“L’OMBRA DEL MONDO” di PIETRO MONTORFANI
(Nino Aragno Editore, Torino 2020)

…..“L’ombra del mondo” è un libro particolare perché appare, da un lato, urgente per la sua attualità e, al tempo stesso, si propone come un libro riflessivo e più ampio. Pietro Montorfani, svizzero di Bellinzona, ci conduce, con la poesia, in un viaggio attraverso l’Europa, “attraverso un continente che non è solo una geografia, ma è in primo luogo un’idea. Un’idea che si nutre di più idee, di città e di confini, rilievi e corsi d’acqua, di memoria e progetto, e inevitabilmente di dubbi e domande” (Marco Vitale, nella sua prefazione). Quindi non un giro turistico, non un libro di cartoline più o meno cariche di emozioni.
Qui entra in gioco, sia pure con voce sommessa e disincantata, una riflessione sulle nostre radici, sulle culture che ci uniscono e distinguono. Qui è visibile, grazie allo sguardo del poeta, e allo “strumento della poesia”, la ricerca, sobria e meditata, di una prospettiva possibile di esplorazione di uno spazio mentale e fisico che va ripensato.
Montorfani è lucidamente ancorato alla sua realtà storico-culturale, ma la condizione che stiamo attraversando come comunità europea intera, si specchia nelle ombre e nelle luci della nostra condizione umana. Non c’è quindi traccia di questione “politica” se con questo termine intendiamo la volontà di far parte di uno schieramento, di una fazione. C’è invece consapevolezza delle derive che abbiamo intrapreso. E la via d’uscita è culturale, va cercata nei valori che ci hanno segnato.
Pietro Montorfani è svizzero, vive in un paese con una sua storia di autonomia e indipendenza particolare, ma pone una questione “politica”, che riguarda la polis, la comunità tutta. Non ci sono in questo libro appelli, manifesti, prese di posizioni mediatiche: c’è la ricerca poetica di una “relazione” con se stessi, con il mondo, con forme di esperienze storiche e culturali che definiscono un’identità in movimento. Il viaggio che ci propone Montorfani è reale e figurato al tempo stesso, è un viaggio dello sguardo verso le cose, ma mira a individuare i “caratteri” peculiari del “paesaggio” storico e culturale, oltre che geografico europeo, facendoli riverberare nel paesaggio interiore del poeta, rappresentato appunto in forma di poesia.

…..Il libro ha una sua architettura precisa: quarantanove testi suddivisi in sette sezioni di sette poesie ciascuna e la prima di ogni sezione sempre in corsivo e senza titolo, le altre sei sempre con un titolo e in tondo. Una scelta formale che contiene un messaggio di ordine che è però desiderio di chiarezza, una struttura pensata che è anche voglia di libertà espressiva. Tutte le poesie sono attraversate da una precisione nitida di linguaggio, sono scritte con una lingua “piana e affabile” che però sa creare “un effetto di straniamento” fecondo, che fa riflettere, pensare nell’emozione dello sguardo.

…..L’ombra del mondo è il titolo della quinta sezione del libro e ne rappresenta il cuore. Il poeta si domanda “Cosa resta”: “Non ricordi, ma segni/ di cose sperate,/ visioni violente/ di futuro: ragioni inconsuete/ e atti di terrore, legami / mai volti prima./ (pag. 61). Montorfani coglie uno preciso stato dell’arte della nostra umanità: “Troppo presto si muta/ in guardie e ladri/ il gioco del mondo,/il tratteggio di gesso ostile/ in noi e loro” (pag. 62). E ancora nella poesia “Confine”: “Ci protegge dall’altro/ a giorni alterni,/ ci difende dall’oltre/ informe” (pag. 63) e quindi in “Moto ondoso” (pag. 64): “..Il mare si chiude come terra/ su zattere di volti senza vita” . Così come semplicità efficace il poeta ci restituisce il senso grave dei nostri giorni di cui vediamo “Nella notte ossolana gli svolazzi/ quasi senza meta degli uccelli/ segnano costellazioni” (pag. 66).

