“La lingua del sorriso. Poema da viaggio” di Gabriella Cinti
(Ed. Prometheus, Milano, 2020)

Luce e destino della poesia

…..Immergersi in questo libro significa accettare di vivere una forma rara di spaesamento. Gabriella Cinti trascina il lettore nel proprio universo poetico in cui è la poesia stessa ad essere al centro del tutto. Oggi siamo di fronte ad una pluralità di visioni della poesia: viviamo tempi frammentati. Ma Gabriella Cinti ha gettato la sua ancora in un porto sicuro, in una zona letteraria ben determinata, benché rivisitata con occhi moderni. E’ il porto della “classicità”, della poesia come spazio-tempo della parola.
Ed è questo lo spaesamento di cui dicevo: si è di fronte a qualcosa di antico, ma niente affatto manieristico; a qualcosa che esce dai canoni scontati della contemporaneità crepuscolare, ma che non rinuncia ad una sua originale viva “presenza”, parlandoci di una soggettività reale, benché sorretta dalla consapevolezza che prima viene la parola poetica. Non si pensi che qui “la parola poetica” sia annegata in forme auliche, retoriche: il “classico” non è il “classicheggiante”. Qui c’è una verità, una sincerità della parola che spazza via ogni equivoco.
Certo, il lessico è carico di risonanze, cripto-citazioni, riferimenti filologici, desiderio estetico di bellezza, ma Cinti sa rendere tutto questo luminoso e cordiale, ben accordato e modulato. Non c’è arroganza o distanza: tutto appare come deve essere, ovvero permeato da una luminosità drammaturgica che coinvolge, stupisce e lascia nel lettore un senso di erotismo poetico, di desiderio letterario, originale. Il tutto dentro una ricerca di forma tornita, rotonda, scolpita.

…..In questo senso è come se la poesia di Cinti fosse una “poesia senza oggetto” nel senso che l’oggetto delle poesie, al di là dei singoli temi apparenti, è la poesia stessa colta nell’infinito trattenersi della parola presso di sé. Cinti sembra capace di “scaldarsi” con i propri versi frutto dei propri pensieri, certamente, ma prima di tutto del suo lasciar andare la parola a spasso dentro se stessa. Non si tratta di estetismo, ma di ricerca estetica del bello che risiede nella parola poetica cercata, coltivata. Che a sua volta non è banalmente poeticante, ma necessariamente suono e figura che si fa destino poetante, che stabilisce una frontiera tra ciò che è ordinario e ciò che punta verso l’alto, verso l’altro. La poesia di Gabriella Cinti sfida la gravità.

…..Così Cinti è questa “domatrice di ombre” cerca il “canto profumato del tempo intimo” e lo trova nella parola “che arride e scioglie la neve del silenzio” (pag. 49). La poesia si pone sulla soglia del significato, si sporge sul confine dell’attimo per andare oltre e liberarsi “di questo presente di troppo metallo” e con fermezza dice “scelgo la sabbia come fuga/e la lue come volo” per “ascoltarmi nello scintillio/risonante dell’Istante, /musica complice del nostro destino” (pag. 50).
Gabriella Cinti ha fiducia nella propria posizione e missione di poetessa: la sua è una sorta di visione cosmica, anzi cosmologica della poesia. E’ la parola che crea il mondo, ma senza alcuna teologia: “L’incontro era già nell’Alto/tra i confusi primordi dell’essere/ noi indistinti portatori di intento” (pag. 51). Lo scopo è capire “il senso del riconoscersi” nella ricerca eterna del significato del nostro essere qui adesso come sempre è stato. La poesia scrive su “alati pentagrammi / a bordo del nulla” (pag. 52), ma questa fragilità la sua forza perché essa è il Nulla primordiale da cui tutto può essere sgorgato “La Risposta di tutte le vite/ l’ultima Domanda d’amore,/ infine esaudita” (pag 52).

