“L’UOMO BIANCO”, IL LIBRO INCHIESTA DI EZIO MAURO
(Feltrinelli, Milano, 2018)

 

Un’inchiesta sull’Italia di oggi, una riflessione radicalmente politica sulla mutilazione culturale che sta travolgendo il Paese. «Come è possibile che un uomo esca di casa armato e inizi a sparare sui migranti? Ezio Mauro scandaglia il caso Luca Traini, a Macerata, per svelare la ferita aperta del Paese: così funziona la macchina oscura che alimenta rabbia, paura, razzismo» – Siamo noi che, lasciandoci via via rinchiudere nella corteccia delle paure nostre e altrui, ci trasformiamo come dei mutanti, fino a voler tornare a distinguerci in base alla pelle e al sangue. È l’ultimo spettro italiano: quello dell’uomo bianco.

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Dove comincia e dove finisce, come cambia la normalità italiana? Si chiede Ezio Mauro. Ed è da questo libro che occorre ripartire. Perché, con seria lucidità e dolente consapevolezza, Mauro supera la dimensione dell’inchiesta giornalistica e va oltre la lettura della cronaca. Certo, come dovuto e come vuole la sua formazione, la sua storia personale e professionale, Ezio Mauro parte dai fatti di cronaca. Ma è capace di costruire e individuare un filo storico, filosofico e politico che, appunto, fa di questo libro qualcosa di molto più profondo e ampio.

Nel risvolto di copertina leggiamo: “I malumori, tornatene al tuo Paese, i calci, i pugni, l’insofferenza: “Perché sei qui, negro di merda?”. Pensiamo di essere rimasti uguali a noi stessi, mentre stiamo diventando attori individuali di un cambiamento collettivo. È una scala privata, invisibile, che scendiamo passo dopo passo, fino all’intolleranza, finché qualcuno spara ai “negri”. E proprio in quel momento, se guardiamo chi impugna il fucile, vediamo materializzarsi l’uomo bianco, ciò che certamente noi siamo ma che non ci siamo mai accontentati di essere.
Ma come è stato possibile regredire fino alla nostra identità biologica? Perché, abituati a dare la colpa di ogni cosa alla politica, non siamo neppure in grado di cogliere in questo rancore diffuso la sconfitta nostra, della cosiddetta società civile? “

Ezio Mauro prova a rispondere a queste domande che non solo la cronaca, ma la storia e il pensiero politico contemporaneo ci pongono. E lo fa immergendosi nella mutazione in atto, lascandoci sgomenti davanti alla fragilità del costume collettivo. Una riflessione coerente sulle contraddizioni della democrazia italiana e di una politica azzerata che non sa trovare soluzioni né per la sicurezza degli uni né per la disperazione degli altri, nutrendo e nutrendosi di paura e rabbia. Ezio Mauro supera così anche le diatribe della politica di oggi, ridotta a tifo da stadio, a zuffa di cortile, ma supera anche il rischio dell’accusa di “essere di parte” non solo perché individua le responsabilità di questo o quel partito politico, ma soprattutto perché ci offre una lettura razionale, documentata, storicamente e filosoficamente fondata e coerente di respiro ben più significativo di un semplice saggio giornalistico d’attualità.

Come detto, per analizzare questa trasformazione, che è dei nostri giorni, ma che ha radici lontane, Mauro si fa guidare e ci guida attraverso la più simbolica storia dell’Italia recente, che ha diviso il prima dal dopo: a Macerata, il 3 febbraio 2018, Luca Traini impugna una pistola e spara a caso contro tutte le persone di colore che incontra. È un gesto che non viene dal nulla ma, al contrario, si è avvalso di un clima di legittimazione strisciante, proprio di quel senso comune parallelo che si sta muovendo dentro di noi. Ma non solo. Ezio Mauro individua, con la sua nota cura di grande giornalista, i tanti fatti che in questi anni hanno segnato l’emergere di questo clima di violenza, intolleranza, indifferenza: dai fatti di Rosarno agli omicidi di Altrovandi e Cucchi, dai “respingimenti” di Gorino all’omicidio del giovane sindacalista Sacko Soumalia ai mille fatti di cronaca che hanno certificato il consolidarsi di un clima razzista e persecutorio contro ogni forma di “diversità” in Italia.

