“LA BELLEZZA DELLA NUOVA MUSICA” di EMANUELE ARCIULI
(Edizioni Dedalo, Bari, 2020)

“Emanuele Arciuli è un pianista impegnato in una carriera internazionale. Ha suonato in sale prestigiose e con orchestre di grandissimo livello. Nel 2011 ha vinto il Premio Abbiati quale migliore interprete, ha una importante e intensa attività didattica oltre ad essere considerato un profondo conoscitore ed esecutore del repertorio americano. Insomma un grande artista, poliedrico e sempre in grado di esprimersi ad alti livelli. Come fa in questo libro, piccolo, ma densissimo, lucido e straordinariamente stimolante”.

…..Un libro dedicato alla “nuova musica”, alla “musica classica contemporanea” che, come tutti sappiamo non è precisamente al centro delle preoccupazioni della programmazione delle sale da concerto e che non incontra un grande seguito nel grande pubblico. E Arciuli ne è perfettamente consapevole: egli sa benissimo che tale distanza dal pubblico è anche dovuta alla musica stessa, o meglio all’atteggiamento assunto in passato da parte dei musicisti, dei compositori stessi, oltre che del mutare delle condizioni sociali e culturali in cui viviamo. “Insomma contemporaneo è tristemente sinonimo di ostico, difficile, incomprensibile” (pag. 10). Oltre che, in certi casi, fastidiosamente ideologico se non arrogante e intellettualistico. Ma Arciuli sa anche che oggi “di musica “classica” se ne scrive ovunque nel mondo, da Parigi a Tokyo, da Kuala Lumpur a Seoul, da Nairobi a Bangkok, da Seattle a Fairbanks”.

…..La musica contemporanea, per Arciuli, è tutt’altro che morta e “la qualità è spesso eccellente, e la contemporaneità è adesso un’idea che abbraccia e include linguaggi, stili, processi diversissimi tra loro, finalmente tutti legittimi e legittimati, proprio in nome di una libertà di espressione” (pag. 11). La musica nuova avrebbe dunque superato le rigidità ideologiche del passato, le gabbie di un’espressività emotiva e formale predeterminata, gli scontri di scuole e di poteri. La musica può raccontare anche il mondo di oggi e “forse il pubblico potrà ritrovare un pieno rapporto con la musica del proprio tempo quando smetterà di chiederle di somigliare alle proprie aspettative, quando comprenderà che la musica, e l’arte in genere, sono sensori aggiuntivi, occhi, orecchie e neuroni in più, non devono riprodurre la realtà che già conosciamo, ma aiutarci a scoprire l’invisibile e l’inaudito” (pag. 13).

…..Credo qui stia il punto: certamente la musica contemporanea deve liberarsi dal fardello dei pregiudizi che l’hanno bloccata, ma anche la musica deve trovare i modi per farsi ascoltare senza diventare “piaciona, ruffiana e a buon mercato” (cfr. pag. 12). Troppo spesso la musica classica contemporanea è stata un fatto intellettuale, un gesto artistico elitario: oggi occorre ripartire: “unica condizione necessaria è la curiosità” (pag. 13) da sollecitare, da sostenere. Curiosità che può investire anche la musica contemporanea “passata”.
Arciuli si mette in questa prospettiva “pedagogica” e lo fa proponendo una riflessione sintetica, ma profonda, aiutando il lettore anche con degli ascolti mirati. Molto bello che il libro si serva delle nuove tecnologie: infatti tutti i brani musicali sono immediatamente visibili e ascoltabili su Youtube con lo smartphone utilizzando i codici QR. Insomma un libro che ci permette un viaggio visivo-sonoro tra alcuni dei brani più importanti e significativi del secondo 900 e della contemporaneità.

…..Arciuli parte dall’idea che “il desiderio di scoprire ciò che ancora non conosce, il pubblico non ce l’ha” (pag. 15) e non è aiutato dalle proposte degli organizzatori musicali. Arciuli allora ci dice che la musica contemporanea fa parte “di un processo storico estremamente articolato, che dall’Europa si è via via esteso al mondo intero. Ed è musica risalente agli ultimi anni, adottando linguaggi e approcci stilisti diversissimi tra loro” (pag, 19). Il testo diventa una sintetica ed utile digressione storico-estetica sulle diverse scuole che dal secondo dopoguerra da oggi hanno segnato la musica “contemporanea”: Avanguardia e Sperimentalismo per poi passare a Stockhausen, Cage e Ligeti e ancora ai Minimalismi sino al Post-Moderno ed all’attualità, se così si può dire.

