F. SCOTT FITZGERALD E L’ITALIA
(G. Ladolfi Editore, Borgomanero, 2018)

 

Per chi s’interessa di letteratura e di critica letteraria questo è davvero un “gioiello da scoprire”. Nel senso che apre, a partire da una densa ma fluente analisi della produzione di Scott Fitzgerald, una nuova prospettiva di lettura. E così il libro, scritto in maniera diretta e chiara, permette anche lettore poco avvertito, ma che ama questo autore, di leggerlo con occhi diversi. Perché, va detto, non ci inganni il titolo, vero è che Merola si occupa della ricezione critica di questo importante autore America, ma vero è anche che così facendo svolge un lavoro critico autonomo e originale.
Il libro è diviso, sostanzialmente, in 3 grandi capitoli. Nel primo Merola ci racconta come venne accolto in Italia Scott Fitzgerald da critici e scrittori come Vittorini e Montale. La sua vicenda editoriale è segnata dal fatto che, ad esempio, Vittorini, considerava Fitzgerald un “autore frivolo”. Lo stesso Montale tradurrà un racconto con il titolo “Il giovin signorino” (dall’originale The Rich Boy del 1926) confermando l’idea che la scrittura dell’autore americano fosse riconducibile al tema dello sfacelo interiore e esteriore di un giovane giovanotto americano non ricambiato dall’amata. Il conflitto era tra l’idea di una letteratura tutta centrata sul “soggetto borghese” dissoluto e decadente e il mondo esterno segnato dalla tragicità della realtà sociale, il mondo della “vera” letteratura.

Il successo di Fitzgerald inizia in Italia con la traduzione di “Tenera è la notte” (Einaudi, 1949) ad opera di Fernanda Pivano su spinta di Cesare Pavese che voleva sfatare il miro “che vuole Fitzgerald come principale esponente dell’età del jazz” per mettere in luce al di là dell’apparente realismo uno stile poetico legato al parallelismo tra la finzione e la vita privata dello scrittore. Non quindi lo specchio di una particolare società, per molti versi chiusa su stessa, ma “il ritratto fedele di se stesso”. Certamente il dramma raccontato da Fitzgerald è “privato”, un dramma personale vissuto sullo sfondo di una società contradditoria, ma che assume grandezza proprio perché è un affresco narrativo poeticamente rilevante e specifico. Non si tratta di ridurre la letteratura, tutta la letteratura a specchio rovesciato del tempo, riflesso di una coscienza sociale, ma di leggere la letteratura come uno spazio a parte, come un territorio poetico da esplorare con altri occhi.

Fernanda Pivano, la traduttrice, aveva compreso bene che la scrittura di Fitzgerald andava compresa per il suo legame con la vicenda biografica dell’autore stesso. Da quel momento si apre un dibattito nuovo attorno alla scrittore, ma che in generale non si schioda dall’idea che Fitzgerald restasse un autore superficiale, al massimo assimilabile a segmenti del “realismo magico” (come scrisse Nemi D’Agostino). Ma il vento era cambiato ed oggi abbiamo gli strumenti, ci dice Merola, per leggere Fitzgerald in un’altra luce.

Il secondo capitolo “La rivincita di F.Scott Fitzgerald” ci racconta le vicende della traduzione italiani del grande romanzo “Il Grande Gatsby” che venne pubblicato in Italia nel 1936 col titolo “Gatsby il Magnifico”. Anche qui tutto si riduce ad un romanzo rosa e occorrerà attende, come detto, i lavori della Pivano per capire che “non si deve leggere Fitzgerald senza identificare quella scrittura con una relazione biografica dell’uomo e in secondo luogo ribadisce anche una volta l’importanza dell’elemento (e assieme visione, perché nella letteratura americana lo stile e il contenuto vengono a coincidere) poetico della creazione stessa. Tutta la vicenda del Grande Gatsby va letta come una metafora poetica e al tempo stesso come il segno di una vicenda esistenziale che riesce a passare dal particola all’universale. Il linguaggio diventa centrale e le atmosfere, lungi dall’esser banalmente decadenti, divengono lo scenario di un paesaggio interiore tutto da scandagliare.

Il terzo Capitolo è “Il primi fuoco: la denuncia del denaro”. Qui ci si occupa della traduzione italiana (1959) del libro “The last Tycoon” che uscirà col titolo di “Il palazzo d’argento”. Anche qui si può rilavare un’evoluzione. Da una visione bloccata su un ideale superficiale e scontato si passa a comprendere lo sfondo disperato e complesso della sua produzione di contro alla limitata valutazione dell’entourage di Vittorino. Ora Fitzgerald viene messo accanto a Faulkner e Hemingway e si guarda alla sua vita movimentata, alla sua biografia, alla sua personalità. Superare l’ideologica cultura, ci dice Merola, significava tornare al testo e a quel che veramente c’era dietro al testo che esprimeva la nascita di un linguaggio appartenente ad una nuova generazione di scrittori.
La conclusione è chiara: lo scrittore e l’uomo coincidono, le sue vicende personale sentimentali, la sua capacità di tratteggiare figure femminili complesse, il bisogno di controllare le sue psicosi. La sua stessa pazzia sono i temi fondanti e affascinanti di questo autore che Merola ci invita a rileggere. “Ci si muove intorno ad una vicenda romantica” e se si confronta quella finzione con la corrispondenza biografica coincidente alla scrittura stessa, è chiaro che Fitzgerald sta parlando a nome di lui e di Zelda, la moglie. La coppia è la chiave di lettura e lungi dall’essere una visuale riduttiva questa apre a forme di scrittura e di racconto ancora oggi da esplorare.

Stefano Vitale

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Note sull’Autore
Antonio Merola, classe 1994, ha pubblicato il saggio F. Scott Fitzgerald e l’Italia (Ladolfi, 2018). È cofondatore di YAWP: giornale di letterature e filosofie, per il quale gestisce oggi la sezione poetica. Si occupa inoltre dei Quaderni Barbarici su Patria Letteratura: una serie di plaquette dedicate agli inediti di alcune nuove voci poetiche contemporanee; e di Razzie Barbariche su Pioggia Obliqua: una rassegna dedicata alla poesia edita under 30. Sue poesie sono apparse su siti e riviste letterarie come A4 – la rivista su un foglio solo, il n.89 della rivista Atelier, Nazione Indiana, Argo, Poetarum Silva, Nuova Ciminiera, Il Foglio Letterario, La Tigre di Carta e Pageambiente.
Collabora o ha collaborato con Altri Animali, (Racconti Edizioni), Flanerì (per cui cura la rubrica L’isolamento del romantico americano), Lavoro Culturale e Carmilla.
Suoi racconti inediti sono apparsi su Nazione Indiana, Carmilla, Argo, Cultora, Frammenti Rivista, Il Pickwick, Reader For Blind e nel primo numero della Creatura.

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