“Trasparenza” di Maria Borio
(Interlinea, Novara, 2019)

In “Trasparenza”, gli occhi aperti e cangianti di Maria Borio


…..
S
appiamo che l’idea originaria di questo libro risale alla plaquette L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone, Faloppio 2017). Sappiamo anche che Il puro, l’impuro e il trasparente  sono le tre sezioni del libro, che raccontano la trasparenza. Il trasparente è la sintesi, il puro e l’impuro sono la tesi e l’antitesi. Ma di cosa stiamo parlando? A cosa allude Maria Borio con il concetto di trasparenza? Ma partiamo ascoltando la “la voce” della poetessa.

…..In un’intervista (https://www.singola.net/arti/trasparenza-intervista-maria-borio-poesia) Maria Borio ha spiegato che:
“Il vetro è una materia dura, fredda e trasparente. La consistenza del nostro abitare contemporaneo spesso è legata al vetro, negli spazi urbani e in quelli privati. Il plexiglass è un derivato più leggero e anche i cristalli liquidi degli schermi del computer e dei telefoni sono fatti di una sostanza che rimanda al vetro. Il vetro implica la compresenza di una vicinanza e di una distanza: vediamo immediatamente quello che c’è dall’altra parte, ma allo stesso tempo siamo separati; abbiamo una visione immediata, diretta – in questo senso potrei dire pura – e una visione in cui si apre un limite, uno scacco – potrei dire impura. Il vetro è la materia che si offre come forma delle relazioni di questo tempo, è solida e compatta ma racchiude una fluidità di visione, un divenire, mette a contatto dei limiti: come quando si cammina per strada accanto a edifici di vetro e si vedono le persone dalla parte opposta in mezzo a onde lucenti di riflessi, oppure quando si usano i social network, Skype, Zoom… e, divisi da uno schermo, ci si trova istantaneamente vicini e lontani.
Anche una poesia assomiglia a un oggetto di vetro, plasmato con la sabbia e il fuoco, come fossero le parole, le immagini e lo stile, il ritmo uniti in una composizione, una forma netta davanti ai nostri occhi che racchiude un processo. Ma la lingua della letteratura è anche una lingua di vetro, diversa da quella ordinaria, con una complessità in più, un’intensità in più, che ci fa vedere la vita attraverso, ci ricorda l’autenticità della differenza tra vita e scrittura. Leggere o ascoltare un testo può essere come appoggiare la fronte su un vetro o uno schermo e sentire che a mano a mano, dal nostro corpo, si riscalda e contemporaneamente ci riscalda”
.

…..E poco oltre, sempre nella stessa intervista dice: “Per me la trasparenza esprime una sintesi, e va oltre l’immediato, oltre una scena urbana piena di riflessi tra edifici di vetro, oltre le comunicazioni attraverso i media digitali. La trasparenza è una sintesi perché esprime la verità contraddittoria delle relazioni: ciò che appare nitido, trasparente e puro, può rivelare un altro limite, una profondità da bucare, da scavare. Se ci avviciniamo a un vetro vediamo che ci possono essere imperfezioni, tracce, detriti. Se ci avviciniamo a uno schermo le pupille iniziano a tremare per i pixel che si sgranano. Anche se ci avviciniamo a una persona la visione si può sgranare, prendere una conformazione diversa, si possono sentire altri segnali, le emozioni e i pensieri si trasformano, fluiscono in un altro modo. Per questo la trasparenza è una sintesi di puro e impuro. La scrittura che porta con sé un‘interrogazione entra nella trasparenza. Il cielo, il mare, i corpi sono parti fisiche di un’esperienza che attraverso la trasparenza è intensificata”.

…..Veniamo allora a “Trasparenza” libro, dunque , sorretto da una visione poetica convinta. In Maria Borio la poesia si fa “discorso”, Logos che intercetta le dinamiche della realtà chiusa nelle forme alienate del virtuale. Maria Borio assegna alla poesia, al verso duro e preciso, talvolta spezzato, ipermetaforico, una funzione di “redenzione” : la poesia ci salva dalla perdita di una visione piena e vera, che ormai ci sfugge, e che la poesia, sia pure per brandelli, afferra.
La poesia di Maria Borio resta lirica, ovvero punto d’osservazione e di espressione soggettivo il cui, tuttavia, lirismo emerge non tanto, ovviamente e banalmente, dalla parola ricercata o da una forma precostituita, ma dal ritmo impresso al movimento scritturale, dalle immagini convocate sulla pagina, dal gioco associativo e metaforico vertiginoso e preciso, dal mistero verbale che sorge da questi versi. La poesia di Borio mi ricorda certi quadri di Franz Marc in cui l’utopia di un Sé conciliato emerge nel colore come in un “altro luogo”, in un altrove oltre lo specchio di ciò che vediamo.