Che agonia questi ultimi
giorni d’Europa, accesi da albe
di destini infranti,
chiusi da sere di notizie
sempre uguali.

Muta e non muta l’orizzonte
e inspiegabilmente si avvicina,
stringe la mente dentro un cerchio
che solo il cielo contiene.

…..Ma il viaggio era partito dalle sponde di casa, “davanti a porti di città di lago” per accogliere le notizie che giungono da “quel mare senza sponde che si/ chiama Europa” (pag. 19). Qui domina la parola “buio”: “… superato il più stretto/ corridoio d’Europa nel cui/ buio si muore …” (pag. 22); “…” è meglio che si adagino sui treni/ e attendano, dentro il buio dei monti,/ l’altro lato …” pag. 23); “ci tocca un sonno dritto senza sogni/tra le rocce più nere/ dove nulla succede” (pag. 24) – i corsivi sono nostri).
Il punto di partenza è dunque oscuro, buio, nero, ma si deve andare. Perché siamo tutti “gente che passa”, che cerca altre sponde, nella consapevolezza della nostra fragilità, precarietà. Queste altre sponde le cerchiamo prima di tutto a cavallo della letteratura e con uno sguardo che finalmente può spaziare “tra Mosca e Gibilterra” dove “Un libro viaggia/ aperto su una pagina immortale” (pag. 31) conscio della storia vissuta, di lotte per l’indipendenza dei popoli (Daugava, pag. 32), segnata dall’orrore delle persecuzioni naziste (“Pietre d’inciampo,/frammenti di muro Praga,/ Cracovia e questa linea / la sola che segni ciò che fu ghetto”, pag. 33) sino al presente più leggero e sobrio di “sere stanche/ e silenziose” davanti ad una “spiaggia galiziana” o ad un pontile d’Irlanda dove “squadre di attempate pittrici/sciamano nude dal pontile/ bianche come rane” (pag. 36).

…..Lo sguardo è spesso dolente, dubbioso, interdetto, altre volte è ironico, consapevole, lucido; altre ancora nostalgico, amorevole. In ogni caso è “autentico”, è partecipato, sentito sino in fondo. Pietro Montorfani è poeta “misurato e studiatissimo, nel solco di una tradizione novecentesca che ha solidi punti di riferimento in autori di area lombarda come Vittorio Sereni, Luciano Erba e naturalmente il conterraneo bellizonese Giorgio Orelli” (Marco Vitale, prefazione). E’ grazie a questa misura e a questi riferimenti che Pietro Montorfani sa costruire un oggetto poetico raffinato ed elegante. Poesia apparentemente “fredda” che, con passo misurato, ci offre immagini di paesaggi sospesi tra la memoria della storia e la quotidianità del presente. Si prenda “Navigli” :

Qui dove acque si dilatano placide
non si celebrano miti del Nord
(sirene del Baltico e della Vistola
dove fermano fondano città),

qui, costrette in canali troppo umani,
sfiorano lente presepi sommersi,
stagnano nelle marcite, zampillano
senza tanta foga dai fontanili.

Le domeniche estive le sommuovono
braccia di canottieri in controluce,
ali di nuotatori-cormorano.

A ottobre lasciano gli argini
piano piano – passi leggeri sopra il ponte
e in fondo al greto un cercatore d’oro. …..(pag. 81)

…..E ancora si veda “Terre basse”:

Puro e concorde è il mondo
tratteggiato di piste per le citybikes.
L’universo è dei campi di grano
degli uccelli che tagliano a pieno volo. …..(pag. 82)

…..Il tema della centralità della cultura che s’intreccia con il presente storico torna nella sezione “Sopra Berlino”:

Le ali dell’aquila o dell’angelo
proteggono dall’alto la nazione
dalle mille vite,
sorvegliano i battenti della Porta,
le anse tormentate della Sprea? …..(pag. 39)

