MICHAEL VON ALBRECHT
Ad scriptores Latinos. Epistulae et colloquia / Cari classici. Lettere e dialoghi
Traduzione poetica e prefazione di Aldo Setaioli
(Graphe.it, Perugia, 2022)

…..Scrivere poesie in latino: questo fa Michael von Albrecht e Aldo Setaioli le traduce. In un gioco di specchi e di rimandi ci ritroviamo al centro di un dialogo ravvicinato con Cicerone, Plauto, Lucrezio, Catullo, Virgilio, Orazio, Livio, Ovidio, Seneca, Lucano, Quintiliano, Tacito, Apuleio e Agostino. Ma non è un dialogo retorico bensì un modo per ragionare sul nostro presente. Perché i classici sono vivi e ci parlano anche così (SV)

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…..Nel febbraio 2022 è uscita per Graphe.it (Perugia) l’ultima prova poetica di Michael von Albrecht, professore emerito di Filologia Classica dell’Università di Heidelberg.
Ad scriptores Latinos. Epistulae et colloquia, che raccoglie quattordici componimenti in esametri, prosegue una lunga esperienza di scrittura in latino da parte di von Albrecht, autore degli Scripta Latina (Frankfurt 1989) e dei Carmina Latina (Frankfurt 2019), e vincitore, nel 2019, del premio “Mimesis. Modernità in metrica” per il componimento De hominum curiositate satura, successivamente pubblicato nella raccolta Sermones. Satiren zur Gegenwart (Heidelberg 2021).

…..L’edizione di Graphe.it, accolta nella collana Calligraphia, accanto alle poesie di von Albrecht reca le traduzioni poetiche di Aldo Setaioli, professore emerito di Lingua e Letteratura Latina dell’Università di Perugia. La raccolta, dunque, che contiene sette colloqui e sette epistole rivolti ad altrettanti autori latini, costituisce a sua volta una sorta di dialogo contemporaneo tra latinisti del presente, von Albrecht e Setaioli, che si muovono sotto l’egida di un altro importante studioso della Letteratura Latina, Alfonso Traina (1925-2019), al quale la raccolta è dedicata (memoriae Alphonsi Traina sacrum).

…..Setaioli, già traduttore del von Albrecht saggista (Storia della letteratura latina. Da Livio Andronico a Boezio, Torino, 1994-1996; Virgilio. Un’introduzione. Bucoliche, Georgiche, Eneide, Milano, 2012), si cimenta qui per la prima volta nella resa degli esametri dell’amico e collega in endecasillabi sciolti, di cui aveva già pubblicato un piccolo specimen nel numero del 2021 della rivista fiorentina «Prometheus» (47, 2021, pp. 92-96).
Oltre che le traduzioni in italiano, Setaioli firma la Prefazione al volume, nella quale ripercorre le tappe più significative della carriera di von Albrecht, tracciando al contempo le linee guida fondamentali per la scoperta di una personalità davvero poliedrica: filologo, latinista, esperto di musica e di letteratura. Sfaccettature di un carattere polimorfico, che si colgono in tutta la produzione poetica dell’autore e in primis in queste epistulae e colloquia.

…..La raccolta si apre significativamente con il Dialogo con Cicerone (dedicato a Dirk Sacré), il solo componimento a discostarsi dal criterio cronologico che regola l’avvicendarsi degli altri autori: Plauto, Lucrezio, Catullo, Virgilio, Orazio, Livio, Ovidio, Seneca, Lucano, Quintiliano, Tacito, Apuleio e Agostino. Con Cicerone von Albrecht non poteva che intrattenere un dialogo, al quale l’Arpinate si presta volentieri, sfruttando l’occasione di un’intima chiacchierata per ripercorrere i temi più importanti della sua produzione.
Guidato dalle domande e dai commenti di von Albrecht, Cicerone affronta temi politici (la patria, il proprio consolato, il difficile rapporto con il potere) e filosofici, dando come sempre ampio spazio al tema dell’educazione – accompagnato dall’elogio dei suoi maestri greci – e al rapporto tra l’eloquenza e la filosofia, qui definita vitae dux maxima (v. 37). Le ultime parole del dialogo (vv. 104-107) spettano tuttavia a von Albrecht, che, dopo aver elencato a Cicerone alcuni dei suoi epigoni più illustri (il figlio Marco, Voltaire, Lutero, Federico il Grande), getta luce sul suo successo forse più importante e duraturo, la lingua latina, che morte caret: per te tenet hanc Sapientia sedem (v. 107 ora è immortale; solo in grazia tua / veicolo è comune di sapienza).