…..La poesia di Maria Borio sa combinare con cura il quadro delle sue “parole”, offrendo un distillato da gran qualità dal gusto oscillante tra l’immaginato e il reale. C’è una ricchezza di immagini in questa poesia che però non assolutamente rubricabile come “visionaria”. Tutt’altro: Borio cerca disperatamente un contatto con la realtà, ma è la realtà ormai ridotta a superficie, a trasparenza che sfugge. L’operazione poetica è molto interessante: dare conto dell’evanescenza del reale attraverso la parola ostinata, la parola concreta che cerca così di ristabilire un contatto con la reatà.
La sua poesia è strabordante: s’inerpica tra le pagine del vocabolario, della mente, dell’esperienza vitale delle cose del mondo e aggredisce la pagina con voce ferma ed originale. Persino ciò che può apparire anti-poetico o im-poetico diventa poesia sotto la penna (così si diceva una volta) di Maria Borio. Che, tra l’altro, è brava nell’usare registri diversi, forme diverse, strutture e figure poetiche complesse, ovvero tessute insieme prese dalla tradizione come da forme proprie di nuova scrittura dando dimostrazione di sicurezza e padronanza teorica e letteraria. Maria Borio, studiosa tra l’altro della poesia contemporanea, ha recepito, a mio modo di vedere, la lezione di Zanzotto e di Sereni, probabilmente di Antonella Anedda (quella della prima fase) e, per certi versi, anche quella di Amelia Rosselli.

…..Borio sa affrontare temi differenti: esistenziali, l’amore, gli affetti familiari, temi sociali come l’accoglienza e l’immigrazione, la descrizione del paesaggio urbano, sa costruire ragionamenti poetici ipertestuali sulla letteratura. E lo fa con stile e forme curate: insomma è davvero un figura di poetessa intrigante, che sa entrare e centrare con originalità nei suoi oggetti. Ora i suoi toni sono epigrammatici e aforistici, altre volte usa modalità più narrative, altre volte più surreali.
Vorrei rassicurare i lettori: non siamo al cospetto di un frullatore senza forma, senza sostanza, disorientato e disorientante. Siamo invece confrontati con una scrittura capace di prendere di petto la complessità del nostro “sistema” di vita, che sa essere dentro la realtà con occhi aperti e cangianti come devono essere quelli di un artista contemporaneo.

…..Stefano Vitale

@@@

Alcune poesie da “Trasparenza”
(Interlinea, 2018)

I
Il peso si sente come i capelli sulle spalle
i pori che si stringono per non far passare l’acqua

l’attrito sempre quando capita una coincidenza.

Ma dicono che oggi il peso del tempo è irreale
assomiglia all’aria spostata dagli insetti

che si nutrono di sangue e muoiono a volte
sotto il palmo della mano.

II
La coscienza si stacca, sopra di noi è uno specchio
ci vede punti che galleggiano in una piscina

vede la pelle sporca del sangue di tanti compresso in
[una macchia –
i mobili flessi sono dita vegetali, il circuito elettrico
[sciolto
un pensiero di sottomissione, il pensiero puro di ridarsi
[al tempo.

III
Scompariamo nell’acqua. Le nostre case sono acqua
nascondono sul palmo la condensa di molti

l’idea che osservandola ci trasformiamo
in molti schiacciati in una macchia.

