MANZINI PEGGIORA LE COSE

 

Nel suo ultimo giallo della saga del Vicequestore Schiavone, “Rien ne va plus” (Sellerio, gen 2019, 310 pp.), Antonio Manzini non risparmia al lettore nessuna ‘cavolata’, di ogni genere, ma quel che è più grave è il fatto che presso Sellerio nessuno le filtri e così l’ignaro acquirente per 14 euro si porta a casa, oltre a un serrato poliziesco, tutto quel che segue:

Alle pagine 39 e 115 l’Autore utilizza il verbo ‘spannò’ per disappannare dei vetri offuscati: ‘spannare’ significa ‘togliere la panna dal latte’.

A pag. 43 un furgone portavalori deve scegliere il percorso dal Casinò di Saint-Vincent ad Aosta: “Cambiavano spesso itinerario per andare ad Aosta”. Figuriamoci: o l’autostrada o la statale, a meno di scendere verso Verrès o Pont Saint Martin, uscire dal casello e tornare verso il capoluogo in statale, o viceversa!

A pag. 80 s’incappa nella creazione più sorprendente: “Lei ha il tatto di un ornitorinco, Schiavone”. Forse intendeva ‘orangotango’, giacché l’ornitorinco è notoriamente dotato di radar nel becco e quindi è molto agile in acqua e non incoccia certo negli ostacoli sommersi!

Alle pp. 80-81 incontriamo dei “corridoi (…) puntellati di piccoli divani in similpelle”. Forse voleva dire ‘costellati’, oppure ‘puntellati da’.

Alle pp. 93-94 il suddetto furgone blindato è stato fatto esplodere, per cui “Quello che restava del furgone era un ammasso di lamine e tubi contorti”. Di solito si dice ‘lamiere’ contorte, mentre le ‘lamine’ sono quelle degli sci.

A pag. 94 Manzini rischia la denuncia descrivendo così un vigile del fuoco: “… la barba lunga di qualche giorno, gli occhi meridionali”. (?!?)

Tra le pagg. 131 e 161 l’Autore non ha riletto il proprio testo, per cui lo stesso foro di proiettile si trova “proprio in mezzo alla fronte” oppure “Sopra l’arcata sopraccigliare destra”.

A pag. 141 si entra nel metafisico: “Cerchiamo di capire qualcosa sugli spostamenti del cadavere nelle ultime ore”. Cioè la vittima designata, quand’era ancora ambulante!

A pag. 159 sembra di essere finiti nella Vigata di Camilleri: “Fumagalli si avvicinò a Rocco. “Niente da fare” gli spiò sottovoce.” (???) Però per Montalbano e conterranei ‘spiare’ è ‘chiedere’!

Alle pp. 205/6, con efficace (?) sinestesia: “Da lì proveniva quel rumore metallico, concavo e cupo”. (?!)

Alle pp. 240/1/2 si insiste con un’enorme bestialità in francese: ambienti la tua storia nel Casinò de la Vallée, la intitoli “Rien ne va plus”, e poi fai dire a un croupier “Fait vos jeux”? Vergogna!

A pag. 278 resta un dubbio: ”Eugenia scoppiò a ridere e Casella pensò che non aveva mai visto niente di più bello di quel sorriso”.

Infine, tra le pp. 293 e 295, Schiavone prima dimostra di sapere qualcosa che sanno solo l’Autore, gli altri personaggi e il lettore: “… porta gli mp3 di Favre che hai trovato”. Ma poi emerge tutta la sua insipienza in materia: “Devo ascoltare dei cosi… come si chiamano emme pi tre”.

M. M.

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