poetico. Piersanti ha una “voce” poetica chiara e coerente: egli è immediatamente riconoscibile nel timbro, nel ritmo, nella cura “classica” dei lemmi, nell’architettura dei testi e, naturalmente, nei temi e nella poetica. Questo libro s’inscrive anch’esso nell’orizzonte vasto e complesso della cura della memoria che il poeta ha da sempre coltivato. La poesia di Umberto Piersanti cerca nel ricordare un suo appoggio fondamentale. Ricordo che è memoria delle persone, dei familiari, degli amori, ma a che dei fatti storici.

…..Il “tempo che precede” è il titolo di una sua importate raccolta: quel tempo è appunto il passato. Piersanti convoca sulla pagina i suoi ricordi e benché dica “Il passato è una terra remota” questo si anima, si fa carne e sangue, parla in prima persona attraverso la voce del poeta che si fa rapsodo di se stesso e della storia. “Salgono le memoria / fitte alla gola” (pag. 14) nel momento in cui appaiono “ombre a me sacre, / sacre e distanti / come riflesse / dentro un’acqua chiara” (pag. 17) e si innesca un gioco di ombre e di chiarezza.
La dinamica tra distanza e presenza è una delle chiavi della sua scrittura: tutto ciò serve, in modo per così dire “filmico”, a lasciar ondeggiare la realtà tra passato e presente, creando forme di flashback e di aggancio al presente che sostengono il verso e lo rendono vivo nella sua tornita e levigata forma. E’ l’architettura del testo, la ferrea cura nel disporre le parole, l’attenzione per il rito e la musicalità dei versi a fare la differenza, a far emergere la “classe” del poeta.

…..Umberto Piersanti ha il coraggio di raccontarsi, sempre. Per lui non ci sono tabù, egli è consapevole che ci si racconta per quello che si è. La sua poesia non ha bisogno di orpelli pseudo-letterari, è autentica perché attenta ad “essere poesia”, prima di tutto. Giorgio Caproni diceva che la poesia è un forma di musica, anzi è musica. Piersanti è fortemente legato alla tradizione italiana, senza il timore non apparire “moderno”, “nuovo”. La sua novità è nell’essere se stesso.

…..“Il passato è una terra remota” è il titolo della prima sezione. Qui è il vissuto, l’Erlebnis fenomenologico, ad essere al centro del suo interesse: “volti, volti nella mente / infissi / sempre più infissi e incerti, / e poi così lontani, / lontani e persi, / nell’oscura veglia / mi siete d’intorno” (pag. 28), ma non c’è spazio per alcune forma di retorica della nostalgia: “io me li stampo dentro / mi fanno il sangue lieto / e nulla può il dolore / che m’abbranca” (pag. 29).
Si noti la raffinatezza del linguaggio e la consapevolezza che non si può annegare nelle lamentazioni che caratterizzano tanta poesia di oggi. E’ forse la lucidità di essere già un “classico” a sostenere Piersanti e a renderlo impermeabile a facili soluzioni di comodo. Egli cerca di essere un poeta che racconta il mondo, ma in un altro modo: si sforza, da sempre, di coglierne lo spirito, e ci indica un suo modo di percepire e vivere il reale attraverso dei tempi di verità esistenziali.
Così si inanellano ricordi di guerra, d’infanzia, paesaggi che hanno il gusto della confessione personale, ricordi di scuola in cui i sentimenti semplici, spontanei divengono metafora dell’esistenza intera, in cui il sentimentalismo (in senso montaliano) della memoria e delle emozioni si trasforma in sentimento del tempo. Il microcosmo dell’esperienza individuale entra di prepotenza, ma con delicatezza, nel macrocosmo della storia comune lo trasforma in qualcosa di familiare, con la sola forza della parola, della poesia. La sua poesia supera così le distinzioni spazio-temporali e rende il passato qualcosa di presente, che parla al poeta standogli accanto.

…..La memoria non è mai puro conforto, compensazione, ma appare una necessità. Il poeta cerca la pace attraverso la memoria perché coglie e ferma le cose. In queste poesie non c’è nulla di neorealista: la memoria trasforma le cose, le fa diventare momenti di una vita quasi fantastica. Anche perché l’idea di “tempo” di Piersanti è quella del tempo-ora che si attualizza nel momento in cui l’oggetto del ricordo viene evocato e poi presenziato dalla poesia: non c’è nei suoi testi posto per il rimpianto disperato. La vita è vissuta e il tempo incalza comunque. “La memoria pervade / la mia giornata” (pag. 48): il poeta non distingue più tra passato e presene, il tempo è un flusso bergsoniano e il futuro è quel che meno conta.
L’ossessione primaria è non lasciarsi sfuggire dalla mente alcuna emozione: è come se la poesia lottasse per non lasciar trascinare nell’oblio le cose che contano E così, solo così, che si trova consolazione (cfr. pag, 53): resistendo. E così la memoria si fa forma sensibile che si ri-apre una volta di più al mondo. “è l’odore del fieno / che t’entra dentro, / e poi dell’acqua, / verde , di raganella… / tra l’odore azzurro/ d’erba spagna /”, scrive Piersanti (pag. 67).

