“Manufatti del dissesto” di Gabriele Borgna
(Minerva, Bologna, 2021)

…..Anna Maria Ortese scriveva nel lontano 1957: “Dietro questo effimero cordone di sicurezza, dietro e sotto la facciata degli alberghi, i club, le ville, la Liguria è intatta e muta come un mostro degli abissi che riposi col muso in un continente, il dorso coperto di madreperle, di alghe, e sia ancorato da qualche cosa, non possa più muoversi. Il suo respiro è triste … i suoi uomini … non sembrano lieti, non sembrano presenti, sembrano, invece, continuamente, partecipare di un tempo e di avvenimenti che non sono più. Con tutto il loro sangue, tesi a raccogliere frammenti di un grande discorso che noi non possiamo udire. Il discorso del mare” (Un mostro antico, in “L’Unità”, edizione di Milano del 18 agosto 1957, ora in “La lente scura”, Adelphi, 2004, pag.351).

…..Credo che queste profonde e acute osservazioni della grande scrittrice diano il senso di questa raccolta di Gabriele Borgna.
…..“C’è tutta la tradizione della poesia ligure in questo nuovo, secondo libro di Gabriele Borgna, in cui si leggono gli echi – mai dimenticati – dei fratelli Novaro, di Ceccado, di Sbarbaro, e naturalmente del grande Montale, fin sull’orlo della poesia di questi ultimi anni, che non a caso il giovane Borgna celebra fin dagli eserghi dedicati a Nanni Cagnone, Giuseppe Conte, Massimo Morasso.” Così scrive Giancarlo Pontiggia nella quarta di copertina come a voler incastonare Borgna dentro una precisa e nobile tradizione. E questo è un dato fondamentale.

…..Ma in primis in questa raccolta emerge l’urgenza della parola, l’esigenza del dire che il poeta cerca con pazienza e costanza in quel che resta nascosto, impigliato tra le pieghe del tempo e dello spazio. La Liguria, per Borgna, è certamente un dato fisico, una fonte di immagini ispiratrici, non c’è dubbio che egli si leghi ad una tradizione poetica e culturale, certamente Borgna utilizza termini dialettali (molto bello quando usa sciaratto per dire subbuglio, disordine), si serve di detti dei vecchi liguri per essere più efficace e soprattutto espressivo (la lingua che c’è “dentro” viene in soccorso della poesia per dire nel modo migliore quel che si sente), ma la Liguria per lui è anche un concetto metafisico che gli è entrato profondamente nelle ossa e che gli fa dire: “nella ghiaia delle circostanze/ come è vero ciò che non sai dire” (pag. 13).

…..Borgna fa i conti con quel che Ortese aveva indicato: con l’imbarazzo del dire un discorso che non possiamo udire, che lui stesso fatica a decifrare, ma che non può non tentare di decifrare tanto gli è addosso. C’è una stimmung molto precisa in questi testi: una disposizione di animo e d’umore, un’atmosfera particolare che deriva proprio dall’ambiente ligure così come lo sente e lo rivive per noi Gabriele Borgna. Ma c’è una postura di pensiero che da qui emerge e s’impone. Qualcosa che è “ligure” ma che il poeta riesce a rendere più vasto, più profondo.

…..Il libro è suddiviso in due sezioni. Le poesie de “I tempi della caduta”, la prima del libro, sono in effetti dedicate alla terra ligure e Borgna si appoggia sul tema della memoria a cui non si può sottrarre, che lo aggredisce e a cui si arrende: “E quel tempo dove tutto/ non c’è dato di capire/ ci raggiunge parallelo al fango” (pag. 15). Torna questo metafisico abbandono a ciò che non possiamo capire e che pure ci afferra e ci condiziona riportando il poeta comunque a fatti reali ma sempre presentati in maniera allusiva, incerta: “scordando la quiete di quando/ venivi al sagrato per fare la conta” (pag. 15). E in un folgorante scambio simbolico l’immobilità del pensiero dinnanzi al paesaggio ligure diventa forma estrema di una condizione umana universale:

Immerso nel cavo del sentiero
il paese svuotato dissolve
in attesa di rinascer.

