PARAGRAFI, Antologia di poesia in prosa
A cura di Pietro Montorfani
(Puntoacapo, Pasturana (Al), 2018)

Pietro Montorfani ha raccolto in questa preziosa antologia una serie di prose, scritte appositamente, da un gruppo di poeti inseguendo il “miracolo di una prosa poetica, musicale senza ritmo e senza rima, così duttile e così risentita da adeguarsi ai movimenti lirici dell’anima, agli ondulamenti della fantasticheria, ai soprassalti della coscienza?”.
Così scriveva Baudelaire invitando i poeti ad una tenzone difficile, pericolosa. Eppure la poesia in prosa era ed è sempre una novità in quanto genere ibrido, in quanto terra di mezzo che lascia spazio a inaspettate libertà e la tempo stesso obbliga la prosa ad un passo diverso. E magari la poesia ad un respiro nuovo.

Montorfani nella sua bella e intensa prefazione ci racconta un po’ la storia del genere che oggi potrebbe rivelarsi come una sorta di argine ad una produzione e poetica enorme, esagerata, non sempre “sostenuta da consapevolezza stilistica”. Una produzione che stenta trovare dei limiti e che la prosa lirica potrebbe fissare, paradossalmente, proprio per le sue regole “narrative” che possono comunque recuperare, anzi valorizzare, il gesto poetico. D’altra parte è viva la discussione sulla “poesia in prosa” che si esprime talvolta in banali considerazioni del tipo: ”la poesia non è una prosa che va capo più spesso” a questioni più importanti che toccano il senso, la struttura, le regole della poesia stessa. Altri pensano che quel che conta sia “il risultato finale” e poco importa se sia una poesia più “narrativa” o “metaforica”.

Certo la poesia non si salva solo con la metrica e regole rigide del verso, ma neppure la si può totalmente diluire in un testo che è di fatto narrativo (breve, ovviamente). La poesia comunque mi pare troppo spesso “in posizione difensiva”, come a voler salvaguardare uno spazio sacro dall’invasione dei barbari. Ora, al di là di questi elementi che vanno trattati a parte e a fondo, va detto che quest’antologia ci propone una via d’uscita con delle prose dichiaratamente tali, che non sono “raccontini” e neppure “aforismi” (come ovvio), ma che però hanno un respiro, un ritmo, un’aura, una fonte, un’intenzione poetica. E come è giusto che sia vi sono temi e tratti, personalità e stili diversi.

L’antologia si presenta quindi gustosa e affascinante, proponendo variabili e varianti davvero interessanti. Si passa da brani di un certa ampiezza scritti da poeti come Bertoni, Mancinelli, Pontiggia alle prose-lampo di Gianpiero Neri, un maestro del genere; si va dai testi di carattere memoriale e personale come quelli di Attanasio, Buffoni, De Marchi, Fontanella a testi che giocano con l’universo scientifico (Arnaldi e Larocchi) o che sviluppano esperienze di viaggio (Anedda) o propongono riscritture di storia e mito (Isella, Rossi Precerutti) sino al caso di una prosa che mette in scena la sua stessa alterità rispetto alla lirica (Jermini e Mancinelli).
Molto belli poi i testi di poeti come Pusterla e Furia che sia pure con registri diversi emergono per intensità.

Come detto qui troviamo poeti che si mettono alla prova scrivendo in prosa e mi vengono in mente scrittori che avevano un prosa spontaneamente poetica come Francesco Biamonti o come Amos Oz. Dico questo perché il travaso di stilemi, di forme, di richiami fonici ed emotivi è qualcosa che da sempre arricchisce la lingua, che sviluppa forme nuove di linguaggio proprio nella contaminazione, ma che talvolta trova un suo sviluppo stilistico endemico, per così dire. Non si tratta qui di esaltare o criticare un genere che resta minoritario e di nicchia, come si dice. Anche perché non sempre gli esiti sono felici, anche perché non è facile forzare la natura degli scrittori anche solo per gioco. E sempre ci saranno dei poeti puri o dei narratori poeti così come dei poeti capaci di scrivere in prosa (si pensi al sommo Leopardi o al già citato Baudelaire).

Ma intanto davvero ci si può immergere, e beare, nella lettura di questo bel libro ricco di sorprese e di affascinanti incontri letterari, che scorrono lievi, ma profondi, intensi. Un libro che si può leggere tutto d’un fiato oppure sorseggiare lentamente, senza mai perdere il filo, un libro che richiede concentrazione, ma che regala leggerezza, un libro che ci narra di mondi nascosti e che ci tiene inchiodati alla forza pregnante della parola.

Stefano Vitale

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Note sull’Autore
Pietro Montorfani è nato a Bellinzona (Svizzera) nel 1980 e risiede a Lugano. È dottore di ricerca in italianistica presso l’Università Cattolica di Milano, dove ha tenuto seminari di Letteratura italiana del Rinascimento e di Storia della critica letteraria.
Ha soggiornato in atenei stranieri (Mary Washington University, Katholische Universität Eichstätt) e ha pubblicato saggi sulla letteratura del Cinque e del Novecento (Lodovico Dolce, Pomponio Torelli, Giovanni Pascoli, Gianfranco Contini, Piero Chiara).
Con la raccolta di poesie 
Di là non ancora (Moretti & Vitali) ha vinto il “Premio Carducci” e il “Premio Schiller incoraggiamento” nel 2012. Dirige la rivista «Cenobio» ed è collaboratore scientifico dell’Archivio Storico della Città di Lugano.

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