I fatti sono così, giustamente, la base del ragionamento, il fondamento per connettere la riflessione con la realtà, appunto. Ezio Mauro ci dice che “Siamo noi che, lasciandoci via via rinchiudere nella corteccia delle paure nostre e altrui, ci trasformiamo come dei mutanti, fino a voler tornare a distinguerci in base alla pelle e al sangue. È l’ultimo spettro italiano: quello dell’uomo bianco.”
Ma perché tutto questo? In principio c’era il “forgotten man”, l’uomo dimenticato, emarginato frutto degli effetti negativi della globalizzazione, figli legittimo della postmodernità. L’uomo che non ha rappresentanza, che non si sente più rappresentato dalle istanze tradizionali della politica e della società così come l’abbiamo conosciuta. Non si tratta esclusivamente di un soggetto povero economicamente. E’ certamente un soggetto povero culturalmente, socialmente, politicamente. Un soggetto che implode e poi esplode in forme di rabbia e solitudine. Che diviene preda facile della propaganda, delle forze che agitano ed usano gli istinti più bassi e primordiali. “All’appuntamento con l’uomo solo, si presenta così qui da noi un doppio populismo, senza progetto per il Paese ma perfettamente in grado di riempire lì immaginario ostile, rancoroso, ribelle che cerca affermazione e rivalsa”. Che va oltre, strumentalmente, le distinzioni tra destra e sinistra ed innesca il meccanismo del “noi contro di loro” – “loro contro di noi”. In America c’è Donald Trump che porta fuori da buio il forgotten man con sfrontatezza e violenza, agitandosi contro le elites e l’establishment (di cui fa comunque parte) e facendo dimenticare a tutti la sua origine, i suoi reati, i suoi trascorsi torbidi. Da noi in Italia accade una cosa simile che genera e accelera un cambio di comportamenti, di gesti e linguaggio.
Credo che oggi sarebbe indispensabile una rilettura del grande libro di Viktor Klemperer “LTL. La lingua del Terzo Reich” (Giuntina) per cogliere bene come il linguaggio anticipi, accompagni e sostenga più o meno consapevolmente tra trasformazioni della politica, della storia. Così come può essere utile rileggere i saggi di Adorno sull’antisemitismo in “Dialettica dell’Illuminismo” o i saggi di Horkheimer contenuti in “Crepuscolo”, tutti editi da Einaudi; per non parlare degli studi sull’ascesa del nazismo in Germania o i recenti saggi di Marco Revelli sul novecento e il populismo.

Nel 2018 ricorreva il triste anniversario delle leggi razziali in Italia del 1938, introdotte dal governo fascista, regolarmente eletto, così come lo era stato Hitler in Germania. L’uomo che spara a Macerata, l’uomo che uccide a Rosarno, a Vibo Valentia non è il frutto di un raptus casuale, ma il risultato di una semina di odio e risentimento, di solitudine e di vuoto politico. “Quell’uomo infatti è colui che invoca i muri contro gli altri, gli stranieri, i diversi, poi dentro quei muri si ritrova prigioniero, nel nuovo egoismo di una storia nazionale mutilata soltanto per sé, di una tradizione privatizzata e consumato a proprio uso, di una cultura svilita a strumento esclusivo di selezione e separazione. Siamo noi che, lasciandoci via via rinchiudere nella corteccia psicologica e ideologica delle paure nostre e altrui, ci trasformiamo appunto come dei mutanti, fino a voler tornare a distinguerci in base alla pelle e al sangue, quindi a regredire nell’identità primitiva biologia e corporea che a Macerata ha risvegliato lo spettro italiano dell’uomo bianco”.
Cadono così gli argini che nel tempo avevano saputo costruire le istituzioni democratiche, le tradizioni cattoliche dell’accoglienza e della carità cristiana, la storia delle lotte contadine e partigiane, cadono i bastioni della cultura e dell’istruzione, dell’educazione repubblicana e anche quelli della competenza e del rispetto per l’avversario politico, crolla il senso dello Stato e delle Leggi, persino il Parlamento viene detto inutile e superabile. Ezio Mauro è consapevole che si potrebbe parlare solo di “teppismo politico” perché “abbiamo conosciuto ben altra stagione di sangue negli anni settanta”. Tuttavia “tutti i segni dicono che la violenza torna in politica”, mancano gli argini e così “…la violenza fluida e dispersa che viaggia dentro la nostra società trabocca anche in politica” e diventa persino “linguaggio politico naturale e spontaneo” in una sorta di “fascismo disorganico, sciolto, quasi naturale” che torna a circolare nella nostra società. E attraversa tutti i ceti sociali, cosa ancor più grave e pericolosa in prospettiva, a mio modo di vedere.

