Succede che una mamma tenta di disfarsi del bagaglio più importante gettandolo nelle acque dell’Adriatico.
Dentro il trolley ritrovato nel porto di Rimini nei giorni scorsi c’era il cadavere di una ragazza ventisettenne uccisa dall’anoressia; i suoi trentacinque chili, per la madre, pesavano come un macigno e quando Katerina ha smesso di respirare per cause naturali, ammesso che così si possano definire, nell’abitazione bolognese che condividevano, la donna l’ha vegliata per una settimana prima di infilarne il corpo in una valigia e buttarlo in mare, prima di lasciarsi trasportare dal panico e dalla disperazione, prima di sperare che quel mare trascinasse via ogni grammo di tormento: quello di un ragazza incapace di rialzarsi dal vortice in cui i disturbi alimentari l’avevano risucchiata, quello di una madre che quei disturbi alimentari non sapeva come affrontarli.
Ma il dolore torna sempre a galla, prima o poi.

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