Amedeo Ansaldi: “Per un piccolo ordine di grandezza”
Postfazione di Dario Stanca
(Edizioni Cenere, dicembre 2022)

…..In questa terza fatica aforistica, dopo “Manuale di scetticismo” (2014) e “L’Onere delle condizioni” (2019), Amedeo Ansaldi in poche parole, comme il faut parafrasando un suo aforisma, mette interamente se stesso: ed è un autentico invito a guardare l’esistente con occhi disincantati, requisito minimo verso l’acquisizione, in un mondo perlopiù appiattito e votato al sacro pensiero unico, di uno sguardo rigorosamente “personale”, e insieme un invito ad agire con più “coscienza”: una coscienza che morde l’autore anche quando tenta di barare “facendo un solitario”, mentre altri credono di avere pulita, ma soltanto perché non la usano.

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La recensione di Rinaldo Caddeo

…..Non giochi di prestigio, figure retoriche, acrobazie linguistiche, calembour, fumismi. L’approccio creativo di Amedeo Ansaldi all’aforisma è felpato, all’insegna, in apparenza, dell’understatemen. La sua prosa è limpida, affabile, essenziale. Questo non vuol dire che nel dettato dei suoi aforismi non si verifichino scatti, accensioni, accelerazioni, rallentamenti e che non vi siano circonlocuzioni complesse, allusioni, reticenze, ma queste diversificazioni, in sostanza, sono messe a servizio di un unico svolgimento drammatico.
…..Quale?

…..I
l demone del linguaggio di Ansaldi non è esibito, anzi, è celato tra le pieghe di un lessico quotidiano, in uno stile ben educato, garbato, ma non per questo meno affilato, come osserva giustamente Dario Stanca nella sua post-fazione. Sotto le bende di un fraseggio sobrio e dimesso, pulsa e agisce, come una ferita mai cicatrizzata, un impeto, una fitta, una passione: è il demone del paradosso.
…..Il paradosso s’infiltra ovunque, tra i vizi e le virtù, l’odio e l’amore, la menzogna e la verità, la fede e l’incredulità, Dio e l’assenza di Dio, tra gli usi e costumi dell’uomo.
«Chi ha perduto il senno non desidera riacquistarlo; per ingrata che sia, la condizione nuova gli sembrerà ancora preferibile alla vecchia.»

…..Così recita il primo aforisma della raccolta. La follia, la perdita della ragione, vista da fuori è solo disperazione, entropia. Vista da dentro, dal punto di vista di chi l’ha subìta, non è soltanto una calamità, è anche una liberazione. Ci avevate mai pensato?

…..Secondo aforisma: «Se riuscite a estendere i vostri valori agli altri, presto dovrete affrontare i disagi della loro comproprietà.» Anche qui nessuna stravaganza lessicale. Ci sono i vocaboli di un glossario medio, forbito e borghese: estendere, valori, disagi, comproprietà. Ma in cauda venenum. Non è il vocabolo in sé, comproprietà, a sprizzare scintille di ironia, ma il contesto inusitato in cui viene introdotto. Comproprietà è un vocabolo del diritto. Indica il diritto di proprietà di un bene materiale, (un appartamento, un’automobile), da parte di più persone, ciascuna delle quali è proprietaria. Ecco, l’autore ha fatto slittare, da un contesto normale a uno anomalo, da un ambito concreto a uno astratto, il significato. L’ironia e la sorpresa scaturiscono da questo salto semantico-ambientale. La comproprietà di beni materiali implica disagi ma con il vantaggio di un esborso inferiore. Qui accade l’opposto. Il bene è astratto: sono i valori. Estendere i vostri valori agli altri, vuol dire aver convinto il prossimo, come minimo con lunga e impegnativa opera di persuasione, a condividerli. Alla fine, alla fatica dell’opera di convinzione si aggiungono i disagi. C’è magari la soddisfazione morale di avere portato qualcuno dalla propria parte, ma d’ora in avanti occorrerà gestire degli effetti inquietanti, imprevedibili. In questo caso, all’opposto del caso precedente, si tratta di un acquisto apparente che si capovolge in perdita.

…..Terzo aforisma: «Per meglio combatterti, i nemici devono capire il tuo modo di ragionare, e niente li aiuterà a conoscerlo come l’acutezza delle tue risposte.» Il paradosso, in questo caso, è eclatante: se dimostri intelligenza davanti ai tuoi nemici sei spacciato. Il punto di vista è localizzato prima sulla parte opposta, i nemici, poi sul protagonista interno, sul te, che può essere l’io. Questa nuova dislocazione consente di capire che ciò che sembra giusto e bello è, al contrario, controproducente. Non è l’ammonimento o l’esortazione di una massima. Non è nemmeno un suggerimento. È una specie di avviso al navigante: questo è ciò che ti può succedere.

……E così via, di spostamento in spostamento, di sorpresa in sorpresa, di paradosso in paradosso, con effetti profetico-esilarati: «Quando la casa va a fuoco, ne vedrai fuggire molti che ignoravi vi abitassero.» (p.6) o ironici: «Se ci sono sovrani che regnano per grazia di Dio, l’autorità di altri dovremo attribuirla piuttosto a una Sua distrazione.» (p.7), «Un castello di menzogne può riuscire così grato all’o­recchio del pubblico che alla fine l’unico a nutrire il desiderio che crolli sarà colui che l’ha costruito.» (p.8), «Dove impera la menzogna, si giura a ogni angolo di strada.» (p.9).

…..«Ti sei insediato al centro della scena: il punto nel qua­le è più facile finire in stato d’assedio.» (p.9): di nuovo l’interlocutore è un tu fantasmatico, che può essere chiunque, anche un alter ego dell’autore. Di nuovo la reminiscenza di un possibile nemico, in questo caso con una metafora militare, lo stato d’assedio, che evoca una situazione vantaggiosa (essere al centro della scena) che si capovolge in una condizione di minaccia (lo stato d’assedio). Di nuovo il pericolo di mettersi in mostra ed esporsi. È sottinteso che, per non diventare un bersaglio come in guerra, è meglio stare in disparte o mimetizzarsi o perlomeno non esibirsi troppo, come invece ci porta a fare la società dello spettacolo, via internet o meno.

…..«Niente ci allontana di più dalla meta quanto il per­correre la strada giusta nel senso sbagliato.» (p.15): questa piccola, buffa e amara, esperienza, magari quando in una città abbiamo trovato la strada giusta ma non troviamo l’edificio a cui ci dobbiamo recare poiché stiamo andando (a piedi, in bicicletta o in macchina) nella direzione opposta, diventa la cifra esistenziale di una ricerca. Il traguardo di ciò che stiamo cercando è lì vicino ma dalla parte opposta a quella verso cui ci stiamo volgendo.

…..La verità è controversa, ambigua, risiede nei dettagli. Muta con il mutare dei punti di vista. Ad essi si allea, da essi dipende. Il demone del capovolgimento di prospettiva e dei paradossi che ne derivano, mira a localizzarla, minando alle fondamenta la certezza delle apparenze che, grazie ai social, sembrano trionfare, con il successo dei like, in modo inappellabile. Ma non c’è nessun complotto in atto. Il mondo mostra una maschera, anche quella dei complotti, sotto la quale c’è una realtà diversa. Le relazioni sociali, tra cui lo stesso linguaggio, la mascherano e ne alimentano la ricerca. La realtà delle cose, anche quando viene accertata, è vacillante. Una verità per Ansaldi esiste ma è paradossale, sfuggente.

…..Infine: «Trova sempre più nemici la verità della menzogna, e chi potrebbe sostenere che non li meriti?» (p.10). In fondo al paradosso si può reperire una verità, ma la verità, nella società umana, spesso, è ostile, dolorosa e non consola, a volte fa proprio male, come per La Rochefoucauld: «64. La vérité ne fait pas tant de bien dans le monde que ses apparences y font de mal». (La Rochefoucauld, Massime).

…..R. C.

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L’aforisma ben educato di Amedeo Ansaldi
(Dalla postfazione di Dario Stanca) 

…..[…] ‘Educato è Ansaldi nella sua grazia stilistica, stile che, ca va sans dire, è come il coraggio per don Abbondio, “se uno non ce l’ha, mica se lo può dare”, ed è dono esclusivo di chi ha davvero qualcosa da dire, con buona pace di tanta erbaccia letteraria contemporanea infestante i sacri recinti del Parnaso.
…..‘Educata è la sua ritrosia a non entrare in “nessun circolo esclusivo, se non altro, mi risparmio la noia e il fastidio i disprezzare coloro che vi appartengono”, come scrive nel suo “L’onere delle condizioni”, quasi a rivendicare la propria indipendenza intellettuale davanti alle mode e alle sollecitazioni culturali a buon mercato. […]

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