…..Dicevamo della poesia come sfida alla gravità. Il gioco dialettico tra Luce e Nulla rinvia, in questo contesto di poesia legata alla classicità come forma mentis culturale, alla sapienza gnostica: la poesia è la forma di ascesi verso la luce, verso la conoscenza. La poesia è fatta per liberarci dal peso delle cose. La parola poetica, e qui mi viene in mente la posizione di Hölderlin ripresa filosoficamente da Heidegger, è la sede dell’aprirsi dell’essere, è la possibilità che abbiamo di innalzarci, di com-prendere quelle parti di noi e del mondo che ci sfuggono, di evitare la rassegnazione del silenzio, che pure è il fondo insondabile e necessario della nascita della parola stessa. Il poeta cerca la luce e la cerca immergendosi nella sua assenza: “Invece corteggio la tua assenza/con corone di nomi e sillabe/di stelle dentro la notte” (pag. 53).

…..Il poeta è un rabdomante della parola e Gabriella Cinti è capace di descrivere poeticamente il processo della creazione letteraria. In “La stella donata” con coerenza di stile e contenuto tematico scrive: “Le parole sedute con te/ ai bordi di notte lunata/respirose di silenzio…/poi una sera, capto/ tenui segnali di prodigio/… quando giustizia di bene/ smalta la pittura del desiderio… La stella donata per leggere/ confidenze di sorriso astrale, porta/ risplendenza di destini allacciati” (pag. 55). La poesia come destino che apre alla conoscenza, dunque: “Tutte le voci pensate/ nel tuo canto muto/trovano patria nell’isola d’aria/ dove… /ti troverò/ nel centro del sogno,/ sorriso fresco del vero” (pag. 56). Come nella tradizione gnostica, l’aspirazione profonda dell’uomo è il vero, è la conoscenza delle cose che emerge dall’attraversamento / superamento del caos. Forse per questo molte poesie di Cinti propongono degli incipit in cui il contesto di partenza è sempre la descrizione di qualcosa di incerto, magmatico: “Sollevo dal sommerso/ il gesto largo, curva leggera/di vento interno alle spalle./Ma il giorno si apre diviso/ in polvere di provvisorio,/frattali di inquietudine/ sena ritmo di forma/” (pag. 57). La poesia descrive la poetica e la poetica si fa poesia in un cerchio “estetico”.

…..Nella poesia qui citata (“Mi manchi”) c’è anche una sorta di scambio simbolico tra la poesia ed un oggetto amato assente (la conoscenza, ma anche una persona reale), operazione poetica che riporta e risale alla lirica greca classica di Saffo. Questo registro lo ritroviamo in “Ri-cor-darti “ (pag 59) in cui il gioco sillabico del titolo coglie gli elementi dell’eros delicato: “l’essenza rossa del sentire/… la memoria un tuffo/ alle radici,…/ come si sussurra a un dio /perché ti ascolti/ “(pag. 59). Il meccanismo dello scambio simbolico tra poesia-amore-conoscenza–ricordo (una forma nascosta di neoplatonismo?) lo ritroviamo in “Anche il ricordo è rito” dove l’incipit è chiaro: “Le parole nel cerchio della luce/riscaldata sfera del pensiero/… anche il ricordo è rito/ e per pensarti indosso raggi/ e ricami, abbellisco il respiro/così quando ascolterai /la musica inudibile/.. riconoscerai la danza del dire/ impronunciato, la cera calda/ del canto immaginario…” (pg. 61).

…..Lo gnosticismo di fondo ritorno in “Meridiana d’amore” quando Cinti scrive: “Le voci slacciate nel buio/ per liberare il passato-prigione/ dentro la rotta non percorsa” (pag. 62): la memoria “dipana meraviglia” se accompagna la “nostra ascesa” e la parola poetica è “vertigine del profondo”, “appuntamento con la luce”. Una poesia quindi ricca di senso estetico, come si diceva, che aspira alla levigata cura del Bello.

