“COME UN’ALA DI RONDINE” di Fabia Baldi
(Il Convivio Editore)

Sinossi

“Un soprassalto! È questo l’effetto che produce, al primo impatto, la poesia di Fabia Baldi. Platone scrive che l’amore può rivelare di essere poeta anche a chi non sapeva di esserlo. Non è questo il caso di Fabia Baldi, poetessa conosciuta e molto apprezzata per altre sue prove; e tuttavia l’amore le dà un impulso più irreprimibile, una maggiore forza creativa, un’intensità espressiva che prende alla gola. L’amore ci spinge a rompere il circuito dell’identitario in cui si confina, con le abitudini, la nostra autoreferenzialità; ci induce all’oltre-da-sé e perfino all’oltre da entrambi noi stessi, nella coppia di innamorati. Ma la poesia d’amore cela un’insidia, proprio perché è l’argomento più ricorrente, più usato, più abusato. Fabia Baldi supera con straordinaria suggestione questo rischio. I suoi versi sgorgano con la freschezza dell’acqua sorgiva, scorrono con la limpidezza dei ruscelli di montagna, adombrandosi a volte malinconicamente come quando un corso d’acqua s’inoltra in un bosco. Il suo è un epistolario amoroso come quello di Eloisa, ma in versi; versi distillati amorosamente, a volte vibranti, a volte sommessi”.
Corrado Calabrò

Il commento di
CHICCA MORONE

Sin dai primi versi la panoramica del sostrato poetico che emerge da “Come un’ala di rondine” di Fabia Baldi non lascia dubbi: siamo nella terra del mito, anche se non esplicitato.
Il primato della notte sul giorno, del lunare, della simbologia femminile non ci deve però trarre in inganno: non siamo in presenza di un canto monocorde di una sirena che vuole portare tra le onde il suo principe.
Per quanto tutta la silloge sia impregnata di quel sentimento profondo e manifestamente femminile, l’equilibrio con le immagini maschili ci indica quanto sapiente sia la regia che si cela dietro a ogni poesia.
In Fabia Baldi convivono due (o forse anche più) poeti molto distinti: l’uno intellettuale, determinato nella scelta dei vocaboli, ricercato e inflessibile

Più ti penso meno ti amo
confusa la mente in sillogismi
dove sbattono in apnea
asfittiche urgenze del cuore.

l’altro poeta – il cantore dei sentimenti – irruente, passionale, sensuale e spericolato nel suo volere una totalità impossibile

Di te
sa il vento salso di scirocco
che scioglie in brividi
l’ansito delle tamerici.
Sa la distesa equorea
che apre le sue onde alla tua prua.

Io di te
so solo il mio cuore
trafitto dall’attesa.

Ma forse è dal titolo che è bene iniziare: la rondine, mitologicamente legata ad Afrodite, non può che suggerire dove pensiero e sentimento possono portare fondendosi in un’unica danza.
Il mito ci parla di Progne, tramutata in rondine dopo aver vendicato lo stupro dell’amata sorella (a sua volta diventata usignolo) da parte del marito Tereo (condannato ad essere upupa): matriarcato potente, ctonio e sacro, quello che Bachofen individua come età argentea, impregnata di luce saturnina e precedente al passaggio verso il patriarcato che affonda le sue radici nella figura di Oreste, l’eroe cantato da Eschilo.
È lì che si svolge la silloge di Fabia Baldi, in quell’alternanza di maschile e femminile dove a volte è il maschile che si nega al femminile e viceversa (lo sguardo di rimpianto/di fronte al mio rifiuto) che viene esorcizzato da (Ancora non sapevo/la dolcezza della resa) in quella alternanza di sentimenti reciproci che segnano l’evoluzione del legame in qualsiasi coppia (Poiché da ogni tuo respiro/passa la mia vita/non negarmi, amore, i tuoi pensieri).
Inoltre sono le dee dell’Olimpo ad affacciarsi costantemente tra un verso e l’altro.
A parte Afrodite, dominante e riconosciuta regina in ogni pagina, abbiamo diverse divinità in ogni poesia: ad esempio Adefagia, dea dell’ingordigia che convive con Artemide, la cacciatrice che ama la solitudine.

Mangerò avidamente
i tuoi baci
ad uno ad uno
come chicchi d’uva.
Ne farò dentro di me
buon vino.

Ubriaca di solitudine.

E vogliamo dare il giusto tributo alla gelosia di Giunone?

Non è tanto la mancanza di te
che smorza il mio respiro,
quanto sento la mia vita ritirarsi
via via che volgi altrove
la carezza del tuo sguardo.

Non è però il sentimento di possesso che domina tra le pagine della silloge: è piuttosto il desiderio di testimoniare quel percorso amoroso nel quale ognuno di noi può riconoscersi perché la nostra evoluzione interiore passa attraverso la consapevolezza di quanto solo amando si possa giungere alla completezza. Non una completezza simbiotica con l’oggetto del desiderio, ma con quella parte di noi che specchiandosi nell’altro raggiunge lo stato di beatitudine nirvanico in cui la luce diventa più intensa, in cui l’avvicinarci al divino sembra meno lontano.
Non è forse il Cristo dio d’Amore che ci offre una via per raggiungere il Padre?
Concluderei con un canto che ha il sapore di ballata trobadorica medioevale a cui già spuntano le ali per fondersi in un dolcissimo “stilnovo”.

Io non so chi sei.

Se sei fuoco
sarò ferro che fonde
alla tua passione.

Se sei acqua
sarò foglia che travolgi
nella tua corsa impetuosa.

Sarò creta
per le tue mani di scultore.

Tela per i tuoi colori

e foglio bianco
per le tue poesie.

Straniera a se stessa, Fabia Baldi sembra interpellare l’animus junghiano che abita dentro di lei portandola a viversi attraverso i cinque elementi senza illusioni o inganni; in una perfetta espressione della propria anima infuocata, libera e destinata a una conquistata totalità nel mondo reale.

C. M.

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