“PERCHE’ NON SCRIVO CON UN FILO D’ERBA”. Antologia con autografi e inediti
di ALBERTO NESSI
(Interlinea, Novara, 2020)

…..Questo libro è imperdibile. Viene pubblicato per festeggiare gli ottant’anni di un grande poeta. E questo potrebbe bastare.
Chi già conosce la poesia di Nessi avrà il piacere di ritrovare un vecchio e saggio amico che coi suoi versi illumina i sentieri della vita sospesi tra il caldo rifugio della propria stanza e il freddo sentiero di un bosco imperlato di neve. Ed in più avrà sei poesie indite da sorseggiare con cura e piacere. Chi invece ancora non ha incontrato la voce lieve e profonda di Alberto Nessi avrà a disposizione un’efficace antologia di alcuni tra i suoi testi più significativi. Ed in più avrà modo di leggere un bellissimo scritto di Nessi che gli aprirà, con semplicità e chiarezza, le porte della sua poetica. “Il bisogno di poesia” è un breve, ma denso testo che Nessi definisce col suo proverbiale atteggiamento discreto e di “basso profilo” “Un appunto”. In realtà, e questa è una capacità rara nei poeti che forse si acquisisce appunto in tarda età, Nessi ci propone una sorta di manifesto personale, come volesse rivelarci, una volta di più, il suo modo di fare poesia mostrandoci, al tempo stesso, le fondamenta della sua casa poetica.
L’appunto muove le mosse, come accade spesso nei suoi versi, da una situazione apparentemente normale, quotidiana. Chiunque di noi potrebbe trovarsi o si è già trovato seduto ad un tavolino di un caffè, in una città che non è la propria, a fare colazione alla mattina. “La vita riprende il suo corso abituale”: Nessi osserva, come sarà capitato milioni di volte a tutti noi, l’uomo che entra nel locale deserto, quello che scarica la merce da un carrello senza una parola, e si vedono i semafori “che non hanno mai smesso di funzionare” nella notte. Ma poi scatta una domanda: “Che differenza c’è tra il tipo al bancone o la ragazza in corsa e me?”.

…..Alberto Nessi ha la consapevolezza che il poeta guarda le cose diversamente, con una mente diversa. Nessi sa che la responsabilità del poeta è un’altra: non basta registrare quel che accade. In quel che accade c’è qualcosa d’altro o, a volte, qualcosa manca. Etwas felt, diceva Brecht. Ecco il poeta è lì per cogliere quel che c’è e non si vede o quel che proprio non c’è, che manca, ma che desideriamo.
Nessi scrive così le sue poesie: cerca di rivelarci proprio quest’assenza o questo pieno nascosto, se volete. E lo fa, meraviglia, senza pretendere di dire la verità. Nessi è quanto di più distante si possa immaginare dall’idea che il poeta sia colui che rivela qualcosa di orficamente nascosto. Ciò che non si vede è figlio della soggettività del poeta, è un punto di vista dello sguardo responsabile del poeta. Nulla di definitivo, ma senza dubbio qualcosa di singolare. “La differenza” – scrive Alberto Nessi – “sta nell’emozione che spinge il poeta, in momenti felici, a scrivere cose che non hanno una destinazione pratica, non usano il linguaggio per trasmettere informazioni…. Non servono a niente se non a farci sentire vivi, a colmare il vuoto creato in noi dal “disagio della civiltà”. Non servono a niente “se non a darci bellezza, a far scaturire nel nostro spirito scintille di vita”.

…..Alberto Nessi è così, la sua poesia è questa scintilla di vita che consapevolmente cerca di “stabilire dei legami segreti tra cose date per scontate, di ridare verginità a parole logorate dall’uso”. Nessi sa che “il poeta è un uomo come gli altri che, in più, si meraviglia di esistere e ci comunica emozioni, ci fa pensare, rivela qualcosa che sentivamo in modo vago di avere dentro di noi”. Queste sue parole fanno pensare a Giorgio Caproni che cercava anche lui di fare un’operazione di questo tipo, sia pure con strumenti poetici diversi.
Ecco, tornando alle parole di Nessi, non poteva esser meglio espressa, con lucidità e precisione, il senso della sua poesia. E quando un poeta arriva a far ciò significa non solo che è un poeta, ma che è un grande poeta. E’ questa consapevolezza che è necessaria per esser poeti, certezza che non è spocchia, che non è presunzione o arroganza, ma equilibrio con se stessi, che è padronanza dei mezzi espressivi, della parola, ma anche degli aspetti emotivi, psicologici.

