“Storie che finiscono male” di Donatella Bisutti
Illustrazioni di Eleonora Marton
(Edizioni Einaudi, 2017)
Ecco un libro davvero da non perdere. Donatella Bisutti, poetessa, critica letteraria, saggista, ci offre con “Storie che finiscono male” un libro davvero unico nel panorama attuale delle pubblicazioni per bambini (e per adulti). Già Bruno Bettelheim sottolineava quanto sia importante per i bambini fare i conti con le proprie paure, confrontarsi con il lato oscuro della nostra vita, della nostra cultura. E le favole tradizionali hanno sempre avuto questa capacità di mettere adulti e bambini a confronto con aspetti nascosti, il buio della realtà. Non per creare nuove paure, ma per produrre anticorpi.
In tempi moderni le cose sono un po’ cambiante. La nostra società, che non si fa scrupolo di sterminare le popolazioni civili (bambini inclusi) nelle guerre periodicamente scatenate, che s’indigna con roboante rutilare di titoli giornalistici, ma che finisce per tollerare, abusi, maltrattamenti, violenze, ha poi invece diffuso, nell’ambito della letteratura per i ragazzi, una marea impressionante di storie e storielle piene di buoni sentimenti dove il lieto fine è un dogma. Perché i bambini non devono essere “impressionati”. Il rischio è una sorta di analfabetismo emotivo che può scatenare, e le cronache nonché gli studi psicologici più avvertiti ce lo ricordano, violenze impreviste, gesti sconclusionati, comportanti rischiosi da parte dei “minori”. Il rischio è quello di produrre una forma di ingenuità schizofrenica che rimuove l’aggressività, che scansa i problemi reali della vita quotidiana che tuttavia, prima o poi, investono con durezza la vita personale dei bambini e degli adulti.
Dato che le storie rappresentano una forma di rappresentazione del mondo, uno spazio protetto in cui poter misurare le proprie conoscenze ed emozioni, una forma culturale a partire dalla quale i bambini possono “apprendere” o “disapprendere” comportamenti, in cui possono elaborare chiavi di lettura del reale, allora ben venga questo libro di Donatella Bisutti. Che ovviamente consigliamo a tutti, grandi e piccini, come si diceva una volta.
Scrive l’autrice nella prefazione: “Le storie che finiscono male non sono forse più divertenti di quelle che finiscono bene? Come le filastrocche di Pierino Porcospino scritte nel 1845 dal medico Heinrich Hoffmann per il suo figlioletto e divenute poi un classico, anche queste filastrocche vogliono, divertendo e spaventando, mettere in guardia i bambini e le bambine da quello che molto realisticamente purtroppo può loro capitare. …. Questo libro vuole quindi essere un ritorno un po’ ironico ma non troppo alla letteratura didattica dell’Ottocento, ritenendo che oggi ce ne sia bisogno più che mai, nella generale perdita di responsabilità e di valori”.
La questione non è quella di “controllare” i bambini con la paura. Oggi troppo spesso siamo messi nella condizione di essere strumentalizzati dalle nostre paure. Qui si tratta di recuperare una dimensione più autentica dei sentimenti coniugandoli con il senso di responsabilità, con un’idea di educazione che metta anche l’adulto nella condizione di spiegare, di esplicitare, di dialogare coi bambini.
C’è un moralismo bigotto che limita, che opprime, ma c’è un moralismo realista e critico che apre lo sguardo, che, come dicevamo, crea anticorpi, nuove difese al di à della facili e comode, ma pericolose, rimozioni. Scrive sempre Bisutti: “anche Pierino Porcospino fa parte di tutta una tradizione fiabesca che da Cappuccetto Rosso a Pinocchio cercava appunto di inculcare dei sani timori preventivi ai fanciulli ancora innocenti, servendosi di orchi, di lupi e di orecchie d’asino, senza lesinare su quell’aspetto terrifico che da sempre è proprio di quasi tutte le fiabe”.
