“Colpevole di amnesia” di Pierdante Piccioni e Pierangelo Sapegno
(Mondadori, 2020)

…..Come oramai tutti sappiamo, Pierdante Piccioni, medico di Levata nel cremonese, una vita nei Pronto Soccorso della Lombardia, è l’autore, insieme al giornalista de “La Stampa” Pierangelo Sapegno del libro “Meno dodici. Perdere la memoria e riconquistarla: la mia lotta per ricostruire gli anni e la vita che ho dimenticato”, edito da Mondadori nel 2016.

…..Il libro racconta la sua vera storia. Per chi se la fosse persa o dimenticata, Piccioni dal 31 maggio del 2013 è un’altra persona, o meglio non è più completamente quel che era stato sino ad allora. Cosa gli era accaduto? Quel giorno andò fuoristrada, con la sua auto, sulla tangenziale di Pavia. Finito in coma, si risvegliò, non ricordando nulla dei suoi ultimi 12 anni di vita. L’ultimo ricordo che ha è del 25 ottobre 2001. Quel giorno, suo figlio minore Tommaso compiva 8 anni e lui lo aveva accompagnato a scuola: da lì in poi, un buco nero lo aveva inghiottito a causa della lesione della corteccia cerebrale.
Il dott. Piccioni ha vissuto e vive tutt’ora, senza una consapevolezza propria di quegli anni, è stato a lungo un alieno che leggeva il mondo con gli occhi di un estraneo: e in parte è ancora così. Perché quei 12 anni sono andati perduti per sempre, nella sua memoria. La sua vita di colpo è cambiata, lui è cambiato. E in quel libro, molto bello per altro, Piccioni e Sapegno ci raccontano la strada lunga, complessa, dolorosa, ma anche esaltante che il protagonista della storia aveva percorso. Quel libro vive su una storia avvincente e simbolica, davvero singolare, ricca di implicazioni e di altre possibilità narrative. E così è stato.

…..Piccioni, prima dell’incidente, era direttore del Pronto Soccorso di Lodi, membro del direttivo dell’Academy of Emergency Medicine and Care, consulente del Ministero della Salute, professore a contratto in diverse università. Poi è diventato il diciannovesimo caso conosciuto in letteratura scientifica di ”amnesia retrograda parziale post traumatica”. Quindi il vero Pierdante Piccioni è tornato a fare il medico: primario del Pronto Soccorso di Codogno, dove ha lavorato con un gruppo di colleghi che lo avevano accolto senza pregiudizi e aiutato nella lunga e faticosa riconquista della propria identità.
Citando il regista e poeta Bunuel, Piccioni ebbe a dire in un’intervista: “Bisogna incominciare a perdere la memoria per capire in che cosa consiste la nostra vita. Senza di lei, siamo niente”. Sappiamo che l’esperienza del trauma cambiò, in parte, anche la sua personalità. Pare che, prima dell’incidente, Piccioni, pur essendo molto stimato, non fosse proprio un medico così affabile e comunicativo. La malattia lo portò a costruire una nuova e più profonda visione del suo lavoro di medico.

…..Così nel 2017 affrontò nel libro “Pronto soccorso. Storie di un medico empatico”, sempre edito da Mondadori e sempre scritto con Pierangelo Sapegno, la dura realtà del Pronto Soccorso, vista però con occhi nuovi. Pierdante Piccioni ora è il dottor Amnesia, che ha maturato una nuova empatia nei confronti di chi è malato: ne conosce le sofferenze, ne comprende il disagio, dinanzi a quell’elefantiaco «emporio della salute» che è l’ospedale. Ora, in ogni occasione, cerca di comportarsi come avrebbe voluto che i medici avessero fatto con lui, una condizione che se da un lato lo premia, dall’altro emotivamente lo sfinisce.
Piccioni spesso si sente un reduce senza futuro, costretto ad aspettare ancora il miracolo più grande, quello che gli deve restituire, insieme alla memoria, tutte le emozioni perdute e il senso di un’esistenza da riallacciare. Ma forse quel miracolo è semplicemente la passione di vivere che lo spingerà ad andare oltre il suo ruolo di primario, occupandosi dei pazienti più fragili, dei più soli, degli ultimi.

…..Come è noto, queste vicende sono alla base della serie televisiva RAI “Doc. Nelle tue mani” dove Luca Argentero interpreta appunto, sotto altro nome, Pierdante Piccioni. La serie ha avuto un grande e meritato successo. Naturalmente il racconto televisivo non è la fotocopia della reale vicenda: si parte da lì ma poi, usando schemi e tecniche narrative consolidati e adeguatamente calibrati, sono state introdotte storie, intrecci, personaggi, situazioni che vanno ben al di là della vicenda biografica del medico lombardo.
Al centro di tutto c’è sempre il gioco dell’incontro-scontro tra realtà e vuoto di memoria, tra passioni del passato e proiezioni verso il futuro e, come in ogni narrazione che sia degna di questo nome, l’eroe ha sempre degli antagonisti cattivi che gli rendono la vita ancor più difficile, deve sostenere prove faticose e complicate, non può non attraversare altri dolori e vivere come sospeso tra le sue ferite insanabili e il desiderio di una vita migliore.

