La
pazienza dell’inverno
[…]
Alessandra Paganardi ha naturale familiarità con il dolore della mente, con la malinconia dell’esistenza, con le virgiliane lacrimae rerum che si addensano su ogni destino, ma sente la sua poesia come arma complessa e potente di salvezza:
complessa, perché riverberando il dolore nelle parole c’è la possibilità di accentuarlo, ma potente, perché trattando l’angoscia dentro la scrittura, dentro la materia
di parole vive che ricordano e reinventano, la si può anche esorcizzare.
Da sempre, parafrasando Char, il poeta non può che fare arte
di fronte alla morte.
(Dalla Prefazione
di Marco
Ercolani)
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VII
Di quella pietra nel cemento
non è rimasta che un’impronta vuota.
La terra ha una memoria minerale
si riempie quando passa forte il vento
o il piede indelicato del passante
a scalciare la vita
allora il vuoto sente ancora
il grave
un diapason che mai nessuno vede –
la cartina si tinge dietro gli occhi
se ritorna il dolore.