“Nell’inganno della soglia” di Yves Bonnefoy
(Il Saggiatore, Milano, 2021/ A cura di Fabio Scotto)
…..Riproporre oggi al pubblico italiano quest’opera in una nuova traduzione, sempre di Fabio Scotto, è un’operazione coraggiosa. In Italia siamo lontanissimi dalla sensibilità letteraria, persino dall’intentio poetica, dallo stile di Yves Bonnefoy. Oggi la poesia nostrana viaggia su registri molto più dimessi, sommessi, forse più sicuri, certamente meno immaginifici, simbolici, meno complessi. Il nostro sperimentalismo, poi, si era fermato al linguaggio, alla scorza esterna della lingua oppure a ripristinare la prosa come reazione neo-sperimentalista.
…..Bonnefoy è tutta un’altra storia: egli entrava nel fluire materiale e mentale delle cose attraverso il fluire della lingua. Certo ritroviamo tanto “clima” anni sessanta e settanta nella sua poesia: una poesia che fa saltare le regole della logica immediata, che insegue una dimensione onirica, che cerca di restituire alla Parola la sua primigenia capacità di creare il mondo. La ricerca poetica di Bonnefoy è, specialmente in questo libro, la forma aperta “poematica” della “cronaca lirica di un’esperienza estrema”. Il libro, ci avverte Scotto, è collegato alla cultura che promuoveva, ai tempi, “nuove forme di relazione e di vita nel rapporto con la natura e con il corpo” . Bonnefoy ha avuto come maestri Gaston Bachelard, Jean Wahl e Andrè Castel, ha frequentato Andrè Breton ed i surrealisti, collaborato con artisti come Joan Mirò. Per Bonnefoy, ci dice sempre Fabio Scotto nella sua preziosa introduzione, “esistono solo gli esseri, non le cose, ed essi aspirano a una felicità non trascendente, ma immanente nel tempo umano della finitudine e della moralità, donde la prossimità con la filosofia neofenomenologica che lo porta a desiderare che in ogni cosa o persona vi sia dell’essere” (pag. 10).
…..Bonnefoy, un po’ come voleva anche la cultura hippy, “l’uomo deve cercare di ritrovare nella molteplicità del reale l’unità plotiniana dell’Uno, un’armonia con la natura e gli esseri fondata sulla relazione e sulla condivisione, l’immediatezza sensibile del contatto con la materia” (pag. 119). Immerso in questo clima culturale, Bonnefoy scrive “Nell’inganno della soglia” dove è rilevabile “il ricorso frequente e reiterato, anaforico, all’esortazione all’imperativo che si rivolge baudelairiamente al lettore per coinvolgerlo in un moto progressivo di scoperta” (pag. 20).
…..L’avventura della conoscenza e quanto di iniziatico ciò comporti, l’idea che occorre trascinare gli altri verso un mondo più felice, pacifico, ma ricco di eros e di pathos, di gioia e di consapevolezza delle emozioni, buone o cattive che siano… era davvero centrale. Ma la cosa più importante per il poeta Bonnefoy non è far proseliti, ma quello di liberare la lingua da ogni legaccio: perché “scrivere è cercare di varcare una soglia, quella dell’indicibile, scontrarsi a una porta coriacea, ingannevole, chiusa … Scrivere è quindi sfidare un ostacolo, forzarlo e per forzarlo, per entrare nel dire, occorre un atto di forza, anche violento, che vinca una esistenza” (pag 22). C’è una carica “erotica” in questo libro che non va dimenticata.
…..Il poeta si fa così traghettatore, passeur, per guidarci nella materia incandescente della vita, dei sensi, dell’amore esplorando la fiducia degli amanti, del grido delle cose, della parola che trova la sua fonte persino nel rumore; per esplorare il rifiorire della natura sino a condurci faccia a faccia coi dubbi ontologici del “Siamo e non siamo” legati alla perdita della nostra origine (in una sorta di nostalgia del paradiso perduto) per ritrovarsi alla fine nella semplicità del vivere.
