“Delitto al Conservatorio” di Franco Pulcini 
(Edizioni Marcos y Marcos, 2019)

«Il pianoforte è un mostro che strilla quando gli tocchi i denti»

Senza scomodare Sherlock Holmes, Hercules Poirot, il commissario Maigret o il più recente commissario Montalbano, si può dire che la serialità sia congenita al genere letterario dell’indagine criminale. È con l’iterazione dei casi delittuosi e la diversa strategia risolutiva impiegata dall’investigatore che meglio si definiscono la personalità di quest’ultimo e l’ambiente in cui opera.

Non fa eccezione il personaggio di Abdul Calí, che già abbiamo incontrato in Delitto alla Scala e che ora ritroviamo in Delitto al Conservatorio, due territori che conosce bene l’autore Franco Pulcini il quale, oltre che musicologo e saggista, è stato insegnante al Conservatorio di Milano ed è direttore editoriale del Teatro alla Scala. Oltre che romanziere di successo.

Strutturato in un’aria con da capo e trenta variazioni (tante quante solo le “Goldberg”), questa volta ci spostiamo di pochi chilometri dal Teatro per entrare nel Conservatorio Giuseppe Verdi, anche se il delitto vero e proprio è avvenuto non molto distante da lì, al 26 di via Goldoni. Un maestro di pianoforte, definito da chi lo conosce bene «uno stronzo, intrigante, avido aguzzino», è stato ucciso in una maniera perlomeno originale: morso da un velenosissimo serpente tropicale fattogli recapitare direttamente in casa.

Le indagini si svolgono nell’ambiente dei concorsi per pianisti, in particolare del Piano World Cup – Prodigy Child, concorso pianistico internazionale per bambini prodigio, un’istituzione che è diventata un’industria che mette in moto pubblicità, televisioni, fabbriche di pianoforti, borse di studio, lauti guadagni. E una valanga di denaro. Un concorso che è dominato dalla presenza di giovanissimi pianisti provenienti per lo più dall’oriente: una volta solo la Russia, poi il Giappone, ora la Cina e le due Coree. Paesi in cui la disciplina educativa si mescola ai desideri di rivincita nazionale e dove i genitori delle povere vittime “reincarnazioni” del padre di Mozart, si sentono in dovere di ignorare lo sviluppo psichico del bambino, ogni sua autonomia e libertà di espressione in favore di una concentrazione assoluta sul pianoforte» da padroneggiare a scapito del mondo e anche di sé stessi. Cinque sono i finalisti del concorso e la più favorita è la piccola Zi Ming-li, sette anni e un carattere imperioso, ma anche piena delle ingenuità e dolcezze di quell’età.

Fin da subito il caso si rivela di difficile soluzione, le tracce sono evanescenti e il movente sembra volersi attestare tra i soliti: gelosie e soldi, dove le gelosie sono sia professionali sia passionali. Molto altro non si può dire per non fare spoiler di una vicenda dal ritmo incalzante e dalle molte sorprese. Come per Montalbano, anche per Calí la ricerca dell’omicida si intreccia alla vita personale del commissario, che nel frattempo tra i due romanzi è convolato a nozze e ora è in attesa del primo figlio.

Ma è soprattutto la descrizione di questo folle ambiente a destare curiosità nel lettore e a convincerlo che, come nel precedente Delitto alla Scala, motivazioni quasi impensabili per la gente normale possano scatenare furie omicide: se nel primo romanzo erano le invidie per la riscoperta di un capolavoro di Monteverdi dato per perduto, qui a far mettere in marcia il meccanismo sono le percentuali da attribuire ai partecipanti al concorso in base alle loro età così da premiare i più giovani rispetto a quelli che hanno avuto più tempo per studiare e maturare. Sulla discussione se sia più equo il 30% o il 15% o il 10% si innescano interessi internazionali, rivalità professionali e conseguenti ingenti movimenti di denaro.

Pulcini intreccia con sapienza le vicende e condisce di arguzie musicali le pagine di lettura piacevole e intelligente che ti lasciano la voglia di iniziare il prossimo titolo, con un delitto alla scuola di ballo. Ma speriamo che la serie non si esaurisca lì.
…..Renato Verga

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…..Note sull’Autore
Franco Pulcini nasce a Torino e la sua famiglia sogna per lui un futuro da ingegnere alla Fiat. Invece lui fin da piccolo si appassiona alla musica, studia chitarra, pianoforte, composizione e infine musicologia con il grande Massimo Mila.
Musicologo di fama internazionale, ha insegnato per quarant’anni storia della musica al Conservatorio di Milano ed è direttore editoriale della Scala, dove si occupa di tutte le pubblicazioni, dei programmi di sala, ed è noto e amato anche per le appassionanti conferenze di presentazione delle opere in programma.
Come brillante divulgatore ha collaborato con la Rai, Sky Classica e le principali riviste italiane. Oltre a importanti saggi sulla musica ha pubblicato due romanzi e un giallo di successo: Delitto alla Scala (Ponte alle Grazie 2016).

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