…..La seconda sezione è “Jacopo”, il figlio che già in altri libri è stato al centro della sua poesia. Jacopo è il figlio autistico che non può non essere un elemento di fondo della vita e della scrittura del poeta. Per Piersanti si scrive di ciò che ci coinvolge e ci appartiene e Jacopo fa parte di questo mondo intimo, duro, concreto. “Campi d’ostinato amore” è la poesia d’apertura della sezione in cui entra in gioco anche la natura. Accanto al dispiacere per il destino avuto in sorte, accanto allo sgomento e all’amore che il poeta dichiara nei suoi versi c’è come la ricerca esplicita di un contrappeso nella natura attraverso la poesia. Al punto che mi sentirei dire che l’amore ostinato per il figlio si collega a quello per la poesia e da qui alla natura. Il percorso è chiaro: Jacopo “è” natura”, è forma per molti versi insondabile di natura che “vive nei suoi confini” (pag. 75) e fa parte “d’un amore ostinato” a cui il destino “sbarra l’entrata” (pag. 74); Jacopo è “elfo inconoscibile / e distante” (pag. 77), egli è anche “quella svolta improvvisa / che non t’aspetti, / la tragica bellezza / che i tuoi giorni inchioda / al suo percorso” (pag. 78). Ma il suo essere “in una selva separata” apre al poeta lo spazio inattesa, sia pure consolidato nella sua poetica, della natura, oltre che lo spazio consolatorio della poesia stessa.
Cosi da qui in avanti Jacopo entra a far parte del paesaggio, poetico e naturale al tempo stesso, che Piersanti sa descrivere con precisione e forza di dettagli. La natura è quella del paesaggio marchigiano fatto di colli e selve, di fonti e scoiattoli, nubi, agnelli, bisce, vigneti. Piersanti ha la tendenza a definire i dettagli del proprio territorio e, come fa in altre sezioni, vengono rievocati fiori e alberi antichi, come la vegelia, il favagello, e lo scòtano, denominato “albero della nebbia”, tipico arbusto delle colline urbinati e del Carso che vanta il primato di non essere mai stato menzionato da nessun poeta, prima d’ora.

…..Ma qui quel che conta è la corrispondenza tra mondo naturale e la figura del figlio Jacopo che vive in un mondo parallelo. Così il poeta si immerge in questi mondi paralleli: da un lato in quello della natura, antica e scura, accogliente e misteriosa che rimanda ad una visione arcaica quanto prossima del paesaggio, dall’altra quello insondabile del figlio autistico e così facendo s’immerge nel mondo della parola poetica, riemergendone come fortificato, dopo la dura messa alla prova. “Jacopo delicato / figlio che non cresce” (pag. 93) e che resta un mondo chiuso come le amate sponde del poeta: “ci sono luoghi / dove finisce il mondo, / dietro una rupe / o un greppo / il più lungo e fondo” (pag. 98) e solo pochi esseri vanno oltre: “vola alto il falco, / passa il confine” (pag. 98). L’autismo di Jacopo, pur nella sua dura concretezza tremenda, si fa metafora, si fa spazio segreto, mondo nascosto e, forse, ancora protetto. Come la natura che Piersanti evoca con la sua poesia.

…..La sezione successiva è “Vicende”: qui Piersanti contrappone con forza il “suo” mondo a quello del presente a cui, probabilmente, si sente estraneo, e comunque distante. E torna dunque il tema della distanza/vicinanza: così Piersanti dapprima ci porta a spasso tra dirupi, burroni, prati e vigne offrendoci versi molto belli per limpidezza e raffinatezza , per padronanza superiore della lingua e delicatezza di colori e timbri e poi ci propone la poesia “Dentro il presente” (pag. 126) che suona come una critica pesante a ciò che siamo diventati: “quale millennio scorre / per le strade, nei caffè della sera / ragazzi dai jeans strappati … / voi che sedete intorno / ai lunghissimi tavolo / per i vostri eterni aperitivi / anche questo è tempo / dove parlare d’alberi / appare un delitto / perché su troppe stragi / comporta il silenzi?”. Così non resta che dire che “tra ornelli e ginepri, / da forestiero cammini / dentro il Presente” (pag. 126-127).

