“Nuvole di nulla” di  Mariella Cerutti Marocco
(Gli Oscar Mondadori)

Già le nuvole non sono famose per la loro consistenza. Se poi l’elemento di cui sono composte è addirittura il nulla, due soltanto sono le cose che possono accadere: l’evanescenza si fa totale e “Nuvole di nulla” diventa il titolo più azzeccato per un libro privo di qualsiasi rimarchevole sostanza, incorporeo e dunque invisibile.

Così dovrebbe essere secondo le leggi della fisica e della pura logica, ma bisogna pur sempre fare i conti con il miracolo, e di recente ne è avvenuto uno, letterario, degno degli onori della cronaca.

Infatti, una garbata raccolta di “pensierini della sera”, che nulla ha da spartire con i versi, è diventata proditoriamente Poesia sulle pagine culturali de “La Stampa” grazie alla recensione del critico letterario Giovanni Tesio che ne annuncia la presentazione e, il giorno successivo, in un pezzo redazionale che chiude il cerchio attraverso il resoconto dell’avvenuto evento. Onori e spazi – questi – che di rado vengono concessi alla poesia in genere: figuriamoci poi a quella che non c’è, vuoi per l’irrilevanza dell’opera, vuoi per l’assoluta anonimia di un’Autrice per di più tardiva nel suo arcano esordio.

Poiché perfino Santa Madre Chiesa è assai prudente nel gridare al miracolo, ecco che l’istinto degli scettici subito si acutizza per andare alla ricerca di una spiegazione razionale a tanto rumore per nulla. Risultato? Ne escono più confusi di prima quando scoprono che, padrini al varo di cotanto nebuloso nulla, a fianco dell’Autrice, sono i pezzi da novanta dell’inamovibile e immarcescibile, vigente sistema letterario; nelle persone di Ernesto Ferrero, presidente della Fiera torinese del Libro e Maurizio Chucchi, poeta tutt’altro che per scherzo: tutti accoccolati sotto l’ala protettrice – e forse assolutoria – di Marcello Sorgi, direttore de “La Stampa”.

Gli scettici, si sa, sono anche ostinati e, più il mistero s’infittisce, più diventano tignosi nella ricerca di un perché razionale. Dunque insistono e, a mo’ di risposta, si trovano di fronte alla misera scoperta dell’acqua calda: la solita, quella di sempre che chiama in causa le consorterie, i sotterranei giochi di potere e propaganda, i contorti apparati d’alleanze che creano gli esclusi a vita e i presenzialisti a ufo.

Si permettono anche di emettere una sentenza, gli sfiduciati osservatori del tragicomico, solenne encomio alle “Nuvole di nulla”. Il verdetto è: una gaffe imperdonabile.

Ma per nulla imperdonabile è l’Autrice che, come molti, cerca – ma lei trova – uno sprazzo di vanitoso appagamento.
– Imperdonabile è invece un editore della stazza di Mondadori che, consapevolmente, inserisce in catalogo un’opera di tale mediocrità.
– Imperdonabile è la critica letteraria, che si presta e avalla i giochi ambigui di potere, screditando così, del tutto, una categoria già vista con sospetto.
– Imperdonabile è la letteratura vera, quella qui rappresentata da un poeta di tutto rispetto che c’illudevamo volesse, o potesse, restare al di sopra delle meschinità compiacenti.
– Imperdonabile è un Direttore di quotidiano a tiratura nazionale che, fin troppo consapevole del suo potere, lo vende sottocosto fabbricando “eventi letterari” che mettono in ridicolo la sacralità della cultura.
– Imperdonabile che “l’evento” sia anche riportato, nel suo aspetto più mondano, sul settimanale “Specchio” (sempre appendice di La Stampa, of course), arricchito di un commento che – ineffabile – così suona: “La poesia, insomma si espande, trova nuovi protagonisti e un nuovo pubblico, stanco per la troppa banalità che lo circonda”. Imperdonabile perché la Poesia, invece, qui non si espande affatto, ma si contrae sino ai minimi termini non a causa di nuovi protagonisti, ma di vaghe comparse; a beneficio di un pubblico che, mai stanco della banalità che lo circonda, non sa o non vuole distinguere l’incontro culturale dalla farsa.
– Imperdonabili, insomma, sono il servilismo sposato alla protervia quando, insieme, oltrepassano il limite d’una decenza appena elementare.

In quanto al libro che resta da dire? “Nuvole di nulla”, appunto, si definisce da sé attraverso il titolo che ha quantomeno il pregio d’essere breve, mentre le riflessioni – e non i versi – dell’Autrice sono tante, troppe: esposte in modo monotono e infantile, ricche di una sconfortante povertà di vocabolario, avulse da qualsiasi musicalità o ritmo. “Minimaliste”, le hanno definite gli accondiscendenti presentatori, per celarne la banale vacuità.

Per concludere, prima di lasciare spazio ad una critica autorevole e più specifica: “Nuvole di nulla” è un libro da non leggere che si può comperare solo se gli incassi sono destinati a un’opera di beneficenza. Viene spontaneo domandarsi, comunque, perché gli artefici di queste nobili operazioni non scelgano di staccare un assegno tout court. Stesso risultato con, in più, un magnanimo gesto di rispetto verso chi aborrisce ancora il bluff pacchiano e ama davvero, invece, la buona Poesia.

A/6

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