…..Questa passeggiata è avvincente e coinvolgente sia per lo stile di scrittura di Emanuele Arciuli, preciso, chiaro, diretto, sia per il supporto audiovisivo di cui si è detto, cosa che rende il libro gustabile ben al là del tempo necessario per la sua lettura in sé. Arciuli non evita qualche precisazione tecnica, ma non è mai invasiva, cosa che ci fa comprendere come la musica di oggi vada prima di tutto ascoltata, appunto senza pregiudizi.

…..Arciuli è bravo a farci apprezzare “la bellezza glaciale” della musica di Stockhausen oppure le implicazioni fisico-filosofiche della musica di Cage; la grandezza espressiva di Ligeti. Oppure ancora quando, ci racconta delle caratteristiche del Minimalismo con la sua “spazializzazione delle musica” (e cita Philips Glass, Arvo Part, Steve Reich).
Molto bella la sua definizione della musica Post-Moderna degli anni ’80 e ’90: “un enorme ufficio oggetti smarriti, in cui gli stili e i linguaggi del passato, svuotati delle urgenze ideologiche e del rigore teoretico, diventano semplici tecniche, maniere di procedere…” (pag. 57) ed è in questo quadro che emerge “il rinnovato interesse per la tonalità” (pag. 60) che autori importanti come Marco Tutino rivendicano come “legittima espressione di libertà” (pag. 60). Ciò che caratterizza il presente è “la diversità, il contrasto, la varietà di approcci” (pag. 61).

…..Per Arciuli è chiaro che tra i compositori di oggi ve ne sono che non hanno studiato Mozart, Beethoven o Bach ma che si sono formati su Franck Zappa o su generi come la techno, l’elettronica. Siamo come dentro ad un’enorme Torre di Babele, ma da un lato gli stessi musicisti non sempre colgono il fatto che non vi sono più nemici da combattere o ideologie da affermare e dall’altra c’è “un pubblico, ma anche un sistema di produzione distribuzione della musica che non colgono con la necessaria lungimiranza i segnali di un cambiamento” (pag. 67).
Non si tratta di assumere posizioni massimaliste. Lo stesso Arciuli in un’intervista a La Repubblica del 13/10/2020 ha detto: “La musica classica non è una lingua morta. Mozart, Beethoven, Mahler e Chopin hanno senso, oggi, proprio perché si iscrivono in un flusso che prosegue incessante. Senza la musica di oggi manca la necessaria prospettiva per dare valore autentico anche alla musica del passato, e viceversa”. Ma ci vuole più coraggio.

…..La musica oggi è molto diversa da quella che si scriveva cinquant’anni fa e allora da ogni parte forse si deve, ci dice Arciuli, non avere paura di cambiare ed azzerare ogni pregiudizio (pag. 69) perché “si tratta di un’esperienza gratificante anche per un pubblico che conosca solo il rock, il jazz o il punk” (pag. 69). Oggi le forme della musica sono molto varie, la tecnologia offre grandi possibilità di innovazione, sono sempre più numerose anche le compositrici, la vita musicale è comunque in continua ridefinizione e forse lo sarà ancora di più dopo questa pandemia. Resta che per Arciuli “non sembra che la soluzione per immunizzare il grande pubblico dalla pregiudiziale diffidenza verso la musica contemporanea sia stata trovata” (pag. 69).