…..Il poeta potrebbe sembrare dunque sconfitto, ai margini comunque della storia, del presente in ogni caso. E potrebbe lasciarsi andare all’invettiva o al lamento addolorato. Ma Piersanti fa una cosa diversa. Prima si volge all’età breve dell’infanzia e della giovinezza, come fa nella sezione intitolata appunto “L’età breve” e rievoca il gioco di ruba bandiera (pag. 135) al tempo dell’ora perfetta dell’infanzia, pensa al “sentiero tra gli scotani” in “un tempo / in cui ci credemmo / immortali, / alti sull’Appennino / ventoso … / senza il pensiero / del ritorno, / senza idea / di sosta /  senza limite / d’ora / o luogo” (pag. 146), ma così facendo cerca comunque un ponte, un contatto col presente, con la gioventù eterna che ritorna e ci inganna, ma che ci fa sentire ed essere vivi.
L’età dell’oro della giovinezza “è la più fugace” (pag. 149), ma è fondamentale per determinare ciò che siamo: “… prima che fa buio / bisogna andare, / ognuno prende a solo / la sua strada” (pag, 151). Versi apparentemente semplici, ma che per essere tali senza perdere di efficacia e profondità devono essere espressione di forza e ampiezza di sguardo.

…..Piersanti non cede a derive né bucoliche o idilliache, non si lascia andare a rimpianti idealistici o ideologici, egli è uomo e poeta consapevole dell’ineluttabile scorrere del tempo. È interessante sottolineare come questa raccolta sia permeata da una posata accettazione nei confronti della vita, dell’età che avanza (“acciacchi, una parola / adatta ai vecchi, / e non troppo cruda / colma di comprensione, / quasi piana”).

…..Piersanti sa quindi guardare alla vita da una posizione di contemplazione, gustandosi il piacere della sosta e della lentezza, ma ben lungi dall’estraniarsi dal presente, egli vi entra a piè pari con l’ultima sezione “Primavera bugiarda”. Il tema è il tempo del Covid, della pandemia che fa rimpiangere al poeta “i suoni / che detesti, / i trapani nei muri / l’acque scure, / il cielo polveroso / i giorni inconsapevoli (pag. 156). E qui Piersanti, riprendendo Montale scrive: “il male di vivere non lo incontri / solo in quel che cede / si dissolve / ma nel fiore che s’alza dalla terra / nell’albero ce s’apre / a nuove foglie” (pag, 157), e così il poeta non s’arrende, resta fedele alla sua idea che non si deve cedere al naufragio del dolore: “s’attende la fine, / guardare un’erba / e un fiore / senza il male nascosto / dentro i colori” (pag, 159).

…..Così si chiude, con questi versi, il libro. Umberto Piersanti non è un poeta che si proietta nel futuro, lui resta, da buon marchigiano, stregato dal sortilegio della memoria, lo stesso che aveva incantato Giacomo Leopardi e ci regala così un libro è straordinariamente moderno pur esprimendo il poeta fedeltà a se stesso, così ancorato saldamente nel suo mondo, come “albero nelle nebbie”.

…..Stefano Vitale

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…..Note sull’Autore
…..Umberto Piersanti è nato ad Urbino nel 1941 e nella Università della sua città ha insegnato Sociologia della letteratura. Ha pubblicato numerose raccolte poetiche, tra cui La breve stagione (1967), I luoghi persi (1994), L’albero delle nebbie (2008), ed è anche autore di romanzi e opere di critica. Ha realizzato un lungometraggio, L’età breve (1969-70), tre film-poemi e quattro “rappresentazioni visive” su altrettanti poeti per la televisione.
…..Le sue poesie sono apparse sulle principali riviste italiane e straniere, tra cui “Nuovi Argomenti”, “Paragone”, “il Verri”, “Poesia”, “Poetry”. In Spagna, nel 1989, è uscita l’antologia poetica El tiempo diferente e negli Stati Uniti la raccolta Selected Poems 1967-1994 (2002).
…..Tra i numerosi premi vinti, ricordiamo il San Pellegrino, il Frascati, il Mario Luzi, il Ceppo Pistoia, il Tirinnanzi, il Camaiore e il Penne. È il presidente del Centro mondiale della poesia e della cultura “Giacomo Leopardi” di Recanati. Nel 2021 gli è stata assegnata la prima edizione del Premio Saba Poesia per la raccolta “Campi d’ostinato amore”.

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