IV
Poi, per vedersi, la coscienza ha strappato un cavo
lo spezza coi denti, si scheggia le dita con il filo elettrico

sente la macchia di sangue aperta –
ha immerso il filo nell’acqua…

V
La coscienza separata dal corpo ha sentito il tempo
[pulirsi
nella casa come in una vasca una luce di fondale
mobili flessi sono dita vegetali, il circuito elettrico
[sciolto
una polvere, una prospettiva, un filo incandescente

il tempo che è coincidenza, la storia di tutti e uno
trasparente fuori dal baricentro nell’acqua

senza peso, vive e vede

***

Sapersi avvicinare.
Così vediamo l’enigma della distanza
dal posto in cui si addensano i luoghi che ci hanno abitato.
Inizio chiamando le isole di erica e ghiaccio
l’alba atlantica
un aereo al decollo
versi duri di gabbiani come sottili catene.

Chiedete nudità. Le scogliere si aprono
più a sud in un prato piatto
e gli animali sono immobili
una sinfonia che si avvolge su se stessa:
pensavi alla loro bicromia
trovando in qualche angolo della lingua
mele acide, bacche rosse
la pianura premuta dalla nebbia
che si incastra nei movimenti.

Affacciati, dall’alto sul mare,
ripeti la vertigine
nel basso della pianura
in contrappeso.

Mi sono affacciata ed era spazio più ampio
una meridiana arsa di capperi e lava
tesa a lande calcaree, dorsali.
Gli uomini sdraiati sul fondo dell’Europa
forse mi hanno guardato, e chiedo
sarete intrecciati nei posti che ho visto
in uno solo breve come poter dire
cosa sono i miei anni minuscoli
attraverso lo scontro di sud e nord.

Ogni luogo appartiene ad altri.
Li appoggio senza genealogia,
gli do odore, ricevo umido e arido.
Ci bagnano o uccidono.

Eri nel punto più alto della scogliera
nel vento del nord affilato, lunare.
Voi li abitate adesso. Avvicinatevi.
Mi affaccio, salto –
da roccia a roccia sopra un resto.

***

Ha piegato le camicie in fila
con la coda dell’occhio al cassetto semiaperto
come potesse contenere te e il respiro silenzioso
dove si posano i capelli e le unghie
ascoltando un cacciavite che cerca di aprire.

Muovendo i polpacci sul lenzuolo
resta un uncino sulla retina
tira gli errori come una pinza d’argento,
il ruvido dal liscio, i nodi
dei peli appena crescono sulla pelle.

Questa ora è un silenzio ampio
abbatte il movimento di gambe, pieghe,
fenditure, lacci. Dall’altra parte del silenzio
una persona che con il silenzio parla

che ha potuto vedere camicie, calzini, lacci
la distanza e forse l’acerbo proteggere
mentre sale come un uccello in vetta
con sfida al predatore, per non appartenere.

In questo silenzio la meraviglia trasparente
di ciò che è lasciato batte per granelli di sale:
accade, così si giura, né prima né dopo,
punta un entrare occulto, che non è
conoscersi o ascoltarsi, ma essere.

In questo silenzio il pacco delle camicie riposa:
una bomboniera, un diario, un ciottolo.
Come un uccello freddo gli vorresti chiedere
di ucciderti, di vedere che cadi dalla scogliera

nell’acqua ti trasformi in un delfino
e forse, padre ignaro di sé, potrà sentire
come per i figli che chissà cosa diventano
quando abbiamo creduto di proteggerli…

Ti ha mandato un silenzio ampio
dentro a un vetro sottile, si rifrange
mentre leghi la carta. La camera di altri
il respiro di altri rompe la trasparenza –
già precipita, pochi secondi.

@@@

…..Note Sull’Autrice
Maria Borio, classe ’85, laureata in Lettere, è dottore di ricerca in letteratura italiana, e ha pubblicato le raccolte Vite unite (XII Quaderno italiano di poesia contemporanea, Marcos y Marcos, 2015) e L’altro limite (Pordenonelegge-Lieticolle, 2017). Ha inoltre scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).

…..Consigliamo:

– https://www.laletteraturaenoi.it/index.php/la-scrittura-e-noi/1075-su-trasparenza-in-dialogo-con-maria-borio.html
– (https://www.singola.net/arti/trasparenza-intervista-maria-borio-poesia
– https://loggioneletterario.it/lo-stato-delle-cose-maria-borio/
– https://www.raiplayradio.it/audio/2020/03/Da-poeta-a-poeta
– Maria-GraziaCalandrone-incontra-Maria-Borio-fb5e3f8a-80df-45cb-972c-7e238fd70464.html

***

 

 

CONDIVIDI