“Il bambino nascosto” di Roberto Andò
(La Nave di Teseo, Milano, 2020)

…..Il protagonista del romanzo Il bambino nascosto (La Nave di Teseo, 2020) scritto dal regista e scrittore palermitano Roberto Andò è un’insegnante di pianoforte del Conservatorio napoletano San Pietro a Maiella, Gabriele Santoro che nel film, le cui riprese saranno avviate a metà aprile (forse….) sarà interpretato da Silvio Orlando. Un insegnate speciale, una sorta di granello d’oro in un mare di fango, un genio del pianoforte che si è volontariamente appartato dalla carriera e che ha scelto di essere prima di tutto “un maestro”. E che si trova di fronte un “allievo” del tutto inatteso.

…..Il romanzo dà vista ad una storia inquietante, quella che vede il Maestro al centro di una faida di camorra dai risvolti tesi e drammatici. Gabriele Santoro ha scelto di vivere da solo in un quartiere malfamato, Forcella, un quartiere abitato da camorristi violenti. Un giorno, mentre è in attesa di un pacco, lascia la porta di casa socchiusa ed ha la sorpresa di trovarsi di fronte a Ciro, il figlio di Carmine, uno degli uomini della manovalanza criminale del boss di zona.
Il ragazzino è scappato dall’appartamento sottostante e si sta nascondendo: uno scippo fatto insieme all’amico Rosario ha causato il coma della vittima, che per caso è proprio la madre del capo zona, che certo non perdonerà. I due ragazzini sono in pericolo e Gabriele, che lo ha perfettamente compreso, decide di nascondere il bambino, un bambino spaventato e arrogante, violento a parole, ma terrorizzato per quello che gli accadrà se verrà raggiunto dai sicari del boss: certo non lo difenderanno i genitori, che di quella banda fanno parte.
Gabriele Santoro capisce che il male è andato a cercarlo: così accetta di lasciarsi trascinare in un gioco pericoloso, ma è come se fin dall’inizio la decisione presa facesse parte di un disegno superiore, di un destino al quale finalmente egli non può e non vuole più sottrarsi.
La convivenza tra Gabriele Santoro, intellettuale raffinato, e il bambino delinquente e straccione è strana quanto problematica: uno parla in italiano, l’altro un dialetto smozzicato, rozzo; uno è abituato alla bellezza della musica, l’altro alle brutture della vita violenta. Sembra che fra l’intellettuale solitario e depresso e il figlio di un camorrista che a dieci anni ne ha viste di tutti i colori, non ci sia possibilità di rapporto. E invece, nei quindici giorni di convivenza, giorni in cui Santoro sa benissimo di essere controllato e sospettato, scatta fra l’adulto e il bambino una nuova forma di relazione. Il più piccolo si fa persino maestro di vita nei confronti del maestro di pianoforte: il suo è un modo difficile, violento, sanguinoso. Il maestro conosce quel mondo, in mezzo al quale abita, un mondo che egli guarda standoci dentro e che ora ha invaso l’ultimo suo spazio privato. Gabriele Santoro aveva scelto di vivere lì, sapendo benissimo cosa rischiava e con l’aria di chi in un certo modo sa di essere “diverso” aveva attraversato quel mondo, facendosi insetto, foglia…Ora quel mondo orrendo è dentro casa sua e la sua scelta è di accettare l’estrema sfida. Dapprima lo fa in maniera semplice e immediato: nascondendo il bambino, dandogli da magiare, dei vestiti… poi offrendo libri, spartiti rari, lezioni di musica scoprendo così le magnifiche inattese doti musicali del bambino; e poi ancora poesie, cultura, accudimento, affetto.
Ma il rischio diventa ancora più grande. In questi passaggi, legati all’apparizione del bambino, mi è venuto in mente il racconto di Pasolini “Alì dagli occhi azzurri” in cui l’inatteso irrompe nella vita borghese di una famiglia. Tutto il racconto vive nel senso della “diversità”, dell’inaspettato che si fa verità: la carriera interrotta del maestro, i legami familiari spezzati, il quartiere impossibile, la vita ritirata come una sorta di espiazione, gli amori “sbagliati” ed ora quest’apocalisse annunciata nella forma apparentemente innocente di un bambino in fuga.

…..Altre quattro figure sono importanti nel romanzo: Diego, ex allievo del maestro, ora camorrista anche lui che in una sorta di sadica vendetta, è incaricato di seguire, pedinare, controllare il maestro. Lui, allievo improbabile e inadatto, certamente meno dotato, è colui che deve braccare il proprio maestro.
L’altra figura è il fratello del protagonista, Renato, magistrato che messo a conoscenza del fatto in realtà lo sottovaluta, in ogni caso lascia solo il fratello, anche lui preda di un’inconsapevole rivalsa verso Gabriele che ha abbandonato la famiglia anche perché omosessuale. E così scopriamo un’altra parte dei motivi dell’isolamento e, forse, della penitenza, del protagonista appartatosi in un quartiere malfamato abbandonando una luminosa carriera musicale
Poi c’è il vecchio padre novantenne, Massimo, professore di filosofia presso il quale Gabriele si rifugerà in una fase drammatica della vicenda e dal quale riceverà comunque accoglienza e calore: perché da qualche parte ci deve pur esser qualcuno che non ci giudichi, che non ci odi per quel che siamo o per quel che abbiamo fatto o detto.
Infine Biagio, il compagno di vita dal quale Gabriele si è allontanano e che terrà lontano da questa storia, come per proteggerlo o semplicemente perché sa bene che non potrà aiutalo. Perché i conti con se stesso, Gabriele Santoro, li deve fare da solo, visto che la protezione che sta offrendo al quel bambino potrebbe costargli molto cara. Da notare che le donne in questo romanzo sono molto marginali, quasi completamente escluse, e quando sono presenti sono succubi del mondo maschile. Questo è un racconto immerso in un universo buio, fatto di uomini “cattivi”, di personalità oscure, primordiali dove l’unica luce emerge dall’arte, dalla musica, dalla poesia. Che poco possono contro la forza bruta della vendetta, della violenza.

…..Il romanzo è scritto molto bene, appunto come una sorta di sceneggiatura (a quella del film ha partecipato un poeta bravo come Franco Marcoaldi), e potrebbe essere scambiato per un prodotto ben confezionato. Eppure vi sono spunti di bella letteratura, di sorprese narrative intriganti ed inquietanti. Un romanzo che al di là della “storia reale” narrata ha una forte carica metaforica e poetica. Quella carica che fa apparire l’improbabile possibile, quella forza che ci restituisce il desiderio di arrivare sino in fondo alla storia.

…..Stefano Vitale

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…..Note sull’Autore
Roberto Andò è nato a Palermo nel 1959. Regista di teatro di prosa, lirica e cinema, tra i suoi film, premiati con importanti riconoscimenti, ricordiamo Sotto falso nome con Daniel Auteuil, Le confessioni con Toni Servillo e Pierfrancesco Favino, Una storia senza nome con Micaela Ramazzotti e Laura Morante.
Dal suo romanzo 
Il trono vuoto, vincitore del Premio Campiello Opera Prima 2012, ha tratto il film Viva la libertà con Toni Servillo e Valerio Mastrandrea.

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