DALLA VOCE DI PRIMO LEVI, IL RACCONTO DELLA SUA PRIGIONIA
In questo video, IL GIORNALACCIO ricorda il grande scrittore che, ebreo italiano e partigiano, il 22 febbraio 1944, con altri 650 persone, venne caricato su un treno merci destinato al campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia.
Vi rimase fino alla liberazione da parte dell’Armata Rossa, avvenuta il 27 gennaio 1945. Fu uno dei soli 20 sopravvissuti su 650 ebrei italiani arrivati con lui al campo. Morirà suicida nel 1987. Ci lasciò opere indimenticabili tra cui “Se questo è un uomo“, “La Tregua“, “Se non ora quando“, “I sommersi e i salvati“.
Da “Sorgente di vita” – RAI Play
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Le possibili ragioni che condussero Primo Levi al suicidio.
In questo filmato, tenta un’analisi Marco Belpoliti
L’11 aprile 1987 Primo Levi si uccise gettandosi dalla tromba delle scale della sua abitazione di Torino.
Riguardo ai motivi che lo spinsero a compiere questo gesto, si possono fare soltanto delle ipotesi; come Levi stesso scrisse a proposito di Jean Amery (anch’egli un deportato morto suicida), “nessuno sa le ragioni di un suicidio, neppure chi si è suicidato”.
Probabilmente egli provava un senso di vergogna per essere sopravvissuto allo sterminio nazista, e la mancanza di risposte alla domanda “Perchè io?” (che farà da colonna portante a “I sommersi e i salvati”, forse il suo libro più importante) lo condusse ad una forte depressione.
Lo scrittore sentiva, inoltre, di aver ricevuto un “dono avvelenato”, ovvero quello di dover raccontare ciò che aveva vissuto, costringendolo a rivivere continuamente la sua sofferenza.
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