…..Forti di questo successo, Piccioni-Sapegno vanno oltre e con “Colpevole di amnesia” sfondano il muro della fiction che dovrebbe rievocare un fatto di cronaca, sia pure con le libertà di sceneggiatura di cui si è detto, e inventano un nuovo mondo narrativo. In effetti non fanno che riprendere un filo già annodato nella serie “Doc” e svilupparlo in una nuova direzione.
Questo libro è un giallo, insomma un racconto in cui la domanda centrale è: cosa accade quando un uomo che ha perso la memoria deve difendersi da un’accusa che arriva dal passato, per un fatto che non è in grado di ricordare? E’ la domanda perfetta per imbastire un racconto in cui il protagonista vive una situazione in cui realtà e fantasia s’intrecciano fino a confondersi l’una nell’altra.

…..E qui, Pierdante Piccioni è il protagonista: convocato come testimone per un’inchiesta su un duplice omicidio avvenuto nel pieno del suo vuoto di memoria, Piccioni scopre di essere in realtà il principale indagato: c’è un video che lo ritrae con le due vittime – una giovane dottoressa che aveva assunto come assistente e un fornitore di apparecchiature mediche con cui aveva trattato per una gara d’appalto – mentre litigano animatamente poco prima che i due scompaiano. Peccato che Pierdante non solo non ricordi di averli conosciuti, ma non è neppure in grado di ribattere alle accuse.
Il suo diventa un incubo senza fine: per trovare le risposte che cerca, deve di nuovo affidarsi ai ricordi degli altri, che possono essere non solo confusi o parziali, ma anche molto interessati. Insomma, è come tornare indietro ai tempi di “Meno dodici” quando alcuni “cari colleghi” erano ben felici, nella realtà, di farlo fuori. E mentre la verità giudiziaria sembra prendere forma, il dottor Amnesia-Piccioni decide ancora una volta di non tirarsi indietro e conduce la propria personale indagine, alla ricerca della persona che è stata e di cui non serba memoria.
Troverà attorno a sé altri personaggi, pronti a dargli una mano o ad approfittarsi della situazione: un poliziotto in carriera, un pubblico ministero inflessibile, un giornalista alcolizzato alla disperata ricerca dello scoop, un amico avvocato che non sembra avergli raccontato tutto. Ognuno con un proprio archivio di memorie, ognuno chiamato a definire una piccola parte della verità. Perché in realtà è ancora la memoria la protagonista principale di questa folle storia: la memoria del tempo, la memoria parziale e dolente del cuore, la memoria arida e cinica degli altri. E nel bene e male quel che resta del ricordo è la sola verità possibile. Il gioco si fa pirandelliano: chi siamo lo definisce lo sguardo degli altri, chi siamo veramente non lo sapremo mai, se non parzialmente e comunque sarà sempre una forma di apparenza dietro la quale si nasconde, inafferrabile, la sostanza delle cose. Che in questo racconto è la verità dei fatti.

…..Piccioni, nel romanzo, cade nuovamente in un buco nero che si associa a quello che ha già nella mente, che non gli permette di contraddire le accuse ricevute. La realtà e la sua “verità” sono filtrate dal vissuto e dai ricordi, non sono un dato oggettivo e monolitico: sono fatta dalle nostre proiezioni e da quelle degli altri verso di noi. Tutto può essere manipolato, perché mancando la dimensione del “ricordo” consapevole, si disintegra un sistema complesso di relazioni e di conoscenze. Si diventa fragili, esposti, si perdono i riferimenti metacomunicativi, i detti e non detti sfumano nell’indistinto. Gabriel Garcia Marquez, scriveva che “la vita è come la si ricorda. Non quella che hai vissuto”. “La mappa non è il territorio” insegnava Gregory Bateson: il dott. Piccioni fatica a leggere le mappe ed il suo “territorio”, non può più controllarlo pienamente.

…..Il libro è scritto con mano sapiente, attenta a cogliere il trend narrativo del genere “giallo”, usando il linguaggio e il lessico parlato come forma di letteratura, gestendo con fluidità il gioco necessario dei dialoghi, cosa che fa del libro una “quasi-sceneggiatura” drammaturgica già ben delineata. E l’intreccio è abilmente costruito su diversi piani narrativi che si richiamano e si completano l’un l’altro.

…..Il protagonista sperimenta una volta di più la solitudine che si cela dietro la perdita di memoria, col suo carico di sensazioni che lo fa sentire “straniero” nel suo mondo; vive il dramma della difficoltà di padroneggiare e comunicare perché le emozioni, i pensieri, i segreti, le scelte, le motivazioni per ogni gesto compiuto o parola detta non gli appartengono. Eppure egli deve fare di tutto per salvarsi: è l’unica cosa che conta. Ci riuscirà il nostro “eroe” Pierdante Piccioni? Per ora è colpevole di amnesia, sarà anche colpevole di omicidio? E colpevole o innocente che sia, pensate che basti sapere questo per chiudere tutti i giochi definitivamente?
…..A voi la scelta: solo leggendo questo libro lo saprete.

…..Stefano Vitale

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