…..La stessa riconoscenza per la storia della lingua latina riecheggia nel successivo Dialogo con Plauto, ai cui vv. 23-24 von Albrecht esclama Haec miracla tuae! Vivitque loquela Latina / Discipulos inter, nonnulli carmina pangunt (Il parlare latino vive ancora / fra gli studenti, e non mancano alcuni / che se ne servon per comporre versi).
Il dialogo è divertente e rispetta il tono scherzoso che doveva confarsi a un commediografo, che dapprima appare risentito nei confronti del poeta che lo ha disturbato nei Campi Elisi e che lo costringe a parlare in esametri (vv. 1-6), ma che poi si fa via via sempre più interessato a quello che von Albrecht gli racconta: la sua influenza su Shakespeare, la critica di Lessing ai Captivi fino alla rilettura “tragica” dell’Aulularia ne L’Avaro di Molière (vv. 40-52). Non mancano poi saggi dello sperimentalismo linguistico di Plauto, che consentono a Setaioli di dare prova di grande fantasia traduttiva, per esempio quando rende il Quodsemelarripides Numquameripides di Pers. 705 con “Acquistabene Nonlomollopiù” (v. 27).

…..Nella successiva Lettera a Lucrezio, la prima epistola della raccolta, von Albrecht elogia la natura innovativa della poesia e dei temi affrontati dal poeta. Sono ricordati l’interesse per l’Epicureismo e il suo fraintendimento da parte di molti; l’affermazione di concetti scientifici che nessuno osava esprimere o in cui nessuno credeva, ma che id verum physici confirmant tempore nostro (v. 30 la fisica oggi a noi ne dà conferma); l’influenza su autori cristiani, come Lattanzio e Arnobio, e sulla letteratura classica, in particolare Virgilio, Ovidio, Manilio, Dante, per i quali Lucrezio – non per caso detto “vate” nell’ultimo verso – fu insuperato modello.
Come lui anche Catullo, il protagonista del Dialogo seguente, presentato ancora sofferente per l’amore per Lesbia e dunque modello degli elegiaci (Tibullo e Properzio), della Didone virgiliana, ma anche di alcuni poeti moderni, come Ioannes Secundus (1511-1536), Eduard Mörike (1804-1875), Mihai Eminescu (1850-1875) e Pietro Bembo (1470-1547), che von Albrecht ricorda per il poemetto Sarca a lui attribuito e scritto sulla falsa riga del famoso carme 64.

…..Dopo Lucrezio e Catullo, altri due poeti sono i dedicatari delle successive epistole. Nella Lettera a Virgilio, nel cui esordio von Albrecht si rammarica di non averne mai visitato la città natale (Mantova), il poeta contemporaneo si rivolge al più grande poeta del passato, senza il quale Milton non avrebbe scritto Paradise Lost né Dante avrebbe intrapreso il proprio viaggio ultraterreno (vv. 41-46).
Di Virgilio sono ricordate le Bucoliche, le Georgiche e la “divina Eneide” (v. 18), ma soprattutto la sua fondamentale importanza per l’Europa, di cui il sommo poeta possiede le chiavi (v. 45 Habes Europae, provide, claves), è maestro (v. 86 Europae doctor) e – se solo Europa fosse un po’ più attenta – dovrebbe ancora essere la guida: (vv. 65-71…Finché Europa / con la tua guida si curò dei campi, / tanti danni ignorò la nostra terra. / Ora invece è impregnata di veleni, / e periscono l’api, mediatrici / della divina provvidenza. Presto / gli alberi invano fioriranno e frutti / non porteranno più. Nessun prodotto / della terra placar potrà la fame. / O sapïente, torna!).
È invece interamente incentrata sulla poesia e potremmo dire per questo davvero metapoetica la Lettera a Orazio, che condivide con Lucrezio il titolo di vates (v. 5). Concordando con Ovidio, che in trist. 4, 10, 49 aveva definito Orazio numerosus (“ricco di metri”), von Albrecht si sofferma sull’incredibile versatilità metrica del poeta, autore di strofe saffiche e alcaiche, asclepiadei, gliconei, giambi e naturalmente esametri, il metro che questa epistola condivide e con cui Orazio compose i Sermones e le Epistulae, che Setaioli – in una traduzione ancora più suggestiva dell’originale latino – definisce “una serena illustrazione dell’arte della vita” (v. 64 ars vitae quae sit, profiteris corde sereno).