…..Gabriella Cinti non teme di apparire “non-contemporanea”: credo che per lei vi sia nella poesia qualcosa di non colto, di non risolto, di inesausto al quale vale la pena di attingere, qualcosa che va coltivato e, se possibile, ereditato. Si tratta di una sorta di “utopia del Bello” che si pone fuori dal tempo: “capire la vita/ che ripete il suo vero filo/ dei minuti illuminati dal tepore. /Ma tu, più di me, spingi l’istante/ nel varco inviolato dietro orizzonte. /io non so volere l’infinito” (pag. 65) Versi montaliani esplicitamente che però Cinti rielabora con voce propria.
L’utopia del Bello ha un suo correlato, come già abbiamo accennato, nella consapevolezza dell’istante, dell’augenblick filosofico. Siamo comunque nella “culla di un istante”, siamo immersi nei frammenti della vita, ma è qui che si nasconde la possibilità della luce, del vero: “Un solo frammento, filamento/ stellato di memoria, l’istante/eternato, sillaba di verità./ Abita il sorriso dell’agnizione/ nel luogo d’anima e di suoni/ ed è facile riconoscerlo/ se lo ritrovi ai bordi del sentire” (pag. 69).

…..Non c’è scissione in Cinti tra il “sentire” e la “scia della parola pensata”: è un processo gnoseologico totalizzante quello messo in moto dalla poesia che unisce così intuizione e pensiero inesauribile. La poesia ci mette di fronte al vuoto, ci dà lezioni d’abisso e con versi che ricordano T.S.Eliot leggiamo: “Cado impreparata nel temibile aprile/ dove i dintorni dell’insperato/ screziano strilli di chiaro / e lampi diagonali di avvenire/” (pag. 71). La poesia si specchia nel silenzio ma presiede alle nozze tra stupore e incanto, fino a dirci che “Natura per arcano sceglie/ la mia fuga dalla storia/ nell’argilla originaria/ di nuove ali per il volo/ al centro del tuo sorriso” (pag. 72). La poesia di Cinti è a-storica, aspira svincolarsi dai legami con la storia, con la cronaca, si protegge dalla chiacchiera, direbbe ancora Heidegger.

…..La poesia non ha nulla da raccontare se non se stessa, il suo farsi e darsi, ritrarsi e ritrovarsi nello spazio dell’essere. Così la poesia “parla” al poeta e dice: “guarda la Parola dentro l’Abisso,/guarda nell’oltre del Vero/ dove il tuo Segno/ ha sagoma di Sogno” (pag. 73). Le maiuscole non sono a caso: Gabriella Cinti si fa Sacerdotessa della Poesia e cerca Verità altre nella dimensione estetica della parola. Qui la poetica e la poesia sono appunto chiuse in un anello. La poesia esprime il punto di vista della poetessa sul processo creativo e sul ruolo che lei le attribuisce. E molti sono i testi qui proposti che si propongono come una sorta di variazione sul tema: “Dono di mistero”, “La gioia del frutto”, “Cantarti la luce” e così via.

…..Talvolta l’ascesa-ascesi non arriva alla luce, alla pace del sorriso (altra metafora fondante del testo), ma si arresta nella zona del Mistero, ma è ancora e sempre il magma del Caos ad alimentare lo slancio del verso, a dare una ragion d’essere alla poesia che è “riparo evanescente/ a tutto questo cadere” (pag. 80), un “sogno d’aria”, “primavera dell’istante”: la forza della ripetizione si manifesta con convinzione teatrale, in un forma di dannunzianesimo moderno che respinge il crepuscolarismo della lingua ordinaria, che cerca l’effetto lirico classico tanto che ritroviamo la poetessa “inginocchiata nella luce”, (pag. 89) ai piedi dell’Essere, della Parola.
Il poeta non ha bisogno di gridare al mondo il suo disagio, il poeta è già “diverso” per essenza e il silenzio del mondo intorno, la sua indifferenza rende la parola ancora più alta. In tal senso la poesia è costruzione alchemica: “Nutro la tua voce/ in alchimia d’inchiostro/ e non so se puoi avere/ la forma della luce” (pag. 93), costruzione che deve fare i conti con il gioco di carte della vita: “Quattro nuvole nere mi dicono di no” ed è tuttavia “la lingua del tuo vento” l’unica speranza che “muova il risveglio del sorriso” (pag. 93).

