“La macchina del tempo” di Raffaele Floris
Poesia 2018-2021
(Puntoacapo, Pasturana (Al),2022)

…..“Accade un vero e proprio esercizio di felicità mentale quando si legge la poesia di Floris. Felicità da intendersi come pieno appagamento estetico: la perfezione formale domina la scrittura in endecasillabo…” (dalla Prefazione di Ivan Fedeli, pag. 5).
Questo è il primo dato della poesia di Floris che da sempre considera la poesia “forma” che trova così la sua ragion d’essere. E allora il lavoro di lima diventa, nel tempo, modus naturalis di porsi del pensiero poetico, natura stessa del poeta e del suo dire. Floris appare, per così dire, inattuale restando lontano dalla sciatteria espressiva, dalla banalizzazione emotivistica pseudo moderna, dalla tecnologicizzazione del linguaggio che strizza l’occhio al virtuale o peggio ancora dal neo-orfismo baroccheggiante di riporto. La poesia di Floris è invece curata, elegante, delicatamente timbrica, antica, rassicurante anche quando si offre inquieta.

…..Scrive ancora Fedeli: “si entra in un confine impalpabile dove il silenzio dell’ascolto diventa la chiave di interpretazione dei testi che accadono, uno dopo l’altro in un sistema chiuso dove la realtà appartiene alla forza della parola” (ibidem pag. 5). La poesia per Floris è spazio dell’ascolto di se stessi e del mondo, poesia che non si chiude, ma che racchiude dentro di sé in uno spazio-tempo specifico una lettura altra della realtà, senza staccare lo sguardo da ciò che ha spinto la parola ad esporsi. Il poeta è appartato, ma la sua parola cerca, rovista, esplora, illumina “il mondo dei senza nome, dei dimenticati della storia, sia che la vita si volga nel presente stringente o si perda nell’evanescenza di un nome, di un ricordo” (pag. 6).

…..Floris qui non rinuncia alle sue abituali atmosfere crepuscolari e personali, ma le riattiva all’interno di un respiro più vasto che si apre a riflessioni sul presente e sulla storia, sui fatti della nostra contemporaneità attraversata dal dolore, dalla guerra, dall’ingiustizia, come fu, è e sarà. La pietas di Floris tocca i tasti di un doloroso umanesimo che assume la postura di chi si china sull’altro esprimendo una forma di resistenza riflessiva. Compaiono così anche poesie a strofa unica, e non solo le sue classiche poesia a quartine, che egli reputa più adatte a raccontare le tappe di un viaggio attraverso l’umanità ferita di Damasco, Managura, Dadaab, Kano, Kabul. E ciò che per noi è lontano, con la poesia si avvicina: il male assoluto, le violazioni dell’uomo ridotto a cosa che ci coinvolgono pur restando situazioni universali.

…..La poesia di Floris si regge, come da sempre, su un equilibrio tra una dimensione materiale, fisica e qualcosa di etereo, di volatile a cui il ritmo degli endecasillabi da un ordine. Una serie di poesie oscure sono presenti in questa raccolta, quali capitoli della storia contemporanea costellata di morti, stragi, uccisioni e irrompono, sia pure con immagini letterariamente misurate, nella quiete del paesaggio poetico di Floris. Una “svolta civile” che è un aprirsi dell’io poetico e del suo mondo, solitamente più intimo, al mondo che esplode fuori, un riconoscersi tragicamente in una storia collettiva che obbliga ad una presa di coscienza che conferma però le scelte della poetica di fondo di Floris: quella di chi sa che nessuno potrà arginare l’erosione del tempo, l’andarsene delle cose.

…..La poesia di Raffaele Floris ha come sua cifra un misurato senso di sospensione, di immobilità, che ritroviamo ne La macchina del tempo. Eppure questa macchina, se da un lato ci permette di viaggiare nel passato, o nel futuro, al tempo stesso inghiotte tutte le cose, le divora, le trascina in una «infinita voragine». La macchina del tempo è allora quello strano meccanismo poetico che ferma, trattiene, sospende questo svanire, per un istante.

…..L’immobilità è un fermo immagine che ci illude di bloccare il tempo, ma è l’unico modo per Floris per non dis-perdersi. E non stupisca la solida presenza dell’immagine della pianura, spazio che racconta il dispiegarsi dell’apparentemente uguale, con le sue nebbie che paralizzano, coi canali che tagliano la regolarità del paesaggio. Questo paesaggio familiare che è anche metafora di una ciclicità del tempo che muore e rinasce, un paesaggio fatto di cortili, di campi, un paesaggio in cui la presenza dell’uomo si fa rarefatta e dove sono i salici, i gelsi, l’ibisco, le rose rampicanti – o i lupi, le volpi, i pipistrelli a rivelare la vita. Un paesaggio di inquieta e rassicura, come il linguaggio che Floris da sempre adopera per attrarre i suoi lettori.