…..Alberto Nessi è poeta dal linguaggio semplice, ma estremamente appropriato, elegante, misurato quanto efficace, tagliente quando necessario, duro quando dovuto. I suoi testi sono cieli attraversati da improvvise nuvole scure, oppure cieli plumbei improvvisamente illuminati da un raggio di vita. La sua poesia cerca un ancoraggio nella realtà: a volte è la malinconia di un ricordo familiare o l’incontro casuale nel vagone di un treno di pendolari; altre volte è la vista di un quadro in una chiesa di Lugano oppure il banale saluto “arrivederci professore”; altre ancora è una domanda semplice che diventa radicale: “Dove metti tutte le cose che leggi?” a mettere in moto la poesia di Nessi. Poesia che sempre si conclude lasciando al lettore la consegna di una nuova domanda o il vuoto risuonare di passi che si allontano nel silenzio, oppure la sospensione lieve della ritrovata meraviglia, o la meditazione pensierosa di una constatazione dolorosa.
In ogni caso l’emozione e la riflessione, il pensiero e il sentimento si intrecciano, si abbracciano e si stringono forte con delicatezza, senza far male e così vincono l’indifferenza, abbattono i pregiudizi, spalancano nuovi territori pur facendoci sempre sentire a casa. Già, perché Nessi è capace di spiazzare, di cogliere con lo sguardo tracce oblique, angoli nascosti dentro paesaggi appartenente normali e a guidarci, attraverso l’inquietudine che questo suscita, verso spazi aperto quanto protetti. Perché Alberto Nessi fa poesia lirica che è al tempo stesso epica: poesia che si mette nei panni degli altri, che vuole anche offrire un messaggio cogliendo punti di vista alternativi, si sarebbe detto una volta. Ma senza clamore, senza presunzione, mettendosi appunto nei panni degli altri. Alberto Nessi sa essere poeta appassionato, poeta che s’indigna, poeta impegnato sul piano civile e “politico” senza mai smettere di essere poeta. Nessi sa infatti raccontare le storture del mondo con la semplicità e la saggezza di chi sa cosa vuol dire vivere in bilico fra attese e delusioni, “in una terra spirituale di confine”. A volte egli parla nelle sue poesie, ad esempio, anche migranti clandestini, come accade ad esempio nel bel libro “Un sabato senza dolore”: (2016) «quante volte ci morderà la rete ancora il cuore?» e alla fine deve constatare che «non vedrò più la viaggiatrice senza bagaglio / che avrebbe tante cose da raccontarmi» perché «deve scendere». È il destino di tutti, ben racchiuso in poesie scritte «forse un po’ come ballare il tango».

…..Il titolo di una sua fondamentale antologia è “Ladro di minuzie” (2010) che ovviamente consigliamo a tutti di leggere. Sono i dettagli ad attrarre l’occhio poetico di Nessi che diffida dei termini astratti, che si aggancia a cose concrete: gli odori, i colori. La poesia, per lui, consiste anche nel far coincidere elementi apparentemente distanti. La poesia è una sorta di “terzo occhio” che ci fa vedere delle cose che non esistono, apparentemente. Tutti forse abbiamo quest’occhio nascosto. Ma bisogna scoprirlo, coltivarlo, esercitarlo. In questa direzione, come si diceva inizialmente, Alberto Nessi sente la responsabilità del poeta.
In una vecchia intervista ebbe a dire: “Bisogna almeno fare compagnia alla gente. Siamo soli, c’è l’amore, è vero… ma in fondo siamo soli. L’arte, la letteratura possono tenere compagnia oltre che far conoscere il mondo. Se voglio parlare di politica scrivo un articolo di giornale, se voglio fare poesia devo portare uno sguardo nuovo. La qualità sta nel linguaggio. La poesia è sempre sovversiva, anche se parla di un ciottolo. Il tema può essere banale, ma le parole devono offrire uno sguardo nuovo sulla realtà”.