…..Dicevamo del linguaggio: è uno degli aspetti chiave dell’opera e, direi, anche dell’interesse attuale per questo libro. Al di là delle diverse opinioni critiche, delle possibili collocazioni storiche e letterarie, Yves Bonnefoy ci offre qui una sua testimonianza del desiderio della poesia di inventare il mondo.
…..La poesia cerca di elevare il linguaggio e si misura con la vita. Grazie alla sua visione lirico-metafisico “Nell’inganno della soglia” è certamente una riflessione sulla natura, sulla memoria e sullo scorrere del tempo e certamente la parola di Bonnefoy non può esistere senza un accordo con il paesaggio, con gli umani e gli oggetti che lo abitano: Bonnefoy fa i conti con la condanna alla mortalità che ci caratterizza. Ma ben più significativa è la sfida linguistica che egli ingaggia con l’indicibile, con l’altrove. Questo è il motore della sua poesia. Che si fa vibrazione, che diventa corpo e mente che si espongono alla domanda di vita. La sua meditazione poetica è frutto di una tensione, tutta interiore, che si affida alla lingua. Certo, come detto, egli si pone all’ascolto dell’esperienza del mondo: i fiumi a lui cari, le pietre, le voci, i riti dell’amore.
…..Ma la parola poetica nasce dal desiderio di dare un senso, un significato al mondo. Il poeta si sofferma sul visibile ma ci offre immagini frammentate, segni sparsi tra le pagine, alludendo a ciò che non si vede, che st oltre la soglia del visibile “come se partecipassimo anche noi al processo di riscoperta del legame tra vita e linguaggio o come se ricevessimo dalle mani dell’autore il segreto per cogliere la relazione tra le parole e le cose del mondo” (Bianca Sorrentino) .
…..Yves Bonnefoy è lontanissimo dall’idea di un rapporto quotidiano tra poesia e mondo. La relazione tra noi e le cose può essere rinnovata attraverso la ritualità “alternativa” della ricerca poetica, e il poeta appare come una sorta di mediatore ieratico, un sacerdote della parola (con tutti i limiti e le potenzialità del ruolo e della funzione che Bonnefoy si attribuisce) che permette di afferrare le suggestioni in grado di svelare, secondo il poeta, la pienezza dell’essere. Bonnefoy è consapevole che l’apparenza è un inganno, che la soglia tra noi e il mondo, tra la parola e le cose è un inganno, ma l’inganno può divenire soglia e garantire l’accesso ad altri mondi da immaginare e cui concedere credito, per mezzo della poesia.
…..La poesia di Bonnefoy è in questo libro un flusso continuo di coscienza, di visioni e immagini, di pensieri lirici e di meditazioni metafisiche che riguardano il senso del tempo, l’illusione del vivere e dell’essere affrontato con gli strumenti della parola. Non ci sfugge, come detto, l’inattualità del suo poetare e neppure la postura quasi sciamanica del suo dire. Bonnefoy vuole sedurre il lettore, i suoi lettori del suo tempo dare “Un po’ di luce/ Al posto di Dio” (pag. 91).
…..Ma sa bene che la poesia “Urta/ Urta per sempre.// Nell’inganno della soglia.// Alla porta, sigillata,/Alla frase, vuota./Nel ferro, ridestando/ Solo queste parole, il ferro.// Nel linguaggio, nero” (pag. 49). Ed il poeta mostra il suo coraggio e come un novello Dante, orfano di Virgilio dice : “Più in là del cane/ Nella nera terra/ Si lancia gridando il traghettatore/ Verso l’altra riva. / La bocca piena di fango” (pag. 53) perché il suo scopo è che “Più in là del fuoco/Che ha preso male/ Giace il testimone del fuoco, l’indecifrato” (pag. 57). La poesia è la sua missione: “Sono uscito/ In un altro universo. Era/ Prima del giorno./ Ho buttato del sale sulla neve” (pag. 93).