…..Acutamente Fedeli annota: “Caratteristica di Floris, nello specifico della presente produzione, è quella di intersecare i piani del presente e del passato rompendo la linea che li separa” (pag. 8). In questo libro, e non è una contraddizione con quanto detto prima, Floris esplora un mondo frammentato, fatto di istanti e di vissuti, si muove in una zona di confine in cui tutto appare e scompare, in cui il senso ultimo della realtà svapora, tutto si dilata e rimanda ad altro.

…..“La macchina del tempo” è la metafora che connette passato e presente, che nasconde e illumina al tempo stesso, che ci confonde, ma che ci riporta a noi esseri instabili, fragili e per questo paradossalmente presenti a noi stessi. La visione di Floris accosta, con abile lucidità, da un lato la sofferenza per il tempo che passa, per la tristizia di una storia che, individualmente e collettivamente, si ripete, dall’altro lato il desiderio di pace, di una radice che apra ad una nuova luce dove il paesaggio dell’anima rassomigli a quello del mondo.

…..Stefano Vitale

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LA MACCHINA DEL TEMPO

La macchina del tempo: un’occasione
che non vorrei per me, ma per i gelsi
custodi dell’autunno. È la finzione
degli anni, dei sentieri che non scelsi.

Sconfina la pianura, come sempre
succede. Lei che ha fame di radici,
di fossi: non c’è chiusa che abbia tempre
gagliarde e polsi senza cicatrici.

Così nasce il dolore. Non c’è scampo
la nebbia, come sempre, in controcampo,
la resa, questa volta, sulla scena.

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#DAMASCO

La bimba alza la testa e guarda il cielo
Sola, nel labirinto degli androni,
gli occhi disposti a immaginare un mondo
senza fragore. Ondeggiano le case
sventrate dall’ingiuria del mortaio.
Quanti sogni sepolti, quante vite
Sotto scacco, quanti cieli perduti
sulla via di Damasco, ora Via Crucis.

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LA SOGLIA

Sarà la neve, sarà questa luce
che non dà tregua ai campi, alle colline
dov’è tornato il lupo e si riduce
a mendicare avanzi; ma il confine

tra questa luce e il pianto a pochi passi
non c’è. Vorrei pensare al tuo giardino
come a una ricompensa: se varcassi
la soglia potrei farlo a capo chino,

coi battiti del cuore in controtempo.
Ma senza questa luce: non dà tregua
ai campi, alle colline dove il tempo
si estingue, dove il lupo si dilegua.

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TERRA DI CONFINE

Vento sin dal mattino. Ha scosso i rami
delle robinie, i nidi delle gazze
ondeggiano al livore di gennaio:
i campi sono terra di confine.

La terra è attraversata dal silenzio,
da solchi lunghi, dalla corsa astuta
e folle dei cinghiali, inconsapevole
di quella forza quasi primordiale.

Cosa ci resta di quelle sere
nebbiose, delle rogge, delle chiuse?
Quanti bocconi amari, quanta pece
Nelle radici dei gelsi estirpati!

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CARILLON

Le case abbandonate hanno finestre
decrepite e l’angoscia dei solai;
giornali, cofanetti, calamai,
qualche vinile delle grandi orchestre

dimenticati per un contrattempo
banale o sbrigativa noncuranza.
L’intonaco azzurrino della stanza,
il trucco della macchina del tempo

è cielo finto. Tende di chiffon
sdrucite, un nido vuoto sulla trave:
da qualche parte, forse, c’è la chiave
per quel Notturno dentro al carillon.

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…..Note sull’Autore
…..Raffaele Floris è nato a Pontecurone nel 1962, ove vive tuttora.
…..Sue poesie sono apparse nella rivista La clessidra e nell’antologia Poesia Alessandrina (Novi Ligure 1999). È incluso nell’Antologia della poesia in Piemonte e Valle d’Aosta (puntoacapo Editrice, Pasturana 2012) e nell’Antologia della poesia in provincia di Alessandria (ivi 2014); in vari blog e riviste letterarie, tra cui: www.larecherche.it, www.ladimoradellosguardo.it, https://alfredorienzi.wordpress.com/.
…..Dal 2013 è membro della giuria del concorso G. Gozzano – A. Monti di Terzo (AL). Recentissima è invece la sua collaborazione con l’International Web Post con le rubriche PROPOSTE DI LETTURA e Rileggendo POESIA.
…..Pubblicazioni: Il tempo è slavina, ed. Lo Faro (Roma 1991) – silloge poetica; L’ultima chiusa, ed. Joker (Novi Ligure 2007) – silloge poetica; La croce di Malta, puntoacapo (Pasturana 2013) – romanzo breve; L’òm, l’aşi e ‘r pulóu, PiM ediz. (2016) – detti, proverbi e filastrocche in dialetto pontecuronese, con cenni di grammatica; Mattoni a vista, puntoacapo (Pasturana 2017) – silloge poetica; Senza margini d’azzurro, puntoacapo (Pasturana 2019) – silloge poetica.

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