…..Non perdete altro tempo, cercate subito questo libro. Ne hanno stampate solo 800 copie. Fate presto.

…..Stefano Vitale

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Le cose

Dove metti tutte le cose che leggi? –
Mi chiedi dopo l’acquata
Mentre il cielo s’accende di lampi
Tardivi. Blu cobalto con cenere. Io sto seduto
come un indiano, spio dal divano. Dove le metto?
Un po’ vanno a finire negl’ingombranti
ogni primo giovedì del mese passa il camion
E se li porta via i falsi tappeti
le poltrone slabbrate, i giocattoli zoppi.
Un po’ s’impigliano ai fili, altre il vento
le porta via, le seppellisce nella sabbia.
Restano solo le cose che non lasciano in pace
le cose che tagliano, che feriscono
quelle che scavano gallerie
le cose che cinguettano e luccicano
le cose vive
le cose.

*

InterRegio

Ha l’aria della contadina
la donna che mi siede di lato
con una sciarpa macedone:
che cosa ha lasciato, una casa in rovina
un pollaio devastato?
I due nipotini dalle orecchie a sventola
s’arrampicano sui sedili,
silenziosi scoiattoli senza nocciole,
pettinati come me negli anni Cinquanta
guardano la bionda che cinguetta
al cellulare « super » « genau » « gern »
poi s’addormentano sul bracciolo
mentre la pioggia arriva nella sera
con passo leggero da clandestina
ci guarda dal finestrino fino a Luzern.

*

Clandestina

Quante volte mi chiedo nel dormiveglia
c’è la rete anche qui? ci sono i cani?
la paura che le gambe attanaglia?
il furgone? la gabbia del domani?
E dove sono i fiori della sabbia
che coglievo ragazza in riva al mare
dov’è lo scialle colore del vento?
Non fiorisce il mio ramo, anche le scarpe
ho perso dentro il filo spinato: quante volte
ci morderà la rete ancora il cuore?

*

Scrivere una poesia

Al ballerino di Carimate
che mi chiede come si scrive una poesia

Sì, forse è un po’ come ballare il tango
Si dev’essere in due, cinger la vita
Non fare il passo più lungo della gamba
Assecondare l’onda dietro l’ombra
Dove pulsa il sangue, fare il casquè
Sulla pedana senza cascarsi addosso
Inseguire il tuo cuore, Caminito.

*

Un sabato mattina

Un sabato mattina quando più tranquille
scorrono le ore davanti a siepi rigenerate
dall’acqua di maggio madre di campanule
la luce esita tra il sì e il no, il ristagno e la gloria
due ragazzi giocano a pallamano tra platani antichi
e la commessa della cartoleria con voce pallida
mi dice “Arrivederci professore”
un sabato senza dolore…

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…..Note sull’Autore
Alberto Nessi, nato a Mendrisio nel 1940, è poeta e narratore. Dopo gli studi alla Scuola magistrale di Locarno e all’Università di Friburgo, è stato insegnante in diversi ordini di scuole.
Ha abitato sempre nel Mendrisiotto. È sposato con Raffaella e padre di due figlie.Ha esordito come poeta nel 1969 e ha al suo attivo diversi libri di poesia, tra i quali una scelta antologica apparsa presso l’editore Casagrande di Bellinzona nel 2010 col titolo Ladro di minuzie. Le sue opere più recenti sono Un sabato senza dolore (Interlinea, Novara 2016), Rime facili per grandi e piccini (Casagrande, Bellinzona 2018) e Perché non scrivo con un filo d’erba (Interlinea 2020), antologia con autografi e inediti pubblicata in occasione dei suoi 80 anni.
Alberto Nessi è inoltre autore di tre romanzi e di tre raccolte di racconti (l’ultima si intitola Miló, Casagrande, Bellinzona 2014). Nel 2017 ha pubblicato, per le edizioni Unicopli di Milano, Svizzera italiana. Quindici passeggiate letterarie. Nel 2016 gli è stato conferito il Gran Premio svizzero di letteratura.

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