Il bersaglio diventa l’uomo di colore che, di colpo con un salto “illogico”, con una generalizzazione drammatica quanto semplicistica, incarna il nemico. Ma non ci si ferma qui: dentro e dietro l’uomo di colore sprofonda tutta una tradizione di pensiero, una storia, un modo di essere e agire nel quotidiano, è la resa del pensiero democratico che rischia il tracollo, che viene affossato anche per pura speculazione politica ed elettoralistica, senza rendersi conto delle conseguenze nefaste che ne possono derivare. L’odio razziale è tremendo in sé, ma è anche la spia di un degrado complessivo della società che lo esprime. Questo sembra dirci Ezio Mauro. “E’ saltato il nucleo della democrazia occidentale, costruito intorno al patto tra rappresentanza, capitalismo, welfare, e nessuno ha ancora negoziato il moderno compromesso sociale della nuova epoca”.
Ezio Mauro sa bene che “le forze di governo hanno la responsabilità della costruzione di un ambiente sociale e politico e di uno spazio istituzionale per quelli che erano istinti isolati e impulsi sciolti” e che il rischio è di “legittimarli” per calcolo politico. Ma sa bene anche che “le dinamiche e le meccaniche della mutazione però vengono prima, pescano nel profondo e stanno altrove, vanno individuate nello smarrimento del cittadino davanti alla percezione di perdita di controllo dello spazio e del tempo, alla sua vulnerabilità di fronte ai fenomeni che lo sovrastano e rischiano di annichilirlo”.
Non si tratta però di un fenomeno solo psicologico. Siamo di fronte ad uno smarrimento strutturale, della società che va certamente rivitalizzata, che deve risalire da questo stato di appiattimento, compressione e dispersione, frustrazione sociale e culturale che genera incomunicabilità, conflitto permanente, rigetto delle mediazioni, ricerca di soluzioni demagogiche, che nuota nell’indistinto della falsità e della mistificazione della realtà ridotta, appunto, a percezione della paura, a “paura della paura”. Colpa del Palazzo, della politica, ma anche colpo “di un ottundimento spontaneo e autonomo della società, che sentendosi investita dall’ onda lunga della mondializzazione, dove tutto è frantumato, disperso e portato in alto mare, tende a chiudersi davanti ai nuovi fenomeno invece di provare a governarli”.
Così Ezio Mauro intreccia, anche se non sviluppa essendo fuori dal compito che si era dato, la sua riflessione storica, politica e filosofica con quella delle trasformazioni economiche degli ultimi vent’anni. La povertà sta diventando una colpa, scrive Mauro, “introiettata nella coscienza collettiva… al tempo stesso il ricco è ormai sciolto da ogni vincolo di società nei confronti del povero, è “libero” in tutti i sensi”. Per uscire da questa crisi occorre certamente ripensare le basi dell’agire politico otre che riformare il nostro linguaggio quotidiano, i nostri comportamento psicologici e sociali, ma anche ripensare il tema fondamentale dell’uguaglianza, dei diritti reali e sostanziali dell’uomo per non farci trascinare in una nuova tragedia generazionale.

Il libro di Ezio Mauro ha il pregio di metterci in guardia rispetto ad una deriva antidemocratica che ricorda, per molti aspetti, la situazione della Germania all’epoca della Repubblica di Weimar, triste vigilia dell’ascesa del nazismo e lo fa senza agitare banalità ideologiche, ma sulla scorta di fatti purtroppo reali e concreti. Sui quali innesta una lucida analisi teorica che apre orizzonti e riflessioni più vaste. Un libro immerso nel nostro tempo, importante per indicarci una via d’uscita dal labirinto nel quale ci siamo cacciati.

Stefano Vitale

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