Angelo Lumelli: “Le poesie” 
(Il Verri edizione, Milano, 2020)

…..I libri di Angelo Lumelli sono come labirinti. Sono palazzi fatti di tante stanze piene di oggetti e non basta un sguardo per capire il senso della loro disposizione. Ogni oggetto, ogni arredo ha però un suo perché, ha una sua storia. Niente è messo lì a caso e tutto viene da lontano, talvolta da molto lontano. Ed ogni volta che li guardi, quegli oggetti, raccontano qualcosa d’altro. Ti sembra di aver capito e invece devi ricominciare ed ogni volta scopri uno strato nuovo. Ecco, forse leggere la sua poesia è come studiare la costituzione geologica di un terreno: non si finisce mai di trovare nuovi frammenti, alcuni che sembrano spiegare tutto, altri che ti obbligano appunto a ricominciare daccapo.

…..Dico questo perché scrivere della sua poesia significa fare comunque una fotografia mossa, sfuocata. Credo lo sappia bene lo stesso autore che le raccoglie in questo volume: come in una sorta di spinozismo poetico, Lumelli aspira a scrivere un unico libro. Ed è così che va letto: non coma la raccolta di tanti libri, ma come un unico libro. Egli stabilisce un punto fermo: il poeta ha definito l’operazione una “ripronuncia” indicando così un primato del dire, della voce. E un poeta è prima di tutto la sua voce. Il testo esiste perché ha ed è una voce che può anche mutare.

…..Come fece anche Cees Nootebomm in “Luce, ovunque”, Lumelli presenta i testi, a ritroso partendo dalle più recenti. Ed è una scelta ottima perché la poesia muove dal suo punto di approdo, un po’ come lo Spirito Assoluto di Hegel. La poesia ultima di Lumelli è come la nottola di Minerva che illumina il percorso e ci disvela (in parte) il senso del percorso stesso: “frase – nostro porto in alto mare/ calze di lana grezza/ sciarpe che pungono il collo dei bambini…/frasi – finestre/ varco per uomini pietosi…/eccomi!/ come uno spavento che ride/ bambino supremo” (pag. 23) e poco oltre: “ci siamo resi vuoti per cavarcela ma è un vuoto non puro come un vuoto civetta – anche se togli tutti i soprammobili quando avremo un vero crepuscolo?-un altrove che non si mescola “ (pag. 25).

…..Luigi Ballerini in “L’adesso di allora nella poesia di Angelo Lumelli” (il Segnale, n° 120) ci ha dato delle illuminanti aperture parlando di “scrittura aspramente luminosa”, “lessico temerario”, “relitti da afferrare per prolungare la dolcezza dell’inevitabile naufragio”, le sue poesie sono “come cardini…in una trafila di osservazioni e riflessioni che hanno il sapore di una verità innegabile e, al tempo stesso, non verificabile”. Egli le definisce giustamente “epifaniche apparizioni”, “un appollaiarsi dell’esperienza nel tessuto linguistico. Sentiamo Lumelli: “Dissidente frase – che si corica/ come un pensiero alla pari/ come una faccia nell’erba/ a viva forza – primi piani/ passione pupille/ palpebre chiuse/ per non tentare/ il fatto in purezza/ che non ci vuole”. (pag. 24) Il senso non è subito visibile, ma va cercato sotto la cenere delle apparenze e forse anche nel fumo che si perde in alto e intanto è il poeta che riaccende d’incanto il fuoco della lingua: “quando il linguaggio fallì caddero molti birilli/ arrivarono nebbie di ottobre giorni per la farinata di ceci” (pag. 26)

…..Questa dimensione linguistica è determinante. Per Lumelli, in quanto poeta, conta moltissimo come si dice qualcosa. E la sua scrittura è un patchwork fatto di un lessico “semplice”, ma costruito in maniera inattesa. La sua poesia è ricca di metafore, accostamenti insoliti (“nella bella trama/ amante ricaduto/ mente torna/ l’inizio mai finito), , apparenti salti logici (“è adesso che vorrei trasformare/i sospiri in quel viavai/ di orecchini”) , sbalzi in forma di prosa (“il nostro pensiero ha un volume/ come dire: un peso posato sul suolo/ un luogo natale”); illuminazioni liriche (“vecchi contadini/ legano tralci con dita musicali”) ragionamenti e tanto altro ancora. La sua poesia è sempre mossa, come un mare che non sta mai fermo “neppure di notte” direbbe Paolo Conte. Probabilmente il suo modo di scrivere corrisponde, per la parte essenziale, al modo di pensare del poeta. Il tutto filtrato dalla padronanza e dall’argine del linguaggio scritto.

…..Marco Ercolani ha scritto: “In sostanza, ri-comincia tutto da capo e con i materiali dei volumi già scritti ritrova un libro inedito, come un bambino ripercorre la squinternata avventura del suo essere al mondo. Il suo lavoro non è il risultato di una memoria capitalista e fondante ma di una memoria stracciona e lacunosa, che riempie di buchi i tessuti del senso, traforando la lingua, o meglio beccandola, reinventando una visione arcaica di potente inflessibilità teoretica.”

…..Lo stile compositivo di Lumelli è caratterizzato da una “tecnica” specifica: egli lancia un segnale, un messaggio, lascia una traccia che subito si occulta, cambia strada, e altre volte svanisce. Egli è come se seguisse un moto interiore impastato di immaginazione e rigore, sorpreso esso stesso dalla soglia che sta per attraversare. E nei testi egli ci dice di questo stupore. La sua poesia si basa su indizi, altre volte la sua scrittura si perde nei suoi viaggi mentali e reali (perché la sua è comunque poesia molto concreta, persino ancorata ai luoghi di vita). Ma è interessante notare come, sia pure nella diversità dei toni e di alcuni temi, la sua poesia abbia in fin dei conti un andamento circolare: la poesia di Lumelli è fatta di ritrovamenti in cui l’inizio e la fine del viaggio possono persino coincidere. Riposando poi sulla pagina scritta del suo pensiero, della sua esperienza.

…..Questo andamento “di avanti e indietro e di fiondate laterali” (Ballerini) dipende certamente dalla scelta di Lumelli di innalzare la lingua poetica al di sopra della chiacchiera, ma dipende anche dal fatto che la sua poesia è un gesto di memoria e di pensiero che si rinnova continuamente e che trova la sua espressione nella forma-parola. La sua poesia è come un testo contrappuntistico che scorre e scivola da un tema all’altro sorprendendo il lettore che viene spinto “altrove”: “quando finisce il lontano è finito anche il viaggio – non è un buon segno questa mano che non si stacca…. Basta una prospettiva pro forma – come avessi le gambe buone – la tua ombra per terra, ai piedi della destinazione”. (pag. 27)

…..Come ha scritto Marina Massenz “L’oscurità dei testi di Angelo Lumelli non sta nel linguaggio (non vi sono parole/forme sintattiche sperimentali o azzardi formali), ma nella mente. Che si fissa, vaga, divaga… si allontana, associa e dissocia elementi secondo nessi imprevisti. La mente, nel suo silenzio, scarica universi di parole saltando da un tempo all’altro, così come da una scena all’altra. Lumelli mette in scena il teatro della mente, senza riordinarlo prima secondo nessi logici o unità spazio-temporali; lo lascia andare. La mente è l’origine, è qui che il pensiero si scinde in mille rivoli, connettendo luoghi, episodi, tempi anche lontani e diversi tra loro.”

…..Dal mio punto di vista l’oscurità nasce talvolta dalla trasfigurazione linguistica che danno ad una parte dei suoi testi un aura di chiaro-scuro: a volte appaiono come oscuri e occorre semplicemente aver pazienza, non fermarsi al primo impatto. La poesia chiede cura che come spiegava Heidegger, è figlia dell’inquietudine. Certo, anche quando Lumelli svolge i suoi ragionamenti apparentemente logici, la sua pare una “logica matta” (sempre Ballerini) che emerge dalla circostanza, una logica che è figlia dell’instabilità del punto di vista, così come accade nella vita di ogni giorno. Lumelli talvolta appare persino filosoficamente definitorio, ma è proprio perché fugge dalle definizioni definitive. A lui interessa che così facendo possa ri-scriveve l’esperienza restituendoci il suo inevitabile senso di precarietà, di instabilità. La verità non c’è perché continuamente diviene, si fa e si disfà trasmettendoci un messaggio poetico che, tuttavia in lui, non è mai di ripiegamento, di rinuncia, e neppure di banale accettazione di qual che sia limite. La lingua non si acquieta, essa continuamente “accade” e tenta di rinnovarsi.
“chi ha detto che è davvero accaduto?/ ogni piccola cosa la fa grande il suo vuoto/ talvolta nel cuore si accende una spia/ come l’assenza che non va via” (pag. 35). E ancora: “tocca a te lingua intercambiabile/ tornare sui tuoi passi/ arrossire/ davanti al fagottino abbandonato/ che non sai cosa vuol dire” (pag. 67)

…..Per Lumelli conta l’espressione della sorpresa, dello stupore perenne, lo spaesamento necessario per tentare di cogliere le coordinate lirico-cognitive del nostro vivere. E così penso alla sua poesia come ad una mappa, una vecchia carta geografica dove lo sguardo può spaziare in alto, in basso, di lato, può immaginare strade, percorsi, città, paesi e collegamenti tra di essi in base alle proprie inclinazioni, ai ricordi o ai desideri del momento. La poesia di Lumelli sprizza quindi libertà, nel senso della possibilità di assumere diverse direzioni: “non so chi interrogò per primo/ se io o loro/ eccomi! Risposi in anticipo/ alla domanda di nessuno/ crollato io per primo/ ne gioco da bambino/ mentre giravano/ domanda e risposta/ come a nascondino” (pag. 38).

…..La liberta è anche quella di una pausa, una sosta, una sospensione (non solo del senso) che talvolta è nella leggerezza del verso, nell’assenza di punteggiature, nell’eccesso di parentesi oppure sta nel pensiero liricizzato all’improvviso; altre volte nell’ossessivo girare in tondo della lingua che gioca su rimandi, associazioni, pensieri logico-espressive, facendosi prosa. In realtà è la nozione di tempo che salta, che nelle poesie di Lumelli è un accidente, un accessorio e coincide con l’animus poeticus dell’autore: “il tempo stava in fondo al corridoio – ti aspetto/ mi dice da lontano – io ho preso la rincorsa/ per saltare dieci anni – la Gilera ha vinto il campionato/io sono un duro e non mi giro – ho detto tre volte lo giuro”. (pag. 43)

…..Altre volte la libertà è nell’ironia “e avvenne un’altra cosa/ l’acqua scomparve/ per amore della sete” (pag. 48) capace di rovesciare le attese e le previsioni; oppure è la musicalità leggera di stile caproniano a mettere le ali: “per non essere l’acqua che amo/ sarò il suo ciottolo?)…/ [(non quadrato – ma/ rombo – che meglio interroga)/ (andantino con sentimento/mancata rima)]. (pag.49). Oppure si legga a pag. 51 “[(aumenta qualcosa insistendo anche sul niente/ se uno da Via Nirone arriva a Santa Marta/ e non incontra anima viva?)] (pag. 51)

…..Ma libertà appunto anche abbandonarsi alla lirica e al piacere della nostalgia, sia pur sempre con brividi inquieti: “c’era da aspettarselo: / il tempo si mangia i tavoli le sedie/ inutile fermarlo /con le mani/ ma sul suo corpo si calmava/ le unghie brillavano nei sandali/ le gambe si innalzavano” (pag, 112) e ancora “incomprensibile borotalco fine fine/ nuvola di paradiso/camera dei genitori/cassetti dei misteri/ sul chi vive/ bambini/parole padrone/lacrime strane/ sulla cipria rosa/profumi Paglieri” pag. 113)

…..Come è stato notato, non c’è una vena neo-sperimentale nella sua poesia che resta sempre ancorata al lessico umano, della vita. E’ la costruzione, la struttura architettonica fluida dei suoi testi a dare il senso di spiazzamento della lingua. Leggendo le sue poesie non si tratta per forza sempre di capire, ma di seguire l’intuizione: come per la musica, per tanta musica (penso a Debussy ei tanti autore che rompono la logica costruttiva beethoveniana) si tratta di abbandonarsi al suono, alla descrizione di una forma emotivo-razionale di pensiero, che insegue il suo “sentire” e così ci si abbandona ad un vagabondaggio poetico-linguistico che solo in apparenza porta in luoghi casualmente incontrati.
La poesia di Lumelli, ha benissimo scritto Ballerini nel saggio citato è “allo stesso tempo, occaso (tramonto) e occasione (sorgere)”. E Lumelli, che detesta “l’anestesia della mente (pag. 55), tutto ciò lo sente e lo vive con estrema ironia e disincanto critico: “è la fine che scatena la retorica e il bell’epilogo delle periferie lo stile patetico oh urbs pulcherrima che innalza (pardon!) quella peroratio di facciate come in fondo a Loreteggio balconi che guardano marcite per fortuna voi centri mai trovati!”. (pag. 45).

…..Per mio conto questo è un gran libro, un testo “sacro” in cui ritrovare non solo la storia poetica del suo autore, ma anche la sintesi di un certo modo di fare poesia: un modo che sa attraversare stili e pensieri, che sa stare dentro la realtà senza mai esserne aderente, che sa spingere la lingua a misurarsi con se stessa e che sa essere lieve quando necessario. Certo non di facile impatto, ma è un buon antidoto ai bocconi avvelenati di certa inqualificabile poesia da rotocalco. Ma credo che Angelo Lumelli sia poeta profondamente legato alla vita e meno cerebrale (il pensiero non solo astrazione, ma sguardo consapevole sulle cose, voce delle cose) di quel che a volte è stato dipinto: “(s’allontana l’ultima corriera/ sembrano ballare i rossi fanalini/ il verbo essere saluta con la mano/ da dietro i finestrini)”. (pag. 109).

…..Stefano Vitale

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…..Note sull’Autore
…..Angelo Lumelli
…..“Sono nato il 9 aprile 1943 alla Ramata, luogo reale, nel basso Piemonte, anche se, da allora, i fatti non mi corrispondono, per cui passo direttamente agli scritti.
…..A tale proposito confesso come, una decina di anni fa, abbia avuto una piccolissima allucinazione, allorché mi sembrò di sentire le voci delle mie poesie più lontane, a partire da Cosa bella cosa (1977), venirmi dietro, come chiedendo di essere ripronunciate.
…..Ho ascoltato quel bisbigliare insistente e, dieci anni dopo, diciamo adesso, anno 2020, chiudo la mia impresa, lasciando che le poesie si mostrino soltanto per quello che sono, senza la compagnia della mia voce. I libri coinvolti in questa conversione verso il presente, ora per allora, sono: Cosa bella cosa (1977), Trattatello incostante (1980), Bambina Teoria (1990), Seelenboulevard (1999), Vocalises (2009), Oblivion (2020).
…..All’occorrenza, per mio personale attaccamento, informo d’avere anche scritto: La sposa vestita (2006), Bianco è l’istante (2016), Verso Hölderlin e Trakl (2017).”

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– http://www.angelolumelli.net/lumeSite/

– https://www.internationalwebpost.org/contents/
RILEGGENDO_POESIA_%E2%80%93ANGELO_
LUMELLI_22310.html#.YgTuxOrMLI

– https://www.nazioneindiana.com/2021/09/17/dalla-scatola-di-scarpe-a-via-vigevano-andata-e-ritorno/

– https://www.parolespalancate.it/classici-contemporanei-2/

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