…..La tappa berlinese è un punto di svolta, un passaggio centrale: qui “la felicità si conta/ in quantità di cielo” e “Ovest è l’orizzonte in ogni dove” (pag. 41). Berlino è ancora il punto di equilibrio/rottura dell’Europa. La città emerge dal passato in cui il “Checkpoint Charlie” “entra nel tempo, esce/ dai meandri della storia … davanti agli occhi vacui dei turisti/ falso-ridenti sopra il memoriale (pag. 43 – qui Montorfani ricorda alcuni passaggi di Alessandro Fo che in “Esseri umani” tratta in modo analogo la visita al Lager di Dachau, cfr la poesia “Fuori Monaco”) per poi indicare che “Sotto, la città vive e s’incrocia,/ accoglie stranieri e li rigetta/ nella sua fredda ambasciata” (pag. 42). Ma è appunto nella forza della cultura che si conserva un seme buono e poesie come “Alla Staatoper” e “Matthaus-Passion” ne sono il segnale.…

…..Bach è un ruscello: scorre
da tre ore sopra il palco
a storia che tutti sanno,
suscita nuove vite. …..(pag. 45)

…..Montorfani è relativamente giovane (nato nel 1980) eppure scrive e si muove sul piano letterario, come fosse un “classico”, con lo stile e l’incedere di un autore “non contemporaneo” pur essendo assolutamente contemporaneo. Questa è una sua cifra davvero interessate: Pietro Montorfani non si lascia prendere da facili sussulti esistenzialistici o da sperimentalismi obsoleti; neppure cede a formalismi di figure retoriche più o meno destrutturate, men che meno si lascia andare a banali sentimentalismi o, come detto, ad altrettanto scontati “civismi”.
Pietro è un poeta e questo basta. Un poeta che sa gestire i metri della grande poesia lirica in lingua italiana così come intrecciare il verso libero e la prosa poetica. Ne vien fuori un libro che sa di antico, ma di quell’antico utile per continuare a cercare forme di esperienza poetica che non sia puro “sfogo” emozionale, ma sia ancora “letteratura”. Ovvero forma che ci restituisce il reale attraverso una chiave di lettura che mette ordine nelle cose.

…..Come ha ben scritto Guido Moni: “Pietro Montorfani parte e sempre partirà per dar testimonianza della sua visione dell’esistere che è cammino, spostamento, conoscenza enigmatica continuamente sperimentata nel mondo, nei suoi battiti inconoscibili” (in Azione.ch del 28/12/20).
Così mi piace chiudere questa nota ancora coi versi di Pietro Montorfani, versi che ci riportano ad un nodo irrisolto: quello dell’eredità del futuro. Il viaggio attraverso l’ombra del mondo non può essere fine a se stesso e il poeta è conscio della dura condizione che ci appartiene e che stiamo cercando di comprendere:

Per quando sarà
“Sii forte, mia dolcissima,
in questa prova assurda e incomprensibile”. …..(pag. 76)

…..Stefano Vitale

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…..Note sull’Autore
Pietro Montorfani è nato a Bellinzona (Svizzera) nel 1980 e risiede a Lugano. È dottore di ricerca in italianistica presso l’Università Cattolica di Milano, dove ha tenuto seminari di Letteratura italiana del Rinascimento e di Storia della critica letteraria.
Ha soggiornato in atenei stranieri (Mary Washington University, Katholische Universität Eichstätt) e ha pubblicato saggi sulla letteratura del Cinque e del Novecento (Lodovico Dolce, Pomponio Torelli, Giovanni Pascoli, Gianfranco Contini, Piero Chiara).
Con la raccolta di poesie 
Di là non ancora (Moretti & VItali) ha vinto il “Premio Carducci” e il “Premio Schiller incoraggiamento” nel 2012. Dirige la rivista «Cenobio» ed è collaboratore scientifico dell’Archivio Storico della Città di Lugano.

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