Shakespeare: 25 Sonetti secondo il sentimento di Sandro Montalto
Edizioni Strade Bianche di Stampa Alternativa, Pitigliano 2016

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Associazione Strade Bianche”: Via Zuccarelli, 25 Pitigliano (GR)

 

Shakespeare. Un cognome che non ha bisogno di essere preceduto da alcun William, perché di Shakespeare ce n’è uno solo, perché il “Bardo” non può essere che lui, il drammaturgo e commediografo più noto e significativo della letteratura occidentale, il più letto, rappresentato e studiato al mondo. Talmente studiato da divenire, paradossalmente, un mistero a tutt’oggi insoluto. Ritenuta forse troppo grande, la sua opera complessiva, per scaturire da una mente soltanto, mille ipotesi ne mettono in dubbio la paternità, mille interrogativi restano aperti persino sulla reale esistenza del drammaturgo, corroborati da notizie storiche sulla sua vita frammentarie se non contraddittorie.

Osiamo dire, in ogni caso, che qui non ha il minimo interesse l’assodata o incerta identità del Bardo di Avon. Preferiamo restare saldamente ancorati all’incanto shakespeariano nella sua interezza, alla magia tanto suggestiva quanto improbabile d’una fusione “perfetta” tra l’Opera e l’Autore.

D’altro canto, nella postfazione che Sandro Montalto ha scritto per il suo libro, ed ha intitolato Shakespeare: versi liberi, il curatore e traduttore Sandro Montalto analizza con dotta imparzialità vuoi la figura di Shakespeare in generale, vuoi la più rara e specifica veste poetica che, con i Sonetti, egli indossa verso il concludersi del XVI secolo. Qui, tentiamo piuttosto di definire il risultato della spontanea audacia d’un letterato come Montalto che si allinea a traduttori di fama come Angelo Olivieri, Sanfelici, Darchini e via ancora fino a Rossi e Melchiori, poi oltre con Serpieri etc., e che arrivano a portare la firma d’insigni poeti quali Ungaretti e Montale. Ci si domanda, in sostanza, se abbia un senso aggiungersi a tale dovizia d’italiche trasposizioni da parte di colui che, per sua stessa ammissione, un anglista non è, e neppure un traduttore professionale.

Occorre leggere questo libretto dall’aspetto esteriore semplice e spiccio, come è d’uso oggi, per comprendere non solo l’utilità dei Sonetti tradotti da Montalto, ma addirittura la loro necessità. Può apparire eccessivo alludere ad un bisogno: soltanto, però, se non si tiene conto di come, nella nostra epoca, cambi celermente il linguaggio scritto e palato. E se tali mutazioni avvengono, causa o effetto che sia, sappiamo che si trasforma con pari rapidità il “sentimento” delle nuove generazioni, e anche di questo, così come di altre questioni di traduttologia, parla il curatore con dovizia di citazioni, ma anche linguaggio semplice. Diventa allora velleitaria la pretesa di soggiogare i giovani lettori, almeno emotivamente, offrendo loro sempre i medesimi schemi linguistici ed espressivi, tanto avulsi dalla sensibilità corrente da istigare alla più penosa tra le rinunce: quella di godere di versi sublimi la cui sostanza lirica è, e rimane, immortale.

Sandro Montalto, invece, salta a piè pari questo rischioso, grave impasse proponendo la medesima, altissima capacità di suggestione contenuta nei Sonetti shakespeariani con il far leva sulla trasposizione odierna di emozioni antiche, esposte filologicamente sulla misura dell’uomo del terzo millennio. E fa centro, perché il propellente che induce il traduttore alla sua impresa è comune ad ogni essere umano, in ogni età: un afflato d’amore, il medesimo slancio passionale, teneramente affettivo, così naturale da spartire, da condividere appieno con chicchessia, in ogni tempo.

Passione, si è detto: passione di una vita per il meglio della letteratura, dell’arte, della musica. Ma attenzione: lo slancio impulsivo è un punto di partenza. Montalto, infatti, permette all’emotività di trascinarlo via solo alla condizione che questa sia ben corroborata da un’attenta e severa analisi razionale. Mille miglia lontano dalle mielose seduzioni, riottoso com’è di fronte ad un facile, ordinario romanticismo da narrativa rosa, Montalto dimostra anche nella traduzione di questi 25 sonetti la precisione letteraria, l’esattezza ed il rigore formale che gli sono peculiari in ogni altro scritto. Ecco perché non s’intravedono né approssimazioni, né comode licenze o debolezze stilistiche che avrebbero fatto onta al Bardo.

Va detto ancora che l’esito più immediato da recepire in quest’opera di elevata rivisitazione poetica è la nuova morbidezza, l’inedita musicalità dei versi con cui Montalto sa rendere i sonetti nel nostro idioma. Merito della dimestichezza di Sandro con note e spartiti, composizioni e orchestre? Forse. Certo è che, se si vanno a confrontare il tono e il lessico scelti da Montalto con precedenti traduzioni, ci sorprendiamo per come molti altrui versi suonino mozzi o slabbrati alle nostre orecchie; per come alcuni, invece di fluire vellutati e piani, sussultino o s’inseguano a strappi: spesso, poi, ci scontriamo con una terminologia in disuso, o fastidiosamente ricercata. Non può che soffrirne la Poesia stessa, la migliore, quella che non tollera contorti artifici se, come asseriva Paul Valery, nella sua purezza non è che “un’esitazione prolungata tra il suono e il senso”.

Molto bene, allora, che Stampa Alternativa abbia inserito questi 25 Sonetti, antichi e nuovissimi al tempo stesso, tra le sue pubblicazioni. La collana “Strade Bianche” offre ai lettori un riflesso, un riverbero di luce in più: è un chiarore perfetto, ad esempio, per rendere intenso e suggestivo ogni dolce calare della sera. Molto meglio, poi, se apriamo questo libretto proprio allo spegnersi d’un tramonto di Ferragosto. Così; tanto per sommare un altro tocco d’incantamento a quello che dovremmo definire, per restare in tema, il magico “sogno di una notte di mezza estate”.

Anna Antolisei
Marzo 2017

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