“La follia che viene dalle Ninfe”
di  Roberto Calasso

Nonostante la promessa fatta a me stessa da molti anni di non comprare più un certo tipo di autore, è successo: mi sono lasciata tentare da “La follia che viene dalle Ninfe” di Roberto Calasso edito, guarda caso, da Adelphi!
Confesso, l’ho comprato trascinata da quel sottile ironia che mi pervade ogni volta che mi appresto ad ascoltare le perle di saggezza profuse da un uomo sull’argomento “potere della donna”. Non perché non esistano uomini che sappiano che cosa sia in realtà il potere femminino, ma perché solitamente coloro che ne hanno sperimentato qualche accenno hanno la saggezza di tacere.
Ebbene, Roberto Calasso è stata una vera e propria sorpresa: è riuscito a metacomunicare in questa raccolta di articoli apparsi sul “Corriere della Sera” , “la Repubblica”, “Panorama” nonché una lezione tenuta a Parigi e una conferenza a Mosca il suo sostrato apollineo di editore illuminato.
Roberto Calasso – chi ci crederebbe – nel giugno 1992, data della sua lezione al Collège de France, aveva già scoperto l’esistenza di un potere detenuto dalla Terra attraverso le fonti custodite dalle Ninfe, un potere che consisteva nella comunicazione con il divino precluso allo stesso Apollo: lui infatti aveva dovuto prima uccidere Pitone, draghessa di Delfi, e assoggettare Telfusa, ninfa della fonte dove voleva porre il suo culto.
Ohibò, che sarà mai stato questo potere? A quali abissi si potrà giungere attraverso questo? Perché dunque ha potuto esistere una facoltà del genere? Che immortalità e acque abbiano qualche corrispondenza? E poi, perché mai Apollo aveva dovuto lasciare putrefare Pitone vicino alla fonte e provocare una frana su Telfusa le cui colpe erano quelle di voler difendere il luogo (corpo) dalla profanazione maschile? Perché Apollo non aveva potuto cercare di convivere con lo spirito del luogo (visto che non era a conoscenza dei misteri lì celati) e unificare in una perfetta (visto che è un dio) sintesi tra maschile e femminile?
Perché Apollo era Apollo ed era in grado di condividere il potere destinato da Giove solo con il suo “altro”, Dioniso.
Così le Ninfe, depositarie di quel sapere strettamente collegato alla “possessione” erano state costrette a ritirarsi e con loro era migrato nell’invisibile sempre di più lo stato di coscienza alterato che produce il sapere, sigillando oltre il mentale ogni miraggio di immortalità attraverso quella connessione con il divino. Apollo verrà poi circondato dalle Muse, entità dalle sfumature assonanti, le quali interpreteranno le Arti e “possederanno” poeti, danzatori, scrittori e musici, ma sarà lui, sole raggiante, il centro di diffusione di quel sapere….
Ahimè Apollo aveva tenuto così fortemente le redini di questo potere che nulla aveva potuto trapelare, tanto meno il sigillo segreto delle Ninfe: queste – apprendiamo – donavano la vita, ma potevano essere mentitrici e soprattutto, io sospetto, non abbiano mai cessato di mantenere criptato il loro segreto. Mai nessuna aveva istruito Apollo fino nei recessi della sua integrità. Apollo avrebbe dovuto essere totale, arrendersi, essere trasparente come l’acqua, diventare lui stesso ninfa per essere iniziato…
Viene spontaneo chiedersi: nel progetto di autoinvestitura oracolare, Apollo, aveva considerato che qualche piccolo segreto avrebbe potuto sfuggirgli?
Così nei secoli il luogo dove prima chiunque – pastori compresi – potevano udire e ripetere le parole degli Dei, piano piano diventa luogo di potere legato al mercanteggiare (leggi: denaro/oro elemento essenziale) di postulanti più o meno ricchi.
La disamina dello stato di “possessione”, di “delirio”, di “follie” come alterazioni e di realtà distorte prosegue, ma sono pungolata a mettere in relazione immediata l’ultimo saggio, quello intitolato modestamente “l’editoria come genere letterario” cioè l’arte di pubblicare i libri, perché di arte – anche se con la a minuscola – si tratta.
Tra le molteplici domande che Calasso si pone (e a cui prontamente si risponde) c’è: “In base a quali criteri si può giudicare della grandezza di un editore?”
Ebbene, io credo che scorrendo i titoli degli ultimi settanta volumi pubblicati nella “Piccola Bibblioteca Adelphi” la praticamente inesistente presenza di autrici possa dirla lunga: l’apollineo editore che definisce l’editoria “arte”, ma “pericolosa perché per esercitarla, il denaro è un elemento essenziale” evita di chiedersi se ci siano luoghi nelle quali si nasconda la vera grandezza di un editore, quella legata all’immortalità del suo nome. Lui è convinto che la carta vincente di una casa editrice sia davvero “la capacità di far leggere (o per lo meno comprare) certi libri”.
Bisognerebbe spiegargli che forse qualche segreto nascosto tra le pagine di quegli scritti ispirati dalle Ninfe, affinché il loro sigillo non vada perduto, esiste ancora: gioielli magici in cui si tramanda un sapere destinato a chi ha occhi per vedere, ma non ai ciechi e ai sordi, perché chi non ha oro non può comporre oro.
Mi piace immaginare che esista una specie di bibliografia alla Michail Osorgin – romanziere russo fondatore a Mosca della Libreria degli Scrittori durante la rivoluzione di ottobre – andata perduta o forse mai compilata nella quale autori famosi e altri molto meno (consci o non) abbiano trasmesso un sapere immortale, componendo una virtuale biblioteca che chiunque voglia conoscere se stesso debba necessariamente leggere.
Non capiterebbe quindi così spesso che entrando – sempre virtualmente – nel tempio di Delfi molti intellettuali dopo aver letto il “Conosci te stesso” picchino il capo sul frontone dove sta scritto “Tu conoscerai l’universo e gli Dei”.
Forse se Roberto Calasso invece di partecipare a nobili certamina nei quali cercare di scoprire una piccola falla nell’onniscenza letteraria di Sergio Ferrero – misurando così le proprie divine facoltà intellettuali – si calasse (appunto), scendesse in una misura più “umana” potrebbe andare incontro a giovani universitarie, armate di dolcezza e di quel sapere nascosto anche a loro stesse, per dare inizio a un tipo di editoria un po’ meno erudita e dalle sfumature un po’ meno misogine, ma sicuramente più interessante per coloro che hanno identificato nel Mito la psicologia della spiritualità.

Excalibur

 

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