…..Un tenero momento di autobiografismo introduce la successiva Lettera a Tito Livio, che von Albrecht ringrazia per quella storia “dei gemelli” che era solito sentirsi raccontare dalla nonna: (vv. 1-4 Permetti che, da vecchio, ti presenti / tardi ringraziamenti chi, bambino, / pendeva dalle labbra della nonna, / che mi narrava di quei due gemelli / che una bestia nutrì come una madre, / più tenera degli uomini feroci).
Ma Livio, narratore del passato e del presente, è celebrato soprattutto per il suo ruolo di storiografo ed è per questo chiamato da von Albrecht a prendere atto delle evoluzioni storiche del presente, tra cui spiccano i travagli politici e civili dell’America di oggi: Iam desunt populi, quibus haec contagia parcant, / Consensuque caret sanctissima America avito (vv. 68-69 Ormai non c’è più popolo che esente / da questo morbo sia; quella che un tempo / fu un modello esemplare di concordia, / l’America, è agitata da dissensi / quali negli anni non conobbe mai).
Il poeta, dunque, si incarica di aggiornare lo storiografo di età augustea sulla storia contemporanea e nel farlo gli riconosce il grande merito di aver dato vita alle virtù e all’integrità di Roma, che a tratti rimpiange e che ancora dovrebbero guidare i popoli. Proprio come Livio portò in vita le virtù romane, così Ovidio, il poeta a cui è dedicato il successivo Dialogo, diede vita alle “favole greche”, come osserva lo stesso von Albrecht nella conclusione della Lettera a Tito Livio (vv. 116-118 L’ingegno di Nasone dà la vita / alle favole greche; Tito Livio / alle virtù e all’integrità di Roma).
E di Ovidio, che von Albrecht arriva a definire Euripide romano (vv. 62-63:…Tu mihi verus / Euripides Romanus), non poteva naturalmente non essere ricordata la grande influenza sui letterati (Shakespeare, Goethe, Hugo, Puškin) e soprattutto sugli artisti moderni, come lo zio di von Albrecht stesso, che in un altro momento autobiografico è ricordato per una raffigurazione del mito di Fetonte (vv. 1-4), e i più noti Bernini e Rodin, autori di sculture rispettivamente ispirate ai miti di Apollo e Dafne e di Salmace ed Ermafrodito. Ovidio, tuttavia, non rappresenta solo un modello artistico per von Albrecht. Al contrario, nel dialogo forse più intenso di tutta la raccolta, quando l’autore arriva a toccare il tema dell’esilio, lo fa non soltanto per elogiare i Tristia e la loro influenza su gran parte della letteratura “dell’esilio” moderna, ma anche per condividere con il poeta latino l’esperienza traumatica dell’attualità pandemica, che rende ciascuno esule nella propria casa e che ci fa immaginare von Albrecht in dialogo con Ovidio ai tempi dei primi lock-down (vv. 96-99 C’è di più: una nuova pestilenza / è venuta a recar terrore al mondo; / non è permesso uscire: la sua casa / è per ciascuno il luogo dell’esilio).

…..Proprio questo interesse per l’attualità e il compito che in qualche modo von Albrecht si assume di aggiornare i grandi del passato sui travagli del presente sono evidenti anche nei componimenti seguenti. Nella Lettera a Seneca, dedicata allo stesso Setaioli, troviamo per esempio un riferimento alle fake news, o falsus nuntius, come traduce ingegnosamente von Albrecht (vv. 85-86 …Hodie falsus fraudat dum nuntius orbem, / Nos tua dicta, senex, nimium quoque vera videmus).