Sotto le palpebre conservo
le spoglie dei silenzi e suoi relitti
osservato in segreto.

Tra il grano estinto
il pensiero si esilia
nel grande blu che mi colora. (pag. 16)

…..Domina in questi testi il contrasto tra la sospensione meravigliata della contemplazione del paesaggio e il senso del dissolversi, della disgregazione; in essi si impone da un lato la dolcezza del ricordo e delle sue immagini e dall’altro lato la tristezza per il tempo passato e perduto:

Al bastione del Miradore
è ancora cielo sul falso pepe,
parla un fermo d’aria
che smarca la notte da dentro.

Come in una nassa
……………..a bocca aperta,
fra le maglie delle cose
mi anniento.

Con le parole tratto di una resa. (pag. 18)

…..Il poeta coglie le cose nel istante del loro darsi che è al tempo stesso un loro modo per sottrarsi, inevitabilmente: “Come sfuoca ogni cosa nell’alba” (pag. 19):

Vivo nel garrito del desiderio,
vento che raschia i caruggi.
La mancanza è un esercizio
per i corpi in attrazione,
recalcitranti ma già vinti
al gioco del dissesto. (pag. 20)

…..Così tra echi sbarbariani e tracce montaliane (il veleno del vivere/…. I tempi del vivere/…scrocchi di foglie si faranno/ marciume” ) …Borgna ci offre il suo canto del dissolversi delle cose e questo cielo lo sforzo è di “unire cosa a cosa/ la vita e il suo contrario” (pag. 22). Può salvare l’immedesimarsi nella natura e con bella immagine Borgna scrive: “Siamo l’infiorescenza dell’aloe,/anime spaiate/ appese alla realtà” (pag. 23), una pianta che cura, ma che resta chiusa nel suo mondo aspro, secco. Ma i faticati giorni del vivere, per dirla con Caproni sono sempre in agguato.
Le poesia della sezione offrono, come detto, bei momenti di sospensione e di indugio: la poesia si coglie proprio nel suo essere in bilico, aggrappata ad un istante, ad un frammento di realtà o di emozione visiva, ad un pensiero mai pienamente afferrato: “ma l’atmosfera si è increspata, / le tinte scoraggiate/ le aspettative smagrite” (pag. 25), la città è “rafferma” (pag. 24) ci dice Borgna con belle sinestesie che insiste con versi quali: “Luglio si è sciolto con te/ senza svelare l’indecifrabile/ formula della felicità/ che vibrava in quel nero puntarmi” (pag. 26).

…..Poi, è il tema della memoria che emerge in un gruppo di poesie che chiudono la sezione: “Era tutto un cercare/ qualche forma di aderenza/ quel mio stare a lato/ fissando le macerie” (pag. 30); “il ratto che sfocia/ nei miei tre quattro anni/ e quelle dite avvinghiate/ all’affetto di un figlio. /Quanti vuoti tremano/ nel ricompre i resti del passato” (pag. 31). Ma è una memoria sfuocata, disillusa che sempre ritorna sui suoi passi affaticati, tra i suoi vicoli nascosti.

 …..Ostacoli e appigli” è l’altra sezione. Ma Borgna resta legato ai suoi temi in un continuo variare delle dominanti individuate come linee di forza del suo canto. Perciò incontriamo il contrasto tra la bellezza del paesaggio e la sua devastazione: “Esplode il mare sui tetti/ inscenando l’illusione:/ nulla sfugge all’asilo/ del reale, al suo accerchiarsi” (pag. 37). Ma troviamo anche una serie di partecipi e dolci fotogrammi che ci testimoniano della sensibilità poetica del nostro autore: “Nel grembo dell’arenile/ una torma di gozzi in secca/ e il morso del sale/ che scarnifica” (pag. 38); “Restano le conchiglie/ come altari ai caduti/ di tutte le derive” (pag. 39); “Gli ormeggi infermi/ per timore della mareggiata/ e quello zingaro sull’angolo, la fisarmonica, un cappello/ – qualche spicciolo a brillare” (pag. 40); “Esistiamo all’imbrunire, /sul molo che si allunga/ nel baleno e che ci spoglia” (pag. 41).

