“L’uomo del metrò. Piccole storie di musicisti grandi” di Attilio Piovano
(Voglino Editrice – Musica Practica, 2021)

…..Attilio Piovano è docente di Storia ed Estetica della Musica, dal 1991 a tutt’oggi è titolare di cattedra presso il Conservatorio “G. Cantelli” di Novara. Insomma un serio professionista della musica. Ma chi lo conosce sa che Attilio Piovano è persona poliedrica, vivace, curiosa. Ed ha un debole per la scrittura. Piovano ha scritto romanzi e molti racconti musicali interpretando, da sempre, il suo ruolo di musicologo anche in chiave letteraria. Il fatto è che Attilio Piovano è un uomo appassionato della musica e ama, letteralmente, il suo mestiere che così coincide con la sua stessa persona.

…..Questo suo nuovo libro “L’uomo del metrò” giunge alle stampe dopo essere stato pubblicato nel 2016 come e-book interattivo (per i tipi del “ilcorreiremusiciale.it”) e si avvale della prefazione del maestro Gianadrea Noseda, molto amato dal pubblico torinese per aver diretto a lungo il Teatro Regio.
Noseda scrive che Piovano ha saputo «immaginare con passione… Inventando il vero» trascinando il lettore alla scoperta di «piccole storie di musicisti grandi». Piovano inventa un suo quasi alter ego, Jean, un personaggio con una doppia vita: da una parte c’è il suo lavoro, più o meno noioso e soddisfacente, ma che gli permette di viaggiare e dall’altra parte ci sono le sue passioni profonde.
Jean–Attilio è un impiegato pigro ma è anche un sognatore, romantico, visionario che ama perdersi tra i sentieri intricati che collegano la vita e la musica. A Parigi si sente esule e conduce una vita anonima dalla quale evade con l’immaginazione. Jean-Attilio adora mettersi nei panni dei musicisti che di volta in volta incrocia, capace di appassionarsi alle storie dei musicisti che incontra e si materializzano da ogni specie di booklet, articoli, fascicoli. Questo personaggio mi ha ricordato il Gilbert “Gil” Pender, sceneggiatore cinematografico di successo, del film “Midnight in Paris” (2011) di Woody Allen che si ritrovava spinto dalla fantasia e dal suo desiderio, nella mitica Parigi degli anni Venti.

…..La chiave del libro sta dunque nel piacere del raccontare, del narrare. Leggendo “L’uomo del metrò” mi è venuto in mente questo passo: “Quando riusciamo ad avvicinarci a noi stessi? A letto, in viaggio, a casa, dove tante cose al ritorno ci sembrano migliori? Ognuno conosce il sentimento di aver dimenticato qualcosa nella sua vita cosciente, qualcosa che è rimasto a mezza strada e non è venuto alla luce. Ecco perché spesso sembra tanto importante ciò che si voleva dire proprio ora e che ci è sfuggito. Quando si lascia una camera in cui si è vissuto a lungo, ci si guarda intorno stranamente, prima di andarsene. Anche qui è rimasto qualcosa, che non si è afferrato. Lo si porta comunque con sé per ricominciare altrove” (E.Bloch, Tracce, pag. 96). Piovano , in un certo senso, mi pare cerchi se stesso, nel senso che cerca di dare fiato a quel che resta sottotraccia nella sua vita professionale interpretandolo come qualcosa di necessario da tirar fuori, attraverso lo sforzo letterario.

…..E mi è venuto in mente anche Walter Benjamin quando scriveva che la narrazione “è anch’essa una forma in qualche modo artigianale di comunicazione” (Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nicola Leskov, in Angelus Novus, pag. 243,).
Il raccontare vive nella dimensione del singolare accordo tra l’anima, l’occhio e la mano e non “mira a trasmettere il puro “in sé” dell’accaduto, come un’informazione o un rapporto, ma cala il fatto nella vita del relatore” (idem, pag 243). A differenza dell’informazione che deve apparire plausibile, semplificata, pratica e immediata, la narrazione si esprime in “storie singolari e significative” (idem, pag. 241).

…..Piovano, con questo libro, fa una cosa simile: cerca di avvicina i lettori al mondo nascosto della vita dei musicisti che egli ama e di cui ama raccontare piccole storie, ma che sono significative proprio per cogliere, in una sorta di fermo immagine, un frammento della vita reale di quell’artista. Non si pensi ad una sequela di aneddoti, quanto piuttosto ad una galleria di storie, appunto, che ci rivelano, come piace a Piovano, il “lato umano” della musica, quello che non troviamo, se non in piccole parti, nei libri di storia della musica o nei programmi di sala.
Il collante, come detto, è dato dalle vicende personali di Jean che talvolta si abbandona fantasticherie, altre volte a ricordi, altre ancora s’imbatte in una notizie, in un frammento di vita altrui che danno il “la” per avviare la storia, creando un suite di racconti e passaggi molto diversi tra loro, perché diversi e variegati sono i personaggi che affollano queste pagine. Davvero un montaggio caleidoscopico di situazioni che muovono da fatti reali sulla base dei quali Piovano costruire delle storie che cercano di far emergere personalità e caratteristiche dei musicisti stessi, in un gioco di rimandi.
Piovano sfida il lettore mediamente appassionato e colto a cogliere gli indizi dei fatti reali, spingendo al tempo stesso il neofita ad seguirlo in un viaggio fatto di imprevisti e esperienze inattese. I musicisti, dicevamo, in questo libro, vengono ritratti come dei “comuni mortali” lontani da ogni idealizzazione, colti nel loro essere persone reali con le loro fragilità, sensibilità, capaci di durezze e bassezze, invidie e momenti di felicità o al centro di grande tragedia.

…..Come lo stesso Piovano ha avuto di sottolineare in alcune interviste, questo libro «In un certo senso è l’ideale prosecuzione di un mio antecedente volumetto, “Il segreto di Stravinskij”: lì trattavo di musicisti di svariata epoca e provenienza, accostati l’uno all’altro. Qui ho tentato di raccordare i vari racconti per esempio su Mendelssohn in Italia e Saint-Saëns in Egitto, Bach a Lubecca e De Falla, Granados, Šostakovič, con una narrazione” cornice”.

…..Così in questo libro c’è Beethoven inedito e spiato da una serva, spero con ironia, dal buco della serratura; c’è Britten coi tormenti della sensualità; ci sono i bar degradati di Buenos Aires con un ritratto di Piazzolla. E poi Delius attratto morbosamente da una modella della consorte pittrice. Poi ancora l’impiegato-compositore Ives che diventa detective. Ma come detto c’è anche il racconto della tragica morte di Granados, l’esperienza mistica ed umanitaria di Albert Schweitzer, medico ed organista raffinato (come lo stesso Piovano); si racconta della gara al cembalo e all’organo di Hendel e Scarlatti, della passione per il mare di Rimskij- Korsakov.
Il racconto si snoda veloce e fluido, la prosa è diretta, avvolgente grazie appunto al tono narrativo che comunque ha una buona forza mimetica adottando stili e registri di scrittura anche diversi, adattati alle situazioni ed ai musicisti stessi passando dall’aulico al gergo “basso” al popolaresco.

…..Il libro incalza il lettore passando da una situazione all’altra e persino i sensi vengono sollecitati. D’altra parte la musica suggerisce colori, profumi, odori come in una galleria di ricordi di sapore proustiano. I racconti, poi, legano spesso i protagonisti a presenze femminili significative, che conferiscono realismo ed emozioni ai racconti. Così incontriamo la giovane Conchita e l’eterea Margreta dalle caviglie sottili, ma anche la conturbante Marcelle, alias Margot e i lettori scopriranno l’arcano, la sensuale danzatrice Pepita, l’anziana disillusa Frau K., e poi Amparo, innamorata giovane moglie di Granados.

…..Il racconto di Piovano si adatta, poi, ai luoghi che non fanno solo da sfondo, ma entrano nella narrazione come parte integrante del pathos descrittivo: nelle pagine si fa anche il giro del mondo: dalla Norvegia alla Francia, alla Spagna e dall’Africa alla Germania, all’America alla Russia.

…..Coerentemente con la sua personalità, Attilio Piovano attraversa continuamente il confine tra lavoro e divertissement, tra realtà e finzione, tra erudizione e divulgazione. Le storie, specie le piccole storie sono piene di porte nascoste, trabocchetti, botole, porte girevoli, trasformazioni e metamorfosi, imprevisti che permettono di de-costruire la durezza della realtà non in una fuga astratta, ma nella possibilità di far coesistere modalità di tempo e di spazio diverse.
Pensare per storie” ci può aiutare a capire i mondi che appassionano. Gregory Bateson amava dire: “su questa faccenda del perché io racconti tante storie, mi viene in mente una barzelletta. C’era una volta un tizio che chiese al suo calcolatore: “Calcoli che sarai mai capace di pensare come un essere umano? Dopo vari gemiti e cigolii, dal calcolatore uscì un foglietto che diceva: “la tua domanda mi fa venire in mente una storia…” (Dove gli angeli esitano, pag.59).

…..Stefano Vitale

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…..Note sull’Autore
Attilio Piovano, musicologo e scrittore, ha pubblicato (tra gli altri) Invito all’ascolto di Ravel (Mursia 1995, ristampa RCS 2018), i racconti musicali La stella amica (Daniela Piazza 2002), Il segreto di Stravinskij (Riccadonna 2006) e L’uomo del metrò (e-book interattivo per i tipi de ilcorrieremusicale.it 2016, prefazione di Gianandrea Noseda). Inoltre i romanzi L’Aprilia blu (Daniela Piazza 2003) e Sapeva di erica, di torba e di salmastro (rueBallu 2009, prefazione di Uto Ughi).
Coautore di una monografia su Felice Quaranta (con Ennio e Patrizia Bassi, Centro Studi Piemontesi 1994), del volume Venti anni di Festival Organistico Internazionale (con Massimo Nosetti, 2003), curatore e coautore del volume La terza mano del pianista (Testo & Immagine 1997). Laurea in Lettere, studi in Composizione, diploma in Pianoforte, in Musica corale e Direzione di Coro, è autore di vari contributi, specie sulla musica di primo ‘900, apparsi in volumi miscellanei, atti di convegni e su rivista.
Saggista e conferenziere, vanta collaborazioni con La Scala, Opéra Royal Liège, RAI, La Fenice, Opera di Roma, Lirico di Cagliari, Coccia di Novara, Carlo Felice di Genova, Stresa Festival, Orchestra Camerata Ducale; a Torino con il Festival MiTo (già Settembre Musica, ininterrottamente dal 1984), Unione Musicale, Teatro Regio, Politecnico e con varie altre istituzioni. Già corrispondente del «Corriere del Teatro», ha esercitato la critica su più testate; dalla fondazione scrive per la rivista on-line «ilcorrieremusicale.it»; ha scritto inoltre per «Torinosette», magazine de «La Stampa», ha collaborato con «Amadeus» e scrive (dal 1989) per «La Voce del Popolo» (dal 2016 «La Voce e il Tempo»); dal 2018 recensisce per «Il Corriere della Sera» (edizione di Torino).
Membro di giuria in concorsi letterari nonché di musica da camera e solistici. Dal 1° gennaio 2018, cura inoltre l’Ufficio Stampa del Conservatorio “G. Cantelli”. È stato Direttore Artistico dell’Orchestra Filarmonica di Torino. Dal 1976 a Torino è organista presso la Cappella Esterna dell’Istituto Internazionale ‘Don Bosco’, Pontificia Università Salesiana (UPS), dal 2017 anche presso la barocca chiesa di San Carlo, nella piazza omonima.
Nell’autunno del 2018 in veste di organista ha partecipato ad una produzione del Requiem op. 48 di Fauré. È citato nel Dizionario di Musica Classica a cura di Piero Mioli, BUR, Milano © 2006, che gli dedica una ‘voce’ specifica (vol. II, p. 1414).

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