…..Ci vuole “un atto di fiducia, entusiasmo e curiosità. Ne vale la pena” (pag. 73). Non c’è dunque una vera soluzione, forse perché dobbiamo imparare che la musica di oggi non ci dà soluzioni, ma ci pone domande, ci spinge a modificare i nostri presupposti, ad aprirci a forme di ascolto che sembrano distanti da noi. Siamo forse troppo pigri e sicuramente questo approccio non aiuta neppure l’ascolto consapevole di Mozart, Beethoven e Bach che rischiano di ridursi a feticci in fondo incomprensibili. Nella citata intervista a La Repubblica, Arciuli ha detto che la musica classica oggi rischia la noia mortale: “Perché è un rito che si ripete, un po’ stancamente. E perché manca una conoscenza del linguaggio, che sostanzialmente priva il pubblico di una parte importante del piacere dell’ascolto”. Allenare le orecchie, aprire le menti, lasciarsi sorprendere e coinvolgere da nuove emozioni e raccogliere la sfida che l’entusiasmo di musicisti come Emanuele Arciuli sanno comunicare: da qui si può cominciare.

…..Stefano Vitale

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…..Note sull’Autore
…..Emanuele Arciuli suona regolarmente per alcune fra le maggiori istituzioni musicali. In Italia, ad esempio, con l’Orchestra Sinfonica della Rai, il Teatro alla Scala, il Maggio Musicale Fiorentino, La Fenice di Venezia, il Comunale di Bologna, Il San Carlo di Napoli, il Teatro Petruzzelli di Bari, l’Unione Musicale di Torino e l’Orchestra Verdi di Milano; è invitato da festival come “A.Benedetti Michelangeli di Brescia e Bergamo”, Festival dei Due Mondi di Spoleto, Melbourne, Ravenna, Ravello, Miami Piano Festival etc.  Il suo impegno nella musica contemporanea lo porta ad esibirsi regolarmente nelle maggiori rassegne (Biennale di Venezia, Milano Musica, Nuova Consonanza di Roma, RedCats di Los Angeles, etc.).
…..Tra le orchestra con cui ha suonato in ambito internazionale, ricordiamo Rotterdam Philharmonic, Brussel Philharmonic, Residentie Orkest Den Haag al Concertgebouw di Amsterdam, RTSI di Lugano, Tonkünstler di Vienna (al Musikverein, per Wien Modern), Filarmonica di San Pietroburgo, Saint Paul Chamber Orchestra, Indianapolis Symphony Orchestra, BrucknerOrchester Linz, Brno Philharmonic e molte altre. Fra i direttori con cui collabora citiamo Roberto Abbado, Petr Altrichter, John Axelrod, Andrei Boreyko, Dennis Russel Davies, Yoel Levi, Brad Lubman, Wayne Marshall, James MacMillan, Kazushi Ono, Zoltan Pesko, Emilio Pomarico, Stefan Reck, Jonathan Stockhammer, Arturo Tamayo, Mario Venzago. Attivo anche in ambito cameristico, collabora con Massimo Quarta, Sonia Bergamasco, Andrea Rebaudengo.
…..Accanto al repertorio più tradizionale, che continua a frequentare con assiduità, Emanuele suona moltissima musica del nostro tempo. Ha eseguito in prima assoluta oltre quindici nuovi concerti per pianoforte e orchestra, molti dei quali scritti per lui. Più di cinquanta, infine, le pagine pianistiche composte per lui da autori come George Crumb, Milton Babbitt, Frederic Rzewski, Michael Nyman, Michael Daugherty, John L Adams, William Bolcom, John Harbison, Aaron Jay Kernis per citarne solo alcuni. Il progetto ‘round Midnight, eseguito fra l’altro al Miller Theater di New York, e commissionato da CCM di Cincinnati, ha ottenuto una attenzione vastissima a livello internazionale.
…..Il suo interesse per la musica americana si è concretizzato in diversi libri, come Rifugio Intermedio (Monfalcone), Musica per pianoforte negli Stati Uniti (Edt), Il pianoforte di Bernstein (Ets) e in numerose lezioni, sia radiofoniche – per Rai Radio3, che televisive – per Sky Classica. Nel 2011 gli è stato conferito il premio della critica musicale italiana “Franco Abbiati” come miglior solista dell’anno. Tra gli altri riconoscimenti, una nomination per i Grammy Award per il cd dedicato a George Crumb. Incide per Stradivarius, Chandos, Vai, Innova Records, Bridge. Docente di pianoforte al Conservatorio “Piccinni” di Bari, tiene regolarmente workshop per numerose università degli Stati Uniti, dove si reca dal 1998 e vi ha tenuto oltre quaranta tournée.

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