…..Ma poi quasi improvvisamente, pur restando coerente sul piano stilistico e linguistico, Gabriella Cinti propone uno scarto tematico: ed ecco una serie di poesie in cui la lirica sposta il suo focus sui ricordi personali, sugli affetti, sulla memoria. E’ come se ci fosse una pausa, uno smarrimento emotivo in cui il “gioco elegante del pensiero” della poesia mostra il bisogno di guardare verso un oggetto, possibilmente amato così come insegna la grande tradizione classica. Così abbiamo una sorta di canzone d’amore (“Angelo del mio risveglio”, pag. 94), oppure una sosta accanto alla “.. fiamma combusta degli anni,/ cera disciolta nel tempo-conchiglia” di “Ponte di cipria a Firenze” (pg. 95) o al “ricordo breve” di un volo ad un’anima “correlata a te” (pag. 100).
La poetessa indugia in momenti di abbandono lirico più intimista: “Sono sempre stata il tuo negativo fotografico/ e il laboratorio delle stelle moltiplica/ l’imperfezione della vita e degli affetti” (pag. 101) sempre senza mai dimenticare la propria specifica cifra poetica: “Tu a me presente/ per iceberg di sillabe”. Interessanti in questa parte le poesie dedicate alla madre in cui l’aspirazione verso l’alto qui si piega su istanti più elegiaci : “Da cinque anni, madre,/ celebro la vita tua dentro di me/ e ti restituisco a gocce e stalattiti/il tuo tempio d’amore,/casa di biscotti / o tue colte parole/ e io in ginocchio, riconoscente” (pag. 105); e più avanti in “E’ tuo quel dono” dedicata al padre: “ti porto in dono/il misterioso profumo/ del benzoino,/ i licheni di Sbarbaro/ e i sapori che tanto amavi” (pag. 119).
In tale inatteso intimismo tematico, il tono si abbassa allo sguardo della realtà dell’amore, dei ricordi in cui il dubbio, lo smarrimento dipingono la poesia con colori più tenui. Che tuttavia fanno sempre parte del discorso poetico di Gabriella Cinti in quanto “colori sapienti del pensiero/il tesoro dell’Indicibile” (pag. 120) che come tale non galleggia nell’empireo astratto dell’universo, ma nel profondo di ciascuno di noi, perché la poesia resta “la parte nascosta del tuo sorriso” (pag. 121) e la poetessa finisce per dichiararsi seguace di Leopardi descrivendosi “Discepola del tuo Sogno/ fuori dall’oggi, mi dilaga/ il silenzio del futuro” (pag. 125) perché siamo “malati ancora di separatezza, /orfani di eterno: la trascendenza/ assillo di relitti viventi/ in continua deriva d’altrove.” (pag. 126). L’intimismo trova così una soluzione nella suggestione di questo legame in cui “ogni mio respiro” è debitore “del tuo raggio” (pag. 127) intrecciando così le due dimensioni: quella della parola che canta se stessa e quella della parola che converge verso l’interno del sé, in un unico filo.

…..Il libro ha come sottotitolo “Poema da viaggio” e Gabriella Cinti stessa ci ha detto che “Il mio viaggio poematico è in direzione di un oltre originario, percepito per istanti, nella divinazione e nella poesia. Una ricerca del divino dentro la voce della parola come contatto con il fondamento salvifico dell’essere: per guadare, l’abisso del mistero e quello del silenzio, interrogato ed espugnato con armi di parola, di sorriso e inesausto slancio volitivo. Non meno significativo, è l’afflato cosmogonico che circola nella raccolta, nel ripensamento di un’origine sempre più primordiale come sfondo di ogni tensione vitale e metafisica” (su “Anticipazioni” a cura di A.Vaccaro in “milanocosa.it”).

…..Questo viaggio, decisamente fuori dall’ordinario, si chiude emblematicamente con la poesia “Luce e destino” che merita di essere ripresa per intero:

Vado verso il dentro,
in migrazione di elettroni,
mutando linee e percorso ogni volta,
per salti discontinui,

salvo la certezza di farmi luce

e poterla raccontare,
e trasmetterti la danza
di vibrazione colorata,
per puro slancio,

anima e idrogeno, la stessa energia.

Di questo viaggio – storia di ombre mutanti
a cui dare voce – è il mio tempo:
lo attraverso per diffrazione,

ondulando i miei gesti
con fiducia elastica,
nel quadro dei giorni.

Espansa a ventaglio
mi affido ai fotoni pensanti
nel segreto dell’interferenza,
luce e destino, mistero parallelo.

