Chiara Gamberale: “Adesso”. Feltrinelli, Milano, 2016

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Chiara Gamberale è la voce femminile del “baricchismo” dilagante di cui spesso ci siamo occupati. Ma in lei c’è anche l’aggravante del moccianesimo-gramellinismo. Insomma davvero una scrittrice di grido, come si dice in questi casi.
Questo raccontino è perfetto. Un format ben congegnato, perfetto nell’incarnare il main stream della narrativa dominante. Renato Barilli lo ha chiamato “neo-neorealismo” di un contesto, il nostro, totalmente immerso nell’era consumistica del gossip, del post post-moderno diluito e liquido della realtà. Che ovviamente riguarda anche le vicende del cuore. Anzi, soprattutto quelle. Perché lo scopo è una letteratura mimetica, un raccontare che ci rassomigli nella nostra banalità e che ci faccia sentire normali, tutti uguali. E la forma corretta è quella della cronaca dell’”incontrarsi e dirsi addio” ottima per vendere alla TV una fiction che duri un paio d’anni. Ci vuole talento e non manca ai nostri eroi della moderna letteratura di consumo.

Il personaggio principale è Lidia, che esce da una storia importante con Lorenzo. Ma ora è finita e sta con Pietro. Eppure nessuna storia finisce mai davvero e si sta sempre dentro ad una specie di centrifuga dei sentimenti senza emozioni. Lidia vive il dramma interiore di non aver avuto figli. Capita. Ma per fortuna c’è Marianna, detta Colibri, figlia di Pietro. Tutto normale, insomma. Una storia dei giorni nostri. Di quelle sempre pronte a moltiplicarsi di default.

Anche i figli sono nella stessa barca che muta costantemente direzione sentimentale mentre sullo sfondo si agitano le storie malate di padri e figli, piene di malattie tremende, incubi e disgrazie varie, persino suicidi. Tutto scorre e se ne va nella grande giostra di questo eterno presente narrativo. Naturalmente la gente lavora anche, spesso nel fatuo mondo della TV e dei media. Giusto per non far mancare un po’ di critica sociale.

La vita di città ha poi i suoi ritmi, i suoi agi e disagi metropolitani. Per fortuna si va in vacanza al mare, al Sud. Ma anche qui saltano fuori i problemi di coppia, le difficoltà delle convivenze allargate e incrociate, con lanci di piatti e statuine, rotture e riconciliazioni, tutto nel rispetto delle sacre leggi della soap-opera.

Niente di male a narrare di queste ovvie vicende quotidiane che tutti conosciamo. Il fatto è che Gamberale ha anche uno stile sciatto e slavato, prevedibile e retorico. Ci sono altri esempi analoghi nel panorama nostrano attuale, ma altri tentano almeno di salvarsi con qualche intrigo, con eventi forti. Qui niente: tutto deve scorrere placidamente, senza scossoni. Gamberale ha un ritmo dispersivo, diluito che cerca di movimentare con qualche stratagemma modernista: l’uso delle e-mail come fosse il romanzo epistolare d’un tempo. Pertanto saltano fuori frasi lapidarie e concise, le solite pillole di saggezza definitiva che costruiscono una bussola per noi poveri lettori così chiamati a schierarci, a partecipare, come fossimo l’antico coro della tragedia greca.

Perché a tutti noi potrebbero accadere le stesse cose dei nostri eroi. E c’è da imparare visto che siamo tutti degli analfabeti emotivi. I personaggi principali, Lidia e Pietro, hanno poi la fortuna di essere sintetizzati in quello che viene definito un “curriculum vitae amatoriae” che ci permette di capire in poche pagine con chi abbiamo a che fare. Sintesi provvidenziale che cerca di mettere un argine, burocratico, ma necessario, alla natura liquida e svolazzante di un testo ottimo per la spiaggia, ma assolutamente inutile per una qualche prospettiva letteraria. Ma come sapete, vende e tanto.

Alterez
Giugno 2016

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