…..“Noi, la voce che rimuove/Il vento delle parole. /Noi l’opera che lacera/ Il loro turbinio” (pag. 63). Bonnefoy attribuisce quindi al poeta un ruolo fondamentale che solo i grandi poeti sentono: “L’artista è la terra partoriente che tutto partorisce” scriveva Marina Cvetaeva e ancora: “Tutto il lavoro del poeta porta all’adempimento fisico di un compito spirituale… Attraverso la forza primordiale della parola, unica di tutte le forze primordiale ad essere generata con un senso, cioè dotata di spirito” e ancora “Solo a quelli come me si chiederà conto della coscienza nel Giudizio Finale. Ma se dovesse esistere un Giudizio Finale della parola, davanti ad esso io sarò pura” (in Pangea, dell’8 febbraio 2022). Oggi non saprei dire chi possa vantare di avere questo coraggio.
…..Bonnefoy intreccia, in linea con questa prospettiva, il tema della forza della parola con gli altri temi della sua poesia: il tema teologico della perdita dell’origine: “Sì, tutte le cose semplici/ Ristabilite/ Qui e là, sui loro/Pilastri di fuoco. // Vivere senza origine, Sì, adesso, /Passare, con la mano crivellata/ Di vuoti bagliori./ (pag. 105) ; il tema della terra e della passione amorosa: “E le nostre mani cercandosi/ Siano la pietra nuda/ E la gioia condivisa/ Le bracciate d’erba … Tuttavia, trovandosi,/ Le nostre mani acconsentano/ Ad altre eternità/Ancora al desiderio. (pag. 111) ; il tema del rapporto tra parola e terra: “L’eternità scende/ Sulla nuda terra/ E rialza il senso/ Come una vanga” (pag. 113) e tra parola, corpo e senso dell’essere: “Poiché nulla ha senso,/ Sussurra la voce, /Come dipingere i nostri corpi/ Di nubi rosse. (pag. 137).
…..“Dalla melma di immagini” emergono “labbra che cercano altre labbra” ma “restiamo/ Tanto oscuri l’uno per l’altro, il che è/ La colpa ma fatale, la parola/ Essendo incompiuta quanto l’essere sebbene// La sua gioia prenda forma” (pag. 145). E infine, premendo il bisogno di senso: “Le parole come il cielo/ Oggi,/Qualcosa che si riunisce, che si disperde. // Le parole come il cielo/ Infinito/ Ma tutt’iter d’improvviso nella pozzanghera breve” (pag. 177).
…..Un libro dunque in cui perdersi, un libro che viaggia per conto suo in una dimensione di immagini, pensieri e metafore che assalgono il lettore e lo incatenano alle sue pagine, che non disdegnano la provocazione, che possono apparire persino presuntuose tanto sono “poetiche”, ma che restano assolutamente inimitabili, uniche.
…..Stefano Vitale
…..@@@
…..Note sull’Autore
…..Yves Bonnefoy (1923-2016) è stato professore emerito al Collège de France di Parigi, poeta, prosatore e saggista. Ha tradotto Shakespeare, Donne, Keats, Yeats, Petrarca, Leopardi, Pascoli ed è autore di studi fondamentali sulla poetica e sull’arte. …..Ritenuto oggi il massimo poeta francese vivente, più volte candidato al Nobel per la letteratura, ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti internazionali.
…..In Italia ha pubblicato diverse raccolte: Movimento e immobilità di Douve (1969), Ieri deserto regnante (1978), Pietra scritta (1985), Nell’insidia della soglia (1990), Quel che fu senza luce. Inizio e fine della neve (2001), Le assi curve (2007), L’ora presente (2013).
…..Il volume L’opera poetica, a cura di Fabio Scotto, è apparso nei Meridiani Mondadori nel 2010.
***