…..La poesia di Gabriella Cinti è letteralmente frutto di un “universale senza concetto” e riesce a creare un mondo pressoché autosufficiente, arcaico quanto presente, specialmente sul piano della lingua; un mondo poetico che fa della drammaturgia letteraria un suo specifico, che porta sulla scena la Parola poetica anche a costo di apparire inattuale, fuori dal canone abituale per legarsi ad un canone lirico antico apparentemente “fuori registro” che sa però coinvolgere e affascinare come sanno fare le cose belle in sé.

…..Stefano Vitale

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…..DA CAOS A CAOS

L’incontro era già nell’Alto,
confusi primordi dell’essere,
noi indistinti portatori di intento.

Nel momento esploso della collisione,
capiremo il senso del riconoscersi,
la fiammella dal caos al caos,
materia anima significato.

Eravamo nubi di spore vaganti
pellegrini dei sistemi solari,
intermittenza di sorrisi stellari.

Io ero un ramo del tuo pensiero,
la fronte coraggiosa della tua chimera,
l’amore dell’ombra,
il segreto del gioco astrale.

Nel transito d’abisso,
tra le intenzioni incenerite,
si dissemina informe
la storia delle nostre pupille,
il palpito invisibile disincarnato,
la Rosa di sangue precipitata nel buio.

Ed ora, tra pareti d’inverno,
tra araldi di gru, alati pentagrammi
a bordo del nulla,
dipingo l’antico soffio,
le convergenze, le frecce
e il ricordo della luce.

Strappata dal tutto,
incommensurabile esilio,
vedo, ai lati del tempo,
Sovrumana dimora,

La Risposta di tutte le vite,
l’ultima Domanda d’amore,
infine esaudita

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 …..LEZIONI DI ABISSO

L’orlo della tua risposta, inafferrabile frangia
tende le corde del silenzio

accade la tua presenza rarefatta
a celebrare l’impossibile

La luce incontra il bordo del tuo respiro
e le tue mani alte oltre l’orizzonte
non tramontano quando il vuoto
si insedia tra le ombre del viso.

Vacillando permani
a tracciarmi il disegno del salto,
salpato l’ultimo volo augurale
il Deserto astrale pure vibra
dei tuoi echi espansi.

Nell’ora che annulla la voce
quando la Signora della vertigine
ha dismesso ogni possibile sorriso,
la curva del visibile dislocata è
senza sembianza d’ascolto,
invasa dal niente.

Da te ora prendo lezioni di abisso.

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…..DA LIBERA AGGREGAZIONE DI ATOMI

Da libera aggregazione di atomi,
imperfetta comunione di cristalli,
dal brulichio siderale …

È così simile alla nostra storia.
Sorride specchiata l’anomalia del destino
nell’asimmetrico incontro tra materia e antimateria.

Sono sempre stata il tuo negativo fotografico
e la camera oscura delle stelle
moltiplica l’imperfezione della vita e dell’amore.

Eravamo lì, deviazione perfetta
tra le bolle del primo vuoto,
nel mistero attrattivo della materia oscura.

Ci fu sempre familiare deviare le galassie
per inclinazione arcana,
lo scarto infinitesimo che genera il tutto.

Di questa natura è il tuo sorriso segreto,
dislocato nel sogno tra i miei frammenti,
deragliato dal tuo altrove astrale.

Compiuta la transizione nel difetto
divenuto prodigio
vola la mia voce di carta
coro solitario di elettroni d’amore.

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…..Note sull’Autrice
…..Gabriella Cinti, nata a Jesi, italianista, poeta, scrittrice, saggista, performer in greco antico.
Libri: Poesia: Suite per la parola (Péquod, 2008), Euridice è Orfeo, (Achille e la Tartaruga, 2016), Madre del respiro, (Moretti e Vitali, 2017).
Saggi: Il canto di Saffo-Musicalità e pensiero mitico nei lirici greci, Moretti e Vitali, 2010; La lingua del sorriso: poema da viaggio (2020). Sulla sua poesia, il saggio: Franco Manzoni, Femminea estasi.
Sulla poetica di Gabriella Cinti, Akgra editore, Catania, 2018.
Vincitrice di numerosi premi nazionali e internazionali, sue poesie sono presenti in diverse antologie. Tradotta in inglese e greco moderno.

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