…..Nella successiva Lettera a Lucano, invece, il collegamento con il presente è offerto dalla guerra civile, tema innovativo per la Pharsalia, modello – come già l’Eneide – di Dante e Milton, ma soprattutto monito di qualcosa di estremamente attuale: Sic orbis partes inter se bella gerebant. / Vivimus haec hodie! Nostro iam crimine gentes / Plectuntur cunctae… (vv. 33-35 …In questo modo è il mondo / diviso in parti che si fanno la guerra. / È ciò che ancor viviamo ai nostri giorni! / Le nostre colpe ancor fanno soffrire / tutte le genti…).
Nel Dialogo con Quintiliano, incentrato sulla discussione del miglior metodo educativo, von Albrecht aggiorna il doctor sull’educazione contemporanea e rispondendo a Quintiliano, che propone la centralità educativa della madre e del padre, lo ragguaglia sui cambiamenti sociali che hanno interessato la famiglia (vv. 55-58), non esimendosi dal lanciare un brevissimo appello sull’importanza di restituire dignità, anche economica, al mestiere dell’insegnante (v. 61).
Infine, nel Dialogo con Tacito, di cui nei primi versi è ricordata la grandissima eloquenza purtroppo per noi perduta (vv. 1-7), ritorna il riferimento alle fake news (v. 106), anche se l’elemento forse più rilevante dell’intero dialogo è la rilettura dell’interesse tacitiano per le figure femminili. Von Albrecht, infatti, ne fornisce un breve elenco (Arria, Paolina, Servilia, Livia, Agrippina, Poppea) che fa culminare in Boudicca, la regina di Britannia, punto di partenza di un excursus sulla storia dell’Impero britannico – che ha superato Roma! – e sulle sue più grandi sovrane, Vittoria ed Elisabetta (vv. 56-65).

…..Ripercorrendo le vite e le carriere di questi grandi autori che ora sono invitati a conoscere le novità del mondo, il lettore è quindi traghettato verso gli ultimi due componimenti della raccolta, il Dialogo con Apuleio e la Lettera ad Agostino. Al primo, definito tertia prosae columna (v. 39), von Albrecht riconosce la grande gioia donatagli dalle Metamorfosi (vv. 1-6) e, come già per Ovidio, ricorda l’influenza che il romanzo, e forse ancor di più la favola di Amore e Psiche, ebbero sulla poesia e sulle arti figurative moderne, senza dimenticare l’importanza di Apuleio per la storia del Platonismo, che grazie a lui sopravvisse anche quando l’Occidente aveva perso la conoscenza del greco. Nella Lettera ad Agostino, dall’altra parte, l’autobiografismo che fa capolino in tutta la raccolta diventa ancor più forte. Scrivendo all’inventore del genere autobiografico, von Albrecht ricorda di aver ricevuto in dono le Confessioni quando aveva quindici anni e di averle lette e rilette per tutta la vita con ammirazione.
La lettera ad Agostino è intima e come in un cerchio chiude la raccolta rispondendo da lontano al primo Dialogo con Cicerone, incorniciando il rapporto di von Albrecht con la Letteratura Latina tra questi due autori – Cicerone e Agostino – che potrebbero segnare l’inizio e la fine del rapporto di ciascuno di noi con una storia del passato che continua nel presente. Von Albrecht nelle intime poesie di cui ci fa dono mette bene in luce questa continuità e le traduzioni di Setaioli, che non mancano di piccoli omaggi ai grandi autori della Letteratura Italiana (Lettera ad Agostino, v. 63: Vox audita Dei est per tanta silentia vobis > E in mezzo a quel silenzio sovrumano / udibile fu a voi di Dio la voce), costituiscono un ottimo mezzo per conoscere la poesia di von Albrecht e con lui i “suoi” autori.

…..Matilde Oliva

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…..Note sull’Autore
…..Michael von Albrecht è professore emerito di Filologia classica dell’università di Heidelberg (Germania). Autore di numerose pubblicazioni sulla letteratura latina e la letteratura comparata, è noto anche per il suo lavoro sulla musica.
…..Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo la Storia della letteratura latina in tre volumi (Einaudi, Torino 1994-1996), Ritrovare Virgilio rileggendo i suoi grandi lettori (Tre Lune, Mantova 2010) e Virgilio. Un’introduzione. Bucoliche, Georgiche, Eneide (Vita e Pensiero, Milano 2012).
…..È Accademico ordinario della classe di lettere e arti dell’Accademia Nazionale Virgiliana (Mantova). Per le sue poesie latine ha ricevuto il primo premio internazionale di poesia Mimesis. Modernità in Metrica.

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…..Matilde Oliva è dottoranda in letteratura latina delle Università di Pisa e di Firenze.

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