Così nel libro di Donatella Bisutti, molto ben ed efficacemente illustrato da Eleonora Marton, sfilano uno dopo l’altro esempi e situazioni facilmente comprensibili da parte dei bambini che li riportano, con leggerezza e meditata allegria, a rifletter su se stessi, sugli altri, sulle relazioni sociali e personali, sulle proprie emozioni, sui fenomeni della contemporaneità: “Queste favole insieme comiche e horror infatti non fanno nessuna concessione a un buonismo anche troppo imperante e, invece di avere il classico lieto fine, finiscono tutte male: su ventiquattro storie almeno sedici protagonisti subiscono una morte quasi sempre violenta, un altro paio c’è da dubitare che se la caveranno e altri che salvano la pelle ne escono comunque malconci. Ma se alcuni personaggi sono solo, come tutti i bambini, sporcaccioni e golosi, qui sfilano anche un po’ tutti i pericoli legati al nostro vivere di oggi che spesso purtroppo coinvolge anche i bambini, o i ragazzini: droga, alcolismo, uso di cavie umane, anoressia, bulimia, obesità, conformismo di gruppo, bullismo, e più in generale i pericoli delle illusioni, fomentate per lo più dalla televisione: essere belli, diventare famosi, essere invidiati, dominare sugli altri, illusioni che a dir la verità ci portiamo dietro anche da adulti. Un campionario del mondo in cui viviamo e in cui purtroppo vivono anche i nostri bambini”.
I temi della libertà e della compassione (Pallino Porcospino), l’idea che i limiti non sono sempre negativi e frustranti (La Gatta Riccia); il confronto con le innocenti crudeltà involontari dei bambini (La margherita Rita) si intrecciano con le favole nere dell’anoressia (La giraffa Genoveffa o Lucy lucertola), con la possibilità di andare oltre gli stereotipi (La farfalla Blu), con la messa in guardia dall’orgoglio esagerato (Beppe leprotto), dagli eccessi alimentari (Lo scimmiotto Filippo) o ancora con l’avvertimento di non dar retta al primo venuto (Il topo Giorgio) o con l’invito a sforzarsi di pensare con la propria testa (La pecora Maria). In altri casi le favole di Bisutti sono ispirate a fatti di cronaca, come quello della ragazzina che viene travolta dal treno perché non lo sente arrivare per via degli auricolari (La scoiattola Giovanna) o ai numerosi casi di uso improprio di armi, o di razzi e fuochi d’artificio (Pippo bassotto e l’amico barboncino Federico). Bisutti ha l’accortezza “pedagogica” di tratteggiare dei bambini e delle bambine che non sono quasi mai cattivi: la loro colpa è quella di essere disubbidienti – ma chi di noi non lo è stato? – ma soprattutto ingenui o superficiali. Appunto in un quadro di recupero di una funzione educativa consapevole.
Le storie sono scritte con garbo e linguaggio appropriato, con stile poetico, gradevole ma preciso, senza fronzoli, ma neppure senza esagerazioni gratuite. Dato che le storie le scrivono e spesso le raccontano gli adulti ecco che con questo libro abbiamo l’opportunità di riscoprire “una funzione genitoriale” che ci obblighi a metterci in gioco, a non nasconderci nel falso lieto fine. Anche le storie che finiscono male possono, nella realtà, finire bene.
Stefano Vitale
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Note sull’Autrice
Donatella Bisutti (1948), poetessa, narratrice, saggista, ha pubblicato tra l’altro la raccolta Inganno Ottico (Guanda Società di Poesia, 1985, premio Montale per l’inedito), il romanzo Voglio avere gli occhi azzurri (Bompiani, 1997), il poema ispirato all’Apocalisse, recitato anche in forma teatrale, Colui che viene (Interlinea, 2002, premi Camposampiero e Davide Maria Turoldo per la poesia di ispirazione religiosa), l’antologia The Game – Poems 1985-2005 (Gradiva, New York 2007), e ha tradotto opere dei poeti Bernard Noël e Edmond Jabès per la collana dello Specchio Mondadori.
È nel comitato di redazione della rivista “Poesia” (Crocetti Editore), ha fondato e dirige la rivista “Poesia e Spiritualità” (Viennepierre edizioni) e da anni tiene corsi di scrittura e laboratori di poesia nelle scuole.
Con Feltrinelli ha pubblicato L’Albero delle Parole (1979, 2002), Le parole magiche (2008), La poesia salva la vita (2009) e La poesia è un orecchio. Leggiamo i nostri grandi poeti da Leopardi ai contemporanei (2012).
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