…..Come in una serie di cartoline misteriose e dolenti (mi vien da fare un confronto con le “Cartoline di mare” di Nico Orengo) Borgna ci regala la sua visione delle atmosfere liguri, che sono sempre di solitudine e di dissesto , appunto, che prende il sopravvento: “Così costretti al pudore/ le allusioni sono carezze a sonagli,/ le reticenze mura da espugnare/ senza farci prigionieri” (pag. 42); “Il buio ci sale addosso/ e inghiotte le ciche smorzate/ in fretta, l’esilità delle certezze,/ il frangersi del mare dirimpetto. (pag. 47).
E c’è spazio anche per pensieri dedicati ad un amore: “ci siamo amati anzitempo/ per ridare un nome alle cose” (apg. 51) oppure quando scrive “Nell’opaco castagno di una mensola/ redigo l’inventario abituale: /profumi, spazzole, mascara/ e la tue fede in giacenza: / Gabriele – si legge – / uno otto duemilaquindici” (pag. 50).

…..Gabriele Borgna esprime, nei suoi incipit, con soppesata scelta di termini e lucida emozione, uno stato dell’essere incerto e melanconico: “vivo nel garrito del desiderio” – “abito il veleno della caduta” – Vivevano guardinghi tra garitte” – Esistiamo all’imbrunire” – “il buio ci sale addosso” … Dietro la luce del mare e la bellezza del paesaggio c’è sempre come un rammarico. La gente di riviera vive nel “raccontarci del tempo/ dissipando le ore/ che sottrarremo al lutto, più felici” (pag. 49), versi che mi ricordano, nel tono, persino le canzoni, molto belle, di Ivano Fossati (penso a “Questi posti davanti al mare”). E comunque c’è sempre musicalità, ritmo, cura nei suoi versi molto calibrati.

…..Per Borgna “il futuro è cenere” e ci si muove nella “gravità dell’esistere” che però viene reso più sopportabile dagli affetti più cari oltre che dal senso di appartenenza ad un milieu letterario, culturale e materiale di cui Borgna si sente profondamente partecipe.

Dammi il sole degli anni
che innerva le piazze,
l’incoscienza del volo, gli sberci
e le ginocchia brunite.

Hai sulle labbra la gioia
di tutto ciò che vive
in campo aperto, soltanto
per sé.

Continua a parlare
coi sassi à – rimani dove sei,
ascolto come si colma la distanza
di questo conto alla rovescia. (pag. 56)

…..Gabriele Borgna è consapevole del fatto di porsi su una “linea ligure”, una linea di resistenza poetica che nel frastuono della frammentazione contemporanea pare possa dare un senso, una direzione al proprio poetare, riallacciandolo ad una tradizione che egli cerca, con tutte le sue forse, di rinnovare.
Così Come “La gambarossa s’aggrappa/ ai muraglioni cospirando/ nuove fughe tra i sampietrini”, Borgna è consapevole della sua intenzione: “Ricalco gli accenti di una lingua/ di pietra in festa” (pag. 57).

…..Ma come detto, Borgna ci propone un libro caldo, tenero e aspro al tempo stesso; un libro melanconico, ma anche carico di disincanto, un libro che resta come affacciato su un’altura sul mare, distante ma che coinvolge coi suoi chiaroscuri, un libro che fa dello stare in bilico tra assenza e presenza, tra bellezza e tristizia la sua cifra poetica; un libro che ci conferma Gabriele Borgna come uno dei poeti più interessanti e coerenti della sua generazione.

…..Stefano Vitale

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 ….Note sull’Autore
…..Gabriele Borgna (Savona, 1982) vive a Porto Maurizio (Imperia). Del 2017 è la silloge di esordio Artigianato Sentimentale (Puntoacapo Editrice, prefazione di Giuseppe Conte), presentata al Salone Internazionale del Libro di Torino e al Festival Internazionale di Poesia di Genova.
…..È curatore del Concorso Internazionale di Poesia Parasio – Città di Imperia, e membro del comitato scientifico del Festival della Cultura Mediterranea. Suoi testi sono presenti in antologie, riviste e siti letterari italiani ed esteri.

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