Di Anna Antolisei e Sergio Bonziglia
Fògola Editore in Torino

 

 

LA BANALITÀ DEL MALE
Di Davide Puccini

 Anna Antolisei è arrivata al suo quarto romanzo con Alessandra Chiesa procuratore aggiunto presso il Tribunale di Torino come protagonista. A dire la verità, la serie era stata inizialmente progettata nei limiti di una trilogia, ma ha avuto un seguito a furor di popolo per il successo dei libri precedenti, pubblicati con cadenza biennale dallo stesso editore Fògola: L’altra faccia della luna (2004), A mani nude (2006), Madre indomita (2008). Questa volta la Antolisei, pur riservandosi la stesura dell’intero testo, si è avvalsa della collaborazione dell’anatomopatologo Sergio Bonziglia, il quale con la sua esperienza professionale ha fornito la trama e i relativi particolari tecnici. Inoltre una novità rispetto agli altri romanzi balza all’occhio ad apertura di pagina, dato che siamo passati dalla prima a una meno coinvolgente terza persona: meno coinvolgente per il lettore, sia chiaro, ma in qualche modo è come se anche l’autore avesse voluto prendere le distanze dal personaggio. Veniamo dunque alla vicenda. Al Circolo del golf, nel bel mezzo di una partita, viene ritrovato il cadavere orrendamente mutilato e in avanzato stato di decomposizione di una donna, privo della testa e degli arti, e qualche giorno dopo, nei pressi di Venaria Reale, il tronco di un uomo in condizioni simili. Nelle indagini il giudice Chiesa è coadiuvata come al solito dal suo braccio destro, il maresciallo dei carabinieri Sante Rosi in qualità di ufficiale di polizia giudiziaria, da poco diventato padre di un marmocchio che la notte gli impedisce di dormire, ma non dal capo della omicidi Francesco Schwiller, in ferie con la famiglia nel natio Alto Adige per sfuggire all’afa dell’estate torinese. In compenso riceve l’ausilio del dottor Alvaro Basso, apprezzato medico legale, che da appassionato di golf si è trovato presente casualmente al ritrovamento del primo cadavere e dapprima si mostra insofferente di essere coinvolto e dunque costretto a perdere un po’ del suo tempo prezioso, ma ben presto prende gusto a partecipare alle indagini, anche perché non è affatto insensibile alle grazie del giudice. Interesse malriposto, dal momento che, come il lettore affezionato già sa e come lui stesso scoprirà a sue spese, Alessandra Chiesa è omosessuale.
L‘attività investigativa di Francesco Schwiller, buttata fuori dalla porta, rientra però dalla finestra, in quanto il giudice ne ha bisogno come favore personale a fini privati; infatti la sua compagna di vita Maria Clementi, conosciuta dal largo pubblico come scrittrice di successo sotto lo pseudonimo di Norman Lewis (l’avevamo incontrata tra i personaggi del primo romanzo della serie, e in un primo momento pareva perfino rientrare tra i sospetti), si trova a Saint Moritz apparentemente in vacanza, e il tarlo della gelosia non tarda a farsi sentire. A consolarla in questi frangenti di dubbi angosciosi resta l’immutabile fedeltà di Floppy (“Il suo piccolo cane d’incerta razza ma di garantita dedizione, lui sì che non l’abbandonava mai”). Dopo qualche ricerca i cui primi risultati sembrano avvalorare le peggiori ipotesi, la gelosia si rivela invece del tutto immotivata e questo piccolo giallo nel giallo si risolve felicemente: il rapporto tra le due donne ne uscirà rafforzato e Maria, tornata a Torino, rivestirà addirittura un piccolo ruolo nell’inchiesta.
Quanto abbiamo accennato della trama può far ritenere che il libro rientri a pieno titolo in quel genere o sottogenere la cui rappresentante più nota è Patricia Cornwell con il personaggio di Kay Scarpetta, appunto anatomopatologa; ma qui siamo lontanissimi da quell’atmosfera greve generata da una lotta all’ultimo respiro con il genio del male di turno, che grandeggia protetto dall’armatura di una specie di invincibilità, imprendibile e onnipotente: in primo luogo per ragioni di stile, perché a prevalere è il registro leggero dell’ironia e in ogni caso interviene il tono smorzato dell’understatement. Le indagini conducono senza troppe difficoltà gli inquirenti a identificare i poveri resti: si tratta di una badante proveniente dalla Romania e del suo fidanzato, e questo induce a chiamare in causa la criminalità organizzata di quel paese trapiantata in Italia, in particolare il giro del redditizio sfruttamento della prostituzione, anche se naturalmente le cose non sono mai quelle che appaiono a prima vista. Non diciamo di più per non sciupare l’interesse della lettura, sebbene qui non sia la sorpesa finale o uno scioglimento inatteso a contare maggiormente: sembra piuttosto che la Antolisei sia interessata a mostrarci, come suggerisce anche il titolo, che nessuno è veramente innocente (e non solo perché “chi è senza peccato scagli la prima pietra”), e soprattutto, proprio come se ci tenesse a distinguersi nettamente dal modello americano che abbiamo ricordato, evidenzia in piena luce la banalità del male, quella tremenda banalità di cui leggiamo tutti i giorni sui quotidiani o che vediamo al telegiornale. Non c’è grandezza in questo assassino e nei suoi complici, solo meschinità e mediocrità, e non corriamo certo il rischio di scambiarlo per un eroe, sia pure negativo. È giusto così: di eroi negativi ne abbiamo fin sopra i capelli.
 Anna Antolisei – Sergio Bonziglia, Caccia all